Lampi di Colore – 11 Settembre 2015

Chiusura di settimana mesta sui mercati, specie se paragonata a come si era messa a metà gara.

Ieri sera Wall Street ha messo a segno un moderato rimbalzo. Si è parlato del rimbalzo del petrolio come motivo per il recupero del sentiment, ma il settore energy, leader della defaillance di mercoledi, non si è distinto ieri, mentre il supporto è venuto da tecnologici e healthcare. Se non altro non si è notato un impatto particolare del Brasile sul sentiment oltreoceano.

Un altro aspetto positivo è che la volatilità estrema sembra aver abbandonato l’Asia per il momento. Oggi le variazioni dei principali indici sono comprese tra il +0.45% di Taiwan e il -1.05% di Seul, con gli indici cinesi che mostrano variazioni marginali. Sicuramente la manovra di ieri sullo Yuan offshore ha ridotto un po’ i timori di svalutazione a breve. Sul fronte macro in Cina sono stati pubblicati gli aggregati monetari, che mostrano una crescita dell’Aggregate Financing superiore alle attese (1.08 trilioni vs 1 trilione atteso). Capital Economics osserva che il dato di prestiti all’economia locale (depurato dei prestiti alle issituzioni finanziarie, gonfiati dai loans per il supporto ai mercati azionari) fa +13.7% anno su anno, massimo da metà 2014. Nel week end escono le retail sales e la produzione industriale di agosto, e gli investimenti fissi. Considerando i PMI di agosto, sembra presto per attendersi particolari rimbalzi, ma coi dati cinesi non si può mai dire. Supponendo che non siano troppo brutti, il sentiment nell’area potrebbe recuperare ulteriormente, anche perchè si tratta degli ultimi dati “pesanti” per un po’ (il prossimo è il PMI flash settembre in uscita il 23).

Con queste premesse, si poteva sperare in una seduta dai toni costruttivi in Europa. Tutt’altro. Gli indici si sono inabissati poco dopo l’apertura senza motivi apparenti. Snobbata l’ottima produzione industriale italiana di luglio (+1.1% da prec -1% e vs attese per +0.8%) all’incremento più elevato da giugno 2014. Difficile dire cosa abbia pesato sul sentiment, al di la di un € in rafforzamento.
Certo è che dell’effetto Draghi sui mercati resta ormai solo l’impatto sui bonds (rappresentato dai 15 bps circa di calo dei rendimenti dei BTP decennali, e dai 12 del bund). Annullato, con oggi, l’effetto sull’azionario europeo, mentre l’€ scambia oltre una figura sopra i livelli pre Conference. In generale un quadro che la dice lunga sulla crisi di credibilità che attraversano le Banche Centrali. Una crisi che ha le sue radici nell’ondata di disinflazione generata dal calo dell’oil e delle commodities, che rende elusivi i target di inflazione, e recentemente aggravata dai problemi di comunicazione delle autorità cinesi e dalla sensazione che la FED sia presa tra 2 fuochi.
Non a caso, il consenso degli analisti sul prossimo FOMC, cosi come registrato da Bloomberg, è spaccato a metà, con 47 che si aspettano un rialzo di 25 bps, 2 che se ne aspettano uno da 12.5 bps e 44 che si aspettano tassi invariati. I mercati, forse con maggior praticità, attribuiscono una probabilità inferiore ad una mossa (25% circa) il che spiega forse in parte la debolezza del $ che tanto irrita l’azionario europeo.
Personalmente, continuo a propendere per un nulla di fatto, ma ammetto che forse un rialzo di 25 bps condito con una retorica che rimandi il prossimo di un “considerable period” (per usare una trerminologia cara alla FED) sarebbe forse più gradito ai mercati, che forse potrebbero concentrarsi su altro, invece che passare di FOMC in FOMC.

Il pomeriggio non ha portato grosse novità. Un PPI US agosto leggermente meglio delle attese è stato bilanciato da una Michigan confidence in calo, sebbene la survey resti su livelli elevati. Wall Street, sorniona, ha aspettato la chiusura europea prima di mettere a segno un tentativo di recupