Lampi di Colore – 15 Settembre 2015

Turn around Tuesday? E’ presto per dirlo, ma qualche segnale più confortante c’è.

La giornata non è iniziata certo nel modo migliore. Wall Street ieri sera ha chiuso negativamente una seduta caratterizzata dai volumi più bassi da 4 settimane.
Stanotte la seduta asiatica è stata caratterizzata da un nuovo storno dell’azionario locale cinese,  a cui ha apparentemente contribuito la richiesta dei regulators ai brokers di terminare il processo di regolarizzazione dei clienti entro fine mese (alcuni brokers avrebbero chiesto ai clienti di accettare i nuovi termini o chiudere il conto). Se non altro i 6 punti cumulativi di perdita di Shanghai nelle ulttime 2 sedute hanno lasciato pressoche indifferente lo HSCEI (-0.15% nello stesso periodo) a dimostrazione di una maggior tenuta delle azioni cinesi quotate a Hong Kong. 
Come previsto, la BOJ non ha modificato la politica monetaria, limitandosi a moderare le attese su produzione ed esportazioni. Li per li Tokyo non ha fatto drammi, ma quando, a mercato ormai chiuso, Kuroda ha ribadito la sua visione ottimista e non ha offerto indizi di interventi a breve, la delusione ha fatto la sua comparsa, e il future sul Nikkei ha bucato nuovamente quota 18.000, mentre lo Yen ha preso a rafforzarsi contro $. Come accennato ieri, a mio modo di vedere l’atteggiamento di Kuroda oggi non pregiudica un intervento nei prossimi meeting, in quanto il Presidente della BOJ ha ribadito più di una volta che per avere il massimo effetto una mossa di politica monetaria deve essere inattesa.

Con queste premesse, l’apertura europea è stata ovviamente nervosa. Tra l’altro, l’e utilities tedesche sono state affossate da una storia dello Spiegel secondo cui gli accantonamenti fatti per pagare le spese dello smantellamento delle centrali nucleari tedesche sarebbe poco più della metà di quanto necessario, il che ha causato inizialmente perdite superiori a 10 punti percentuali per RWE ed E.ON. Aggiungiamo uno ZEW tedesco deludente nelle aspettative (tutto sommato intuibile visto che è una survey di analisti) e gli ingredienti per un nuovo storno degli indici europei c’erano tutti. Così l’azionario continentale ha terminato la mattinata in negativo, appesantito anche dai miners, agitati dai nuovi minimi di Glencore.

All’ora di pranzo il primo segnale che il sentiment stava cambiando. Senza particolari catalyst se non parziali smentite delle argomentazioni dello Spiegel, l’azionario europeo si è riportato grossomodo in pari, mentre lo yen ha invertito la rotta, e i bonds hanno intrapreso quella che si sarebbe rivelata una lunga discesa.
Nel primo pomeriggio c’era parecchia attesa per gli ultimi 2 dati macro US di spessore prima del FOMC di dopodomani sera. Le retail sales, hanno marginalmente deluso le attese, ma le revisioni al dato di luglio rendono il report positivo. Buono il dato “control group” (ovvero la parte che entra nel GDP) che segnala che il contributo dei consumi al GDP del terzo trimestre sarà significativo. Un discorso simile si può fare per la produzione industriale, calata più delle attese ma a fronte di una revisione ancora più grossa del dato di luglio. Brutto, per contro, l’Empire manufactoring (Fed di NY) che continua a indicare un settore manifatturiero in difficoltà.
In generale dati che confermano un buon ritmo di crescita negli USA, pur segnalando l’impatto di $ e crisi emerging sul manifatturiero.

In realtà, nulla che potesse modificare le previsioni sul FOMC di giovedi. Per questo, il rimbalzo del sentiment occorso dopo i dati ha lasciato interdetti parecchi operatori, scatenando ogni genere di illazione su quale sia l’ultima view del mercato su giovedi sera: hawkish hold (ovvero nulla di fatto ma indicazione che ognuno dei prossimi meeting è candidato al primo rialzo) o “one and done” (rialzo con garanzia che ci fermiamo qui per un po’)?

Personalmente, ritengo che questo recupero di sentiment, sulla cui durata ed entità è lecito interrogarsi, dipenda da 2 circostanze. La prima è l’eccesso di pessimismo registrato su più di una variabile, a fronte di un newsflow che non giustificava nel breve una tale negatività. E la seconda è l’avvicinarsi del FOMC, che lascia intravedere  la fine di una lunga fase di incertezza (che i mercati odiano). Tra gli investitori sembra farsi strada l’opinione che, qualunque cosa faccia, la Yellen troverà il modo di tranquillizzare i mercati, come ha fatto nella stra grande maggioranza delle precedenti occasioni.
Vedremo se questo stato di cose proseguirà fino al meeting, e cosa succederà dopo. Per il momento mi limito ad osservare che il movimento odierno è caratterizzato da una certa coralità: hanno invertito la marcia l’azionario (anche emergenti), le commodities, diverse divise emergenti, mentre € e Yen, scorrelati nelle ultime sedute, tornano a indebolirsi in tandem. E i bonds scendono, a completare il quadro di un calo generale della risk adversion. Oltre a ciò, il vix flirta coi minimi da 3 settimane, nonostante l’incombere del FOMC.
L’ultimo tassello che manca è un rialzo delle attese di inflazione, visto che al momento a salire sono i tassi reali, il che dal punto di vista delle condizioni finanziarie non è il massimo.
Ma una cosa per volta. Per il momento sarebbe già buono che Wall Street chiuda sui livelli attuali, e che domani la Cina e l’Asia si aggiungano al gruppo.