Lampi di Colore – 18 Settembre 2015

“Cosa sapranno loro, che non sappiamo noi?”

Questo sembrano chiedersi gli investitori a giudicare dalla price action odierna, insolita dopo un FOMC tutto sommato accomodante come si è rivelato quello di ieri.

Trarre conclusioni dai movimenti di una singola giornata, specie se questa segue un evento controverso come il FOMC di ieri, ed è pure un “triple witching” (giornata del trimestre in cui scadono i futures e le opzioni su indici e titoli), è sempre azzardato.
Nondimeno, provo a fare qualche considerazione.

Prima, sommariamente, i fatti.
La seduta asiatica ha avuto tutto sommato un buon tono, se si eccettua Tokyo. La cosa non può sorprendere, trattandosi sostanzialmente di un area emergente, principale beneficiaria del rinvio del rialzo dei tassi US, come ha sottolineato implicitamente la stessa Yellen. Ovviamente il Nikkei non ha gradito il balzo di oltre 1% dello Yen.

L’apertura europea ha visto i rendimenti dei bonds collassare ( a fine giornata saranno cali a 2 cifre per le parti lunghe di indistintamente tutte le curve dell’Eurozone), mentre l’azionario ha intrapreso una stabile discesa che lo ha portato a accumulare un passivo di quasi 4 punti percentuali, prima che un modesto recupero finale fissasse la perdita intorno al -3%. Wall Street ha agito in maniera assai più composta, il che non le impedisce, al momento, di perdere oltre un punto percentuale, mostrando una price action assai nervosa.

Come mai quest’accoglienza fredda a un FOMC tutto sommato benigno?

La spiegazione più semplice è che gli investitori sospettino che la recente prudenza delle banche centrali (anche Draghi aveva citato la crisi emergenti come rischio per l’economia europea) sia dovuta alla percezione che in Cina stia avvenendo qualcosa di più sinistro di quanto appare a prima vista. Come noto, l’economia cinese è assai meno trasparente di quelle occidentali. E ovviamente alle banche centrali si attribuiscono canali di informazione migliori di quello disponibili al pubblico. Non a caso molti media danno questa lettura (il Corriere parla di “preoccupazione”, MF addirittura di “paura”).
In generale, è molto diffusa l’opinione che la FED si fosse pressochè impegnata ad  alzare i tassi a settembre, e che i motivi che hanno trattenuto Yellen e C dal farlo siano rilevanti.

Perchè l’accanimento sull’azionario europeo?

Le spiegazioni che mi do sono 2:

  1. ovviamente la minore attitudine FED ad alzare i tassi (alcune case che si aspettavano un rialzo ieri sera, a fronte delle news lo hanno rinviato al 2016) implica un dollaro più debole, e quindi leva un po’ di forza alla politica monetaria ECB, di cui la svalutazione è un cardine.
  2. i recenti sviluppi hanno minato la fiducia nelle politiche monetarie straordinarie (leggi QE) e in generale nella capacità delle Banche Centrali di raggiungere i propri obiettivi. Gli Abenomics sembrano in difficoltà e la BOJ continua a rinviare il target inflattivo. La PBOC recentemente ha avuto problemi di comunicazione, cosi come la FED. Ne consegue che si va a penalizzare i mercati le cui prospettive poggiano maggiormente sulla riuscita delle politiche monetarie. Ovvio che l’Europa, col QE ECB, sia una candidata, mentre gli USA sembrano essersi emancipati dal QE, tanto che la normalizzazione dei tassi non è partita per motivi esterni.

Alla fine, la price action odierna dice questo: rendimenti in calo, a scontare tassi bassi più a lungo e ulteriore stimolo monentario. Ma non serve: equity debole e inflation swap in calo (per quanto sarebbe difficile federe i derivati sull’inflazione e i breakeven salire in un giorno in cui i tassi nominali scendono di oltre 10 bps).

Insomma, in soldoni, preoccupazione per l’entità dei problemi in Asia-Emergenti, e sfiducia nell’ efficacia delle politiche monetarie sarebbero i motivi per la negatività odierna.

Personalmente, pur ammettendo che la price action, se confermata nelle prossime ore e giorni, da dei segnali che vanno analizzati attentamente, ritengo che ci troviamo di fronte ad un’esagerazione e una lettura eccessivamente pessimistica dei fatti.

  1. non ho francamente capito dove il 50 % degli analisti che si aspettavano un rialzo abbia preso tutta quest’urgenza. Dei 2 pilastri su cui si regge il mandato FED, il mercato del lavoro era quello più vicino al target, con la disoccupazione al 5.1% e in generale dati solidi. Ma per un mercato cosi “volatile” nelle sue serie, con la disoccupazione che può balzare facilmente in su o in giù di 0.2% per qualche centinaio di migliaia di individui che entrano o escono dalla forza lavoro, ha senso spaccare il centesimo su un numero?
    Oltretutto le pressioni salariali sono ancora tenui a dir poco. Sullo scenario inflattivo poi siamo parecchio lontani dal target, complice il crollo delle commodities, e la forza del Dollaro, che, in un certo senso è un inasprimento delle condizioni monetarie, come mostra la scarsa vena del manifatturiero US. In questo contesto, che differenza può fare un trimestre? Qual’è l’urgenza di andare ad alzare i tassi, in una fase in cui i mercati, a torto o ragione, si accaniscono contro le divise emergenti? Non deludere una serie di analisti che hanno deciso che esistono le condizioni ?
    In passato (2013) sono stato critico della FED per aver indugiato a iniziare il tapering (e magari aveva ragione Bernanke), ma stavolta non capisco davvero che differenza possa fare settembre piuttosto che dicembre a fronte di un mercato del lavoro che non mostra ancora segnali di surriscaldamento e un inflazione che non sale.
  2. Tutto ciò che leggo negli avvenimenti dell’ultimo periodo è che, a livello globale, avremo politiche monetarie ancora più accomodanti, visto che la FED si sta dimostrando più paziente, e la BOJ e l’ ECB potrebbero, in caso di bisogno, accelerare. Certo, la credibilità delle banche Centrali è un problema. Ma intanto le politiche monetarie straordinarie hanno si un robusto effetto sulla confidence, ma hanno anche degli effetti meccanici, iniezioni di liquidità, sostegno agli asset, creazione di base monetaria. E poi il presunto fallimento di queste politiche nel creare inflazione è dovuto principalmente ad eventi esogeni, ovvero il crollo del petrolio (effetto in larga parte di un eccesso di offerta) che ha imposto un crollo dei prezzi dell’energia. Dove sarebbe ora l’inflazione in Giappone se l’oil fosse ancora a 100$?
    In Europa, mi pare che gli effetti del quantitative easing si stiano vedendo, cosi come si sono visti in US. Parlando di inflazione, la core europea continua a recuperare e in US l’inflazione sui servizi è superiore al target FED.
    Di conseguenza, non vedo come il FOMC di ieri sera possa essere visto come un fattore negativo.
  3. Ovviamente, la Cina e gli emergenti restano l’incognita di questa situazione, ed è li che si deve rivolgere l’attenzione a caccia di indizi di un recupero congiunturale (che personalmente mi aspetto) o di un ulteriore indebolimento, che chiaramente peggiorerebbe senza dubbio il quadro globale.
    Intanto oggi si è appreso che in Cina i prezzi delle case sono saliti in 35 delle prime 70 città, rispetto alle 31 di luglio, e dato massimo da aprile. Pendiamolo come un piccolo segnale incoraggiante.