Lampi di Colore

Wall Street fatica a trovare ispirazione nelle  ultime sedute. Sopra 2.000 punti di S&P non è più percepita come “cheap” (si trova a un 5% dai massimi storici. L’earning season procede senza infamia e senza lode, con una buona percentuale di “beats” sugli earnings (75%) ma la consueta fatica sulle revenues (meno del 50% di aziende che batte le stime – percentuali di Bloomberg). Questi numeri sono stati sostanzialmente confermati anche dalle trimestrali di ieri, che hanno lasciato in aggregato indifferenti gli indici americani, da qualche giorno inseriti in un range laterale abbastanza ristretto.

Con queste premesse, il clima positivo osservato a lungo in Asia stanotte è stato una piacevole sorpresa, anche se i temi restano quelli consueti: ulteriore easing. Tokyo ad esempio ha avuto ragione della resistenza in area 18.500 punti di Nikkei, che lo conteneva da oltre un mese, apparentemente grazie ad un mediocre trade balance di settembre, con esportazioni deboli, che ha rinvigorito attese di incremento del QE. L’idea è che difficilmente Kuroda potrà insistere tra 10 giorni con la sua visione moderatamente positiva.
Ci ha pensato Shanghai, in finale di seduta, a calmare gli entusiasmi, perdendo 4 punti percentuali in poco più di un ora, per poi contenere marginalmente i danni nel finale. Tra le spiegazioni citate dagli operatori, indiscrezioni di intenzione delle autorità di liquidare quanto acquistato per sostenere il mercato in estate, che avrebbero trasformato una modesta presa di beneficio in un panic selling. In altre parole, non si sanno i motivi del selloff.

L’apertura europea, non poteva non essere impattata da un brusco ritorno della volatilità sui mercati cinesi, ee infatti, senz’altro apparente motivo gli indici si son portati in negativo, sui livelli minimi della seduta di ieri.
Successivamente il mercato si è gradualmente ripreso, anche qui senza catalyst ovvio se non eventualmente l’incombere dell’ECB meeting di domani, recentemente un appuntamento foriero di positività. L’ottimismo odierno è fotografato dai bonds che recuperano il grosso delle perdite di ieri, mentre la divisa resta, come ieri, meno volatile.

Come al solito il compito di Draghi non è dei più semplici. Sebbene non vi siano attese di una mossa domani, è evidente che il mercato si attende una qualche validazione delle crescenti attese di un incremento del QE nei prossimi meeting. Il presidente dovrà trovare il modo di fornirla, ma senza legarsi troppo le mani, visto che la situazione è ancora fluida. Se l’outlook inflattivo è peggiorato, l’economia europea sembra ancora in una forma accettabile, e il trend di moderato miglioramento sul credito ancora intatto. Di per se la situazione non sembra ancora richiedere un intervento, ma si sà il quadro è ancora assai fragile. Vedremo. In passato Draghi ma messo in mostra capacità dialettiche egrege.

Nel primo pomeriggio, il buon sentiment recuperato dall’azionario europeo ha subito il test di una Wall Street che sembra ancora alla deriva, incapace di prendere una direzione per più di un ora. Oltre a ciò, gli emergenti (azionario e divise) continuano ad essere oggetto di blande prese di beneficio, dopo il violento rimbalzo delle scorse settimane, mentre scorte di greggio che continuano a sorprendere al rialzo hanno continuato a premere sui prezzi, sospingendo il petrolio a ridosso della resistenza a 45$, spartiacque tra la fine della correzione e la ripresa del trend ribassista.
Ciò è costato qualche frazione di punto all’azionario europeo, in grado comunque di chiudere in positivo, adf eccezione di Milano, appesantita, tra le altre cose, dal “sell the fact” di Fiat (-5.2%), nella giornata di quotazione di Ferrari (+7% al momento).

La nota positiva della price action odierna sembra essere che l’azionario cinese ha perso un po’ il suo grip sul sentiment globale (sebbene sarebbe meglio attendere la controprova domani, dovesse la discesa proseguire). Poichè i dati escludono al momento un hard landing, sembra sensato che la correlazione tra i mercati locali e il resto del mondo torni quella di 6 mesi fa.
Un discorso simile si può fare per  l’oil, che ha perso oltre il 10% dai massimi di 8 giorni fa’, senza che questo abbia impattato più di tanto sul sentiment. Ma anche qui la prudenza è d’obbligo.