NB Lampi va in ferie e torna l’8 agosto
Direi che la Yellen non ha seguito il mio consiglio.
In uno Statement molto simile a quello di giugno, l’elemento indiscutibilmente dovish è stato la rimozione dell’avverbio “somewhat” nel riferimento all’inflazione che ora è indicata semplicemente sotto il target del 2%, e non “un po’ ” sotto. A completare l’ implicito downgrade dello scenario inflattivo, l’eliminazione della definizione “recente” in relazione al calo del CPI.
Sul fronte balance sheet reduction, c’è stato l’atteso accenno all’inizio in tempi brevi, ma anche qui la differenza la fa l’avverbio. “Relativamente presto”, al posto di piuttosto (rather) o semplicemente “presto” usati di recente, costituisce un espressione più debole e
lascia alla FED un po’ di margine di manovra, in caso di incidenti di percorso (magari una crisi sul debt ceiling?)
All in all, dovish, appunto, e quindi la reazione dei mercati sorprende poco. Il dollaro, che non ha certo bisogno di scuse per prendere la via del ribasso in questo periodo, ha cancellato i modesti rimbalzi e fatto segnare significativi nuovi minimi, e i bonds hanno recuperato terreno (meno la parte lunga, che prezza, a parità di scenario inflattivo, una FED meno aggressiva). La probabilità di un rialzo dei tassi di 25 bps a dicembre è scivolata sotto il 40%, e occorrono 11 mesi per prezzarlo interamente. Naturalmente il future sugli emergenti si è scrollato di dosso il nervosismo, e ha fatto segnare agevolmente i nuovi massimi dell’anno.
Wall Street non ha fatto caso più di tanto al FOMC, ne alla sconfitta di Trump su Obamacare, presa com’era dai risultati aziendali (tendenzialmente buoni) e comunque supportata dalla debolezza del $, che piace soprattutto al Nasdaq, il più globale degli indici.
Buon sentiment anche in Asia stanotte, con marginali guadagni per tutti i principali indici a esclusione di Mumbay. Discreta tenuta di Tokyo nonostante la salita dello yen. Se non altro, la divisa giapponese, a differenza dell’€, naviga a metà del recente range. Il resto del miracolo lo hanno fatto i titoli tecnologici trainati dal Nasdaq e dai risultati di Nintendo.
L’apertura europea ha dovuto fare i conti con il balzo dell’€, che ha naturalmente depresso soprattutto il Dax. Ma l’ondata di risultati ha distolto l’attenzione e incanalato gli indici su un movimento laterale, con i settori più gratificati dalle trimestrali (Telecoms, Food, Tech) a bilanciare i loosers. Sul fronte macro, record di consumer confidence tedesca a luglio, ma lieve arretramento del credito bancario a giugno, a causa del calo dei loans ai corporate, mentre quello ai privati è rimasto stabile.
Nel primo pomeriggio, buona dose di dati macro in US:
1) I Durable Goods orders di luglio, depurati delle componenti volatili come trasporti e difesa, hanno marginalmente deluso, ma le revisioni al mese di maggio modificano significativamente il quadro, più che bilanciando il “miss” di luglio.
2) L’advance goods trade balance di giugno ha mostrato una contrazione del deficit di 2.5 bln, assai superiore alle attese (vedi mai che il dollaro debole inizi a impattare)
3) Le scorte all’ingrosso di giugno sono uscite il doppio delle attese a +0.6%
4) Lieve rimbalzo dei jobless claims e marginale calo del Kansas Fed di luglio.
In particolare i primi 3 dati, al di la delle eventuali indicazioni positive per il livello di attività economica US, hanno implicazioni dirette per il GDP del secondo trimestre, la cui prima stima esce domani. Non a caso diverse case hanno alzato le stime di 0.2-0.3% (il modello della FED di Atlanta ha visto la sua stima salire da +2.5% a +2.8%).
