Lampi di Colore

L’ attesissimo PMI ufficiale cinese di ottobre, in pubblicazione ieri, non ha segnalato il miglioramento sperato, rimanendo invariato a 49.8 vs attese di un modesto incremento a 50.  Se non altro, i sottoindici new orders, e output sono rimasti in soglia di espansione, rispettivamente a 50.3 (da 50.2) e 52.2 (da 52.3). Ma employment (47.8) e small businesses (46.6) restano ampiamente in contrazione, e hanno mostrato un marginale deterioramento.
Nemmeno il settore servizi ha portato notizie particolarmente buone, con il PMI dedicato sceso al minimo post crisi di 53.1 (da 53.4).
Un insperato aiuto è arrivato dal PMI elaborato da Markit per lo stesso mese di ottobre, che ha mostrato l’incremento più elevato da giugno 2014 (48.3 da prec 47.2 e vs attese per 47.6). Nel dettaglio, ottimo il rimbalzo degli export orders, a  50.7 da 44.6. Buoni i recuperi anche di new orders e output.  Avendo un campione maggiormente popolato di aziende private di medie dimensioni, è normale che questa survey resti in territorio di contrazione. Il recupero mostra un allargamento al settore privato della stabilizzazione.
In generale i dati ribadiscono che i timori di hard landing estivi erano infondati, e che l’easing monetario e fiscale erogato ha ottenuto il risultato di stabilizzare il ciclo, ma i segnali di rimbalzo congiunturale restano confinati in alcune serie (immobiliare e investimenti pubblici) per ora.
Più che i dati  macro locali, a pesare sull’azionario cinese è stata la possibilità di un altro default, e il potenziale rinvio della nuova politica demografica decisa al Plenum.
Non è  andata meglio a Tokyo, che ha lasciato sul terreno, con gli interessi, i guadagni di venerdi, in quella che gli operatori hanno giudicato una reazione ritardata al nulla di fatto BOJ (in effetti la conference di Kuroda è avvenuta a mercati locali chiusi).
Tra l’altro, nel week end le esportazioni coreane (-15.8% anno su anno vs -14.5% atteso) hanno fatto male soprattuto verso il Giappone, ricordando in generale le difficoltà in cui si dibatte l’intera area asiatica, in attesa che la Cina acceleri.

Con queste premesse, la rapidità con cui le borse europee hanno ribaltato un’apertura pesante (in linea anche con la chiusura di Wall Street venerdi) è una piacevole sorpresa.
In molti hanno dato il merito del turnaround ai PMI manifatturieri europei finali di Ottobre, ma è un fatto che alla loro uscita il movimento era già  in corso.
Per la cronaca, le survey hanno nuovamente sottolineato la sostanziale tenuta del ciclo europeo, con il dato Eurozone rivisto al rialzo di 0.3 a 52.3 principalmente grazie alla revisione del dato tedesco (a 52.1 da 51.6) e alla salita di quello italiano (54.1 da 52.7 di settembre).
Nulla di eccezionale, ma si sa che il manifatturiero al momento globale non è in forma, e quello europeo sta outperformando il resto del globo (grazie sopratutto all’€ debole, ma non solo). Markit sottolinea il balzo degli export orders, a indicare una ripresa della domanda globale.

Sul fronte ECB, un ampia intervista di Draghi al Sole 24 ore, stata riassunta sbrigativamente da Bloomberg con “La questione se abbiamo bisogno di nuovo stimolo è aperta”. In ogni caso, i giornali non sono certo la sede adatta a confermare un aumento del QE.
Peraltro, ci ha pensato Nowotny a ribilanciare sui media le aspettative, con un intervento dai toni simili, però riassunto dai più con “L’ECB deve agire”.
Così l’€ ha continuato a incrociare nel range fissato venerdi.
Deboli da  subito i bonds europei, dove i buoni dati hanno sicuramente avuto impatto. Le  attese di inflazione continuano a salire lentamente, finendo con il pesare sui rendimenti nominali. Ma anche quelli reali sono saliti nelle ultime sedute.

Nel pomeriggio, i dati US hanno offerto poche emozioni. Rivisto marginalmente al rialzo il PMI Markit, l’assai più seguito ISM manufactoring di ottobre ha battuto di misura (50.1) un consenso che lo vedeva a 50 spaccato. In progresso i new orders (52.9 vs 50.1) e la produzione (52.9 da 51.8) mentre l’employment (47.6 da 50.5) pone un rischio sul labour market report di venerdi. Il fatto che il rapporto tra new orders e scorte sia in salita depone bene per i prossimi mesi. In generale un dato ideale per il  sentiment, non negativo, da far temere una contrazione del manifatturiero US, ma nemmeno tale da incrementare probabilità di rialzo dei tassi.

E così Wall Street si è incamminata in rialzo, e l’Europa ha chiuso con buoni progressi.

Nei prossimi giorni, sul fronte macro spiccano mercoledi i PMI services e composite in Asia, Europa  e US (dove avremo anche l’ADP  survey, antipasto dei payrolls), Giovedi  la BOE e venerdi il labour market report US. Domani parla Draghi e mercoledi, giovedi e venerdi una fila di membri FED tra cui Yellen, Fisher e Dudley.

Sul fronte earnings, il grosso delle trimestrali a Wall Street è andato (352/500) con il 73% che ha battuto le stime di profitti (in media del 5%), ma solo un 44% quelle di fatturato. DB osserva che la crescita anno su anno degli utili è +1.7%, ma escludendo l’Energy si sale a +9.6%. Levando i finanziari però si piomba a -1.7% YoY.
In Europa siamo ancora indietro, con 213 aziende su 600 (Stoxx 600) ma i risultati sono meno buoni, con solo il 44% che batte le stime di utili (che però erano più elevate che in US).