Lampi di Colore

Lampi di Colore 55

Che bontempone questo Kuroda.
Fino ad una settimana fa, il Governatore BOJ si era dichiarato contrario all’adozione di tassi negativi sulla remunerazione delle riserve bancarie. Ed ecco che oggi la BOJ ha sorpreso i mercati con l’annuncio di un nuovo schema che prevede remunerazione invariata per il pregresso accumulato sotto il QQE, tassi a zero per i nuovi depositi sotto alcune condizioni (riserva obbligatoria e provisions a fronte di programmi incentivati dal governo), e  -0.1% sul resto.
Le soglie hanno l’obiettivo di ridurre l’impatto negativo sugli istituti bancari, limitandosi a disincentivare l’accumulo di ulteriori riserve.
A parte ciò, è stato rinviato di altri 6 mesi il  rientro dell’inflazione a target.

Si sa, a Kuroda piace sorprendere in positivo i mercati. E direi che, anche questa volta, c’è proprio riuscito. La recente volatilità  e la mediocre performance dell’economia giapponese avevano alimentato modeste attese per un’azione a questo meeting, ma nessuno se la aspettava sui tassi.

Effetto sorpresa a parte, si tratta di una mossa assai rilevante, per una serie di motivi:
1) Rende la stance monetaria della BOJ più accomodante, senza depauperare ulteriormente l’ “arsenale” della Banca Centrale Giapponese. In molti pensavano che la BOJ sarebbe stata restia a aumentare il QQE, ritenendo che su quel fronte ormai disponesse di un margine di manovra ridotto. Condivisibile o meno che sia questo concetto (personalmente ne dubito), ecco che Kuroda mostra al mercato di disporre di più di un arma per incrementare l’easing. Come dimostrato da ECB e SNB, lo spazio al ribasso sui tassi è materiale.
2) Varcando il Rubicone, assesta un colpo finale al tabu’ dei tassi negativi, che diventano di fatto uno strumento efficace per contenere i tassi reali in fasi di inflazione eccessivamente bassa come quello attuale. Non c’è più motivo di ritenere che i tassi non possano diventare assai più negativi più o meno ovunque, alla bisogna. Va da se che quest’espansione della gamma di strumenti di easing restituisce ulteriore credibilità alla categoria delle Banche Centrali, dopo il “we don’t give up” di Draghi della scorsa settimana.
3) Aumenta la pressione sulle altre banche centrali globali. A questo punto sembra lecito attedersi ulteriori mosse dall’ECB, mentre la FED ne ricava un incentivo a rallentare la normalizzazione: se tutti portano i tassi in negativo, la stabilità su livelli positivi costituisce di fatto un rialzo dei tassi.

Ovviamente esistono considerazioni anche meno positive. Il canale principale tramite il quale i tassi negativi lavorano è la svalutazione della divisa, che come noto si traduce in una sottrazione di domanda globale ai competitors, e un esportazione di disinflazione. Come tale, la svalutazione competitiva causa reazioni negli altri stati (vedi il punto 3). In questo caso, il rischio più immediato è che la  pressione ribassista sullo Yuan cinese aumenti, e in generale il mondo emergente, assai fragile, ne soffra.
Personalmente, ritengo che i vantaggi superino gli svantaggi. L’aumento di easing globale derivante da questa mossa, e dalle sue ricadute sulle scelte altrui più che controbilancia gli effetti negativi di una “currency war” che di fatto dura ormai da anni. A condizione che il $/Yen si limiti a tornare nella parte alta del recente range, senza decollare.

La reazione dei mercati è stata, dopo un breve sussulto, quasi euforica (per i tempi). Lo Yen ha lasciato sul terreno quasi 2 figure contro $, i tassi sono scesi più o meno ovunque, e l’azionario giapponese ha strappato, lasciando in eredità a quello globale un sentiment decisamente migliore di quello osservato ieri.