Su queste basi, i treasuries, che già dalla mattina faticavano a tenere i guadagni post FOMC di ieri hanno accelerato al ribasso e il dollaro ha progressivamente ritrovato supporto, finendo per recuperare, al termine della seduta europea, quasi per intero le perdite di ieri. Da ottovolante la performance dell’€, che dopo aver staccato un 1.1777 al momento della notizia della sconfitta al senato di Trump nella notte europea, chiude la seduta europea in area 1.1660, cancellando in pratica l’impennata di ieri sera. Al ritracciamento può aver in qualche misura contribuito l’incombere dei dati di CPI in Francia e Germania domani, preludio del CPI flash Eurozone in pubblicazione lunedi.
In generale, la reazione odierna di tassi e divisa US ha il sapore di un “second thought” sul FOMC di ieri, anche se non è ben chiaro quale.
Da un lato, una FED eccessivamente cauta corre il rischio di trovarsi in ritardo, da cui la salita dei rendimenti sulla parte lunga della curva US, corredata da un rimbalzo dei breakeven inflation.
Dall’altra, forse il mercato ha finito con il focalizzarsi con la balance sheet reduction, che comunque è stata segnalata come probabile in autunno. Come ribadito più volte, non condivido l’atteggiamento disinteressato del consenso nei confronti di quest’evento. Assets e divise sono stati enormemente interessati dal crescere dei bilanci delle banche centrali e una loro eventuale dismissione, seppur graduale, non li dovrebbe lasciare indifferenti ne in aggregato ne singolarmente.
Circa l’ U-turn sulla divisa, al di la delle speculazioni sul GDP di domani e sull’avvento del balance sheet reduction, come concause si possono forse citare vari argomenti elencati i giorni scorsi, a favore di una correzione fin qui evanescente:
** Il dollaro è ipervenduto sia su frame giornaliero che settimanale
** Il positioning e il consenso sono univoci
** lo scenario inflattivo potrebbe a breve iniziare a risentire dell’accelerazione macro e della svalutazione (e più avanti del rimbalzo delle commodities) sorprendendo un mercato che lo da per morto
** Washington dalla quale sono giunte solo cattive notizie di recente, potrebbe produrre qualche sorpresa positiva su tasse (ieri il WAPO parlava di un taglio espresso) o debt ceiling
A mercati europei chiusi, anche Wall Street sembra avere un ripensamento sul FOMC. La piazza US è girata in negativo trainata al ribasso dal Nasdaq, che fino 2 ore fa era l’indice migliore. Vuoi vedere che oggi termina la serie di Vix sotto 10?
Sul fronte tecnico, riguardo i cambi, il movimento odierno finisce con il rafforzare i segnali di inversione di breve che stamattina sembrava negare in pieno. Sul dollar index (posto che la seduta non è ancora finita), abbiamo un progetto di Piercing Line, che con un piccolo sforzo diventerebbe un engulfing pattern. Entrambe le figure segnalano uno stallo della pressione ribassista.
Discorso analogo su €/$ dove abbiamo un Dark Cloud Cover che sotto 1.665 diventa a sua volta un engulfing pattern.
A favore di questo scenario vi è il fatto che segue di un giorno una shooting star, anche se il rally di ieri la ha negata. Abbiamo 2 candele negative in 3 sedute quindi. E poi, c’è l’assenza totale di follow through al breakout sopra 1.1714, massimo di 2 anni fa. Tra i caveat (a parte il fatto che la seduta non è finita) vi è che il trend di rafforzamento dell’€ è robustissimo, e i longs siedono su forti guadagni. Il massimo che si può ragionevolmente vedere a questo stadio è una correzione di entità ridotta.
Sull’azionario, abbiamo al momento progetti di engulfing pattern belli nitidi sui principali indici US (nel grafico il Nasdaq), che se completati (la seduta è ancora lunga) e confermati, potrebbero aprire a fasi correttive.