Si accentua la risk aversion a Wall Street, nuovi record di inversione delle curve dei tassi.

NB: Lampi fa il ponte e torna Lunedì 12 Dicembre

Chiusura pesante, ieri sera (Lunedì), per Wall Street, con l’S&P 500 in calo dell’1.79% e il Nasdaq 100 in calo del’1.73%. Il tema è sembrato essere chiaramente la resilience dell’economia USA, illustrata dall’ISM Services, che il mercato vede chiaramente come foriera di un prolungato tightening da parte della FED, che finirà per causare un danno maggiore al ciclo. Non a caso la curva dei tassi USA sta raggiungendo nuovi record di inversione, avendo superato ieri gli 80 bps in chiusura sul segmento 2 – 10 anni. Difficile dissentire, visto che la FED ha dichiarato di voler far salire disoccupazione e calare la domanda in modo da mettere in sicurezza il mandato della stabilità dei prezzi : più ci mette, peggiori saranno gli effetti. Considerando poi che il FOMC continua a basare la sua politica monetaria su indicatori “lagging” del ciclo come l’inflazione e il mercato del lavoro, che già la hanno tratta in errore all’andata, non c’è da essere troppo ottimisti in effetti. Ed io non lo sono.

La seduta asiatica ha mostrato un andamento contrastato, anche se ha assorbito nel complesso bene la negatività proveniente dagli USA. Se prevalgono le discese con Hong Kong, HSCEI, Taiwan, Seul, Mumbai, Sydney Jakarta e Ho Chi Mihn (le ultime 4 hanno ceduto considerevolmente) Tokyo, Shenzen hanno mostrato moderati progressi.
In generale il China Complex ha consolidato marginalmente. Le news continuano ad avere un tono positivo, con il casi covid a livello nazionale ancora in calo ( ma a Pechino hanno ripreso a salire) e tambureggianti notizie di attenuazione delle misure anti covid ( link  China set to ease COVID curbs further as markets cheer change of tack). Ma  a parte che il mercato ha corso molto, forse gli investitori iniziano a chiedersi:
** in che misura questo dipende dal calo dei test di massa
** se gli assembramenti di protesta, e l’attenuazione delle misure, non faranno ripartire i casi con forza, e, nel caso,Lquanto saliranno le ospedalizzazioni
** in che misura una ripresa dei casi può indurre le autorità a ripristinare test e segregazioni.
la Reserve bank of Australia ha alzato i tassi di 25 bps in linea con le attese. La guidance recante l’indicazione che i tassi saliranno ancora è rimasta invariata. nessuno shock questa volta.
La seduta europea è iniziata con un tono consolidativo. I factory orders tedeschi in ottobre hanno fatto meglio delle stime (+0.8% vs attwse per +0.4%) e anche settembre è stato rivisto al rialzo da -4% a -2.9%). Il PMI construction tedesco di novembre è però sceso da 43.8 a 41.5 a indicare una forte contrazione, in linea con le difficoltà del settore immobiliare locale.
La mattinata è scivolata via senza particolari scossoni, con l’azionario in moderato consolidamento, e i cambi pure. I bonds Eurozone hanno avuto un inizio seduta analogo, ma successivamente è emersa progressivamente domanda e i rendimenti hanno preso a calare. Sul fronte commodity l’oil ha tentato un rimbalzo nella prima parte della mattinata, e poi ha ripreso a calare.
L’agenda macro era decisamente scarica anche nel pomeriggio. Era previsto solo il trade balance USA di ottobre, che è uscito leggermente meglio delle attese, ma poca roba (78.2 bln di deficit, vs attese per 80 bln, e con il dato di settembre rivisto da 73.3 bln di deficit a 74.1).
Peraltro, all’apertira USA il sentiment ha preso a incupirsi progressivamente. Difficile indicare un catalyst preciso per questo nuovo deterioramento, al di la dei fatti noti, ovvero l’incombere dei meeting di Fed ed ECB la prossima settimana (rispettivamente mercoledì e giovedì prossimi) in un contesto di dati che offrono appigli per alzare i tassi. Vero, c’è stato ieri l’ennesimo pezzo di Timiraos, nel quale la gola profonda della Fed (o almeno così è visto dopo l’imbarazzante episodio della velina sui 75 bps di rialzo) ha rilevato che la retorica FED segnala un rallentamento dei rialzi a 50 bps, ma “potrebbe” portarli su livelli più elevati di quanto si attendono gli investitori ( link  Fed to Weigh Higher Interest Rates Next Year While Slowing Rises This Month).
Ma appunto è una notizia di ieri.
Va detto che oggi, al coro delle cassandre che sicuramente mi annovera, si sono nuovamente aggiunti elementi di spicco, tra cui il CEO di JP Morgan Dimon, quello di Goldman Sachs Solomon, e quello di Wells Fargo Scharf. Nulla di particolarmente nuovo, ma il pulpito è importante, e un sentiment già scosso certo non se ne sarà giovato.
** GOLDMAN SACHS CEO SAYS HE’S CAUTIOUS ON ECONOMY AND CLIENTS ARE EVEN MORE SO
** GOLDMAN SACHS CEO DAVID SOLOMON SAYS CLIENTS ARE TAKING RISK DOWN
** JPM CEO JAMIE DIMON SAYS INFLATION WILL ERODE CONSUMER SPENDING POWER – CNBC
** DIMON SAYS MILD TO MORE PRONOUNCED RECESSION LIKELY AHEAD – CNBC
** JPMORGAN’S DIMON SAYS ‘MILD TO HARD’ RECESSION COULD HIT NEXT YEAR
** DIMON SAYS “AMERICAN BANKING SYSTEM IS UNBELIEVABLY SOUND” – CNBC
** DIMON SAYS CONSUMERS ARE SPENDING DOWN THEIR EXCESS SAVINGS FROM PANDEMIC STIMULUS PROGRAMS, AND THAT WILL RUN OUT IN 2023 – CNBC
** WELLS FARGO CEO SAYS CONSUMER ACCOUNT BALANCES AND SPENDING LEVELS ARE COMING DOWN- CONFERENCE
**MORGAN STANLEY CUT ABOUT 2% OF STAFF TUESDAY – CNBC