In tema di banche centrali, vale la pena di spendere 2 parole sul FOMC di mercoledi sera, in cui hanno trovato posto il riconoscimento di un lieve rallentamento macro, la notazione che l’inflazione rimane bassa, e un attenzione per l’impatto su queste variabili degli sviluppi internazionali. Ma non l’impegno formalizzato ad osservare una pausa nella normalizzazione dei tassi, il che ha disturbato i mercati, che dopo un mese di convulsioni speravano che almeno quello spettro sparisse.
La Fed è anche riuscita nell’ impresa di spezzare temporaneamente la correlazione perfetta tra equity e oil, che ha continuato a recuperare mentre Wall Street e l’Europa correggevano ieri in giornata.

Venendo alla seduta europea odierna, la generosità di Kuroda ha permesso ai mercati continentali di dimenticare temporaneamente i problemi delle banche italiane ed europee, anche se la volatilità su queste ultime continua ad essere estrema, via via che si succedono le ipotesi circa l’impatto e il funzionamento del nuovo schema, e le possibili aggregazioni.
Al di la dello sconcerto del mercato, che dopo 2 stress test, l’asset quality review e successive raccomandazioni di ricapitalizzazione (e un anno di sorveglianza ECB) si trova a fare i conti con un buco di entità incerta, non è chiaro quale incentivo possano avere molti istituti ad aderire alla bad bank. Oltre a ciò il mercato teme una nuova pioggia di aumenti di capitale.
L’impressione personale è che il processo di smobilizzo sarà lento e progressivo e quindi i contorni della vicenda diverranno chiari tra alcuni mesi. Ciò favorirà un approccio meno emotivo alla questione.

Nel pomeriggio, un ulteriore aiuto al sentiment è giunto dai dati macro US:
** La prima stima del GDP US del quarto trimestre del 2015 ha marginalmente deluso (0.7% vs 0.8% atteso), ma i dettagli offrono un quadro migliore. I consumi hanno rallentato meno delle attese (2.2% da prec 3% vs attese per 1.8%) e parte del calo è da ascrivere al clima mite che ha depresso gli utilizzi di energia. Gli investimenti sono scesi del 2.5%, trascinati dal in basso dal settore energy, ma quelli nell’immobiliare residenziale hanno continuato a crescere in maniera robusta. Il canale estero e le scorte hanno sottratto quasi un punto al dato, e qualcosa dovrebbe venire restituito nel trimestre corrente, in particolare dalle seconde.
** Il Chicago PMI di Gennaio ha messo a segno un balzo di oltre 12 punti, battendo il consenso di oltre 10, e segnando il livello più alto da oltre un anno (55.6 da prec 42.9 e vs attese per 45.3). Si tratta di una serie assai volatile, ma è decisamente di buon auspicio per l’ISM manufactoring della prossima settimana.

Cosi l’azionario ha preso il volo e mentre l’Europa, grazie ad uno sprint finale, chiude la settimana con un marginale guadagno  che sembrava un miraggio appena ieri sera, Wall Street ad un paio d’ore dalla chiusura scambia sui massimi da oltre 2 settimane. Comprensibilmente robusto il $, non solo contro lo Yen, mentre le novità BOJ fanno scendere i rendimenti ovunque, nonostante la forza del risk appetite.

E il petrolio? Nonostante un newsflow avverso nelle ultime ore, sembra intenzionato a mettere a segno la seconda settimana di guadagno a fila. Difficile dire se ciò dipenda da timore che nel  week end l’OPEC faccia ulteriori passi in direzione di un accordo per un taglio della produzione, o sia piuttosto  un sintomo che il quadro tecnico è mutato e la pressione ribassista nel breve si è esaurita. Di certo vi è che il posizionamento sulle commodities recentemente si era fatto estremamente difensivo, come mostra questo grafico, courtesy of JP Morgan.

Lampi di Colore 54
Sul fronte tecnico, a meno di brusche inversioni di tendenza, il “hammer” rialzista evidenziato i giorni scorsi sull’S&P 500 riceve una conferma dalla performance di questa settimana, una situazione presente anche sul grafico dell’Eurostoxx, sebbene con minore forza.