Trump e democratici verso un accordo sul Debt Ceiling… Domani Draghi

Lampi di Colore 778

Il tono negativo osservato ieri sera Wall Street si è parzialmente trasferito  alla seduta asiatica stamattina. Pressochè piatta Tokyo, che aveva abbondantemente scontato nei giorni precendenti, gli altri indici hanno mostrato moderate correzioni. Contrastanti i mercati cinesi, con Shanghai piatta,  mentre HSCEI, ad alto contenuto di banche, ha pagato  un po’ ipotesi di sanzioni da parte degli USA. Apparentemente la debolezza del $ e  la discesa dei tassi US hanno smesso di allettare la  parte  emergente dell’area. Ovviamente, c’è la NordCorea,  con le  ricadute politiche e commerciali per l’area a frenare gli entusiasmi.

Scontata l’apertura in lettera per l’azionario europeo, che ieri aveva chiuso prima che Wall Street esprimesse tutto  il potenziale negativo. Detto questo, la reazione è  stata tutto sommato contenuta ed effimera, con gli indici generali che già  in tarda mattinata approcciavano l’invariato (in realtà Piazza Affari ha svoltato poco dopo l’apertura). Tra i catalyst specifici indicherei la forza delle Auto, gratificate del supporto della Merkel ieri e alcuni upgrade oggi (Fiat e Daimler), e dell’energy, legato alla forza dell’€.
Tra quelli generici, attese positive per il meeting ECB di domani, e la generale tendenza del mercato a comprare i dip, rafforzata dai recenti successi.

Il sentiment si è ulteriormente rafforzato nel pomeriggio, quando si è capito che Wall Street avrebbe a sua volta tentato  un rimbalzo.  La nota curiosa è il riproporsi dell’outperformance del DAX, come ieri senza l’ausilio di un € debole.

Sul fronte macro, diverse news in US:
** Il trade deficit di luglio è  uscito più basso delle attese, grazie a un esportazione di beni leggermente migliore. Modesto impatto positivo sul  GDP del trimestre.
**L’ISM non manufacturing di agosto ha messo a segno un rimbalzo lievemente inferiore alle  attese (55.3 da 53.9 e vs attese per 55.6), ma mostra comunque che il mese scorso è stato una passaggio a vuoto e non l’inizio di un trend. La forza è coerrentemente distribuita nei sottoindici.

Il mercato vi ha badato poco,  preso com’è con la NordCorea,  i rischi connessi con l’uragano Irma,  la  Fed e Washington.
Sul  primo punto siamo in fase di allentamento delle tensioni, perchè si è tornati alla retorica, ma mi sembra di capire che vi è un concreto rischio di un lancio da parte di Pyongyang entro il week end.  Irma resta un incognita,  ma cominciano a circolare stime di danni potenziali quasi il doppio di Harvey.
Quanto alla FED, la notizia di oggi sono le dimissioni del vice presidente Fisher, in anticipo di 9 mesi sulla scadenza del mandato, per “motivi personali”.  Sebbene sia difficile sostenere che 3 trimestri facciano differenza, la partenza di Fisher,  annoverato tra i falchi del Committee, rende ancora più opaco il quadro di politica monetaria FED dei prossimi mesi. Il numero di seggi vacanti sale a 4,  5 se, alla scadenza del mandato della Yellen a febbraio, Trump opterà per la sua sostituzione.

Venendo a Washington, a mercati europei chiusi, apparentemente Trump ha deciso, contro il parere dei leader repubblicani,  di raccogliere l’offerta dei Democratici di accorpare in un singolo provvedimento un rifinanziamento dell’attività governativa per 3 mesi comprendente un pacchetto di aiuti per le zone colpite da Harvey, e una proroga di 3 mesi del debt ceiling.
Questa decisione, se confermata, sposta di 3 mesi la deadline, e quindi riduce il senso di urgenza che attanagliava i mercati al rientro dal periodo estivo. Inoltre, la FED può  procedere con l’annuncio dell’inizio della  riduzione del bilancio, senza il timore di iniziarla nelbel mezzo di uno shutdown/default tecnico.
Naturalmente è una soluzione di breve respiro, che tra l’altro rischia di incrinare ulteriormente i rapporti Casa Bianca – Repubblicani. Ryan aveva definito “disgraziata” la proposta che poi Trump ha deciso di accettare.
Oltre a ciò, la nuova deadline giungerebbe 2 giorni dopo il FOMC del 13 di Dicembre, riproponendo ad aeternum il dilemma FED (alziamo a 2 giorni da un default tecnico?).

La  reazione dei mercati è  fin qui moderata: l’azionario sale un po’, il  dollaro recupera il terreno perso dietro a  Fisher, soprattutto grazie al calo dello Yen, termometro della risk aversion, il treasury scende un po’, la  curva T-bill si normalizza. L’€  reagisce poco,  l’impatto bilanciato dal trapelare di indiscrezioni sul meeting di domani, secondo cui le previsioni di inflazione verranno tagliate marginalmente ma quelle di crescita alzate, verranno illustrati possibili scenari per il QE nel 2018, e (orrore) potrebbe venir toccata la guidance sui tassi. Non proprio una ricetta per contenere l’apprezzamento dell’€, ammettiamolo.
Personalmente, mi attendo che domani l’ECB lasci la stance invariata, e che Draghi si spenda per evitare che il mercato dia per scontato l’annuncio di una riduzione del QE a ottobre. Cautela sullo scenario inflattivo, conferma della guidance e contemplazione di scenari che mantengono il QE invariato nel 2018 potrebbero essere alcuni degli strumenti a disposizione del presidente ECB.

Al  di la  degli impatti a caldo, mi aspetterei che questa pur breve proroga, se confermata, abbia un effetto moderatamente restrittivo sulla liquidità  in $, visto che il  Tesoro US potrà  riprendere a emettere debito, mentre finora dava fondo alle riserve. Ciò  potrebbe fornire un minimo di supporto al biglietto verde, coeteris paribus.
Vedremo.