E comunque la risk aversion non si è fermata all’azionario. I rendimenti hanno accentuato la tendenza a scendere, il che è un po’ una novità, visto che nelle precedenti fasi di risk aversion, proprio perchè erano causate da timori legati a inflazione/politica monetaria, i bonds scendevano insieme all’azionario. Ora, sul timore per l’inflazione sembra prevalere quello per la crescita e quindi più che rialzi dei rendimenti si osservano ovunque inversioni delle curve. Non a caso, le aspettative di inflazione calano aggressivamente, con i breakeven in calo di manciate di bps in US ed Eurozona.
Crise di Bloomberg ha osservato che dall’unificazione tedesca dei primi anni ’90, l’unico periodo in cui tutte e 4 le curve USA, Germania, UK e Canada sono state invertite, prima di oggi, è stato in un paio di settimane nel marzo del 2000 (paragone scomodo).

Il sentiment si è riflesso sui cambi, con il Dollaro in progresso, sia pure non irresistibile. Sul fronte commodities, il petrolio ha accentuato il crollo nel pomeriggio. Sembrerà incredibile ma la discesa odierna porta il WTI in negativo da inizio anno. Alcuni hanno osservato che il cap sul prezzo del petrolio russo messo a questi livelli non fa che legittimarne l’utilizzo. Certo, forse le recenti vicende ne hanno accentuato la debolezza. Ma non è certo un buon segnale sul fronte crescita un greggio così debole, in una fase geopoliticamente così complessa. Per non parlare del crash del gas naturale -20% e passa sulla settimana. Ironicamente, l’unico combustibile fossile a salire è il gas europeo (e UK).
Dal canto suo la Russia ha annunciato un floor sulla vendita dell’oil, e richiesto un meeting ONU apparentemente per discutere di forniture d’armi all’Ucraina.
** RUSSIA REQUESTS UN SECURITY COUNCIL MEETING DEC. 9: TASS – BBG
RUSSIA WANTS MEETING ON WESTERN WEAPON SUPPLIES TO UKRAINE:TASS
**U.S. WTI CRUDE OIL DROPS TO LOWEST SINCE DEC 27, 2021
**RUSSIA MULLING PRICE FLOOR FOR OIL SALES IN RESPONSE TO G-7 CAP

La chiusura europea vede gli indici accusare perdite moderate, in raffronto a quelle USA. Tra ieri e oggi l’Eurostoxx 50 perde meno dell’S&P 500 ieri. Detto questo il grafico degli indici europei comincia a farsi a sua volta “toppish”, e una continuazione della risk aversion in US (dove al momento l’S&P 500 ha accentuato le perdite e cede, in aggregato con ieri, oltre 3.5 punti) potrebbe produrre una fase correttiva.

I rendimenti oggi hanno mostrato discreti cali. Se la forza relativa dell’azionario continentale rispetto a quello USA mi sorprende, la tenuta relativa dei bonds mi lascia davvero allibito. In Europa l’inflazione è più alta di 3/4 punti rispetto agli USA, con un trend ancora più robusto e “giovane” e l’ECB si appresta la prossima settimana a parlare di riduzione di bilancio. In più, attendiamo i risultati del nuovo schema di rimborso della TLTRO che potrebbe andare a ridurre ulteriormente la liquidità nel sistema (chiusura oggi, l’annuncio venerdì). Vedremo in che misura questo impatterà nei prossimi giorni.
Intanto, stasera dovremmo sapere il risultato dell’elezione del seggio della georgia nel Senato USA. Sebbene i Democratici abbiano già la maggioranza, vincere il seggio (cosa che i sondaggi danno come probabile) emanciperebbe l’amministrazione dai ricatti del Senatore Mankin, che finora ha causato parecchi grattacapi. Il risultato potrebbe essere un maggior margine di manovra sul fronte fiscale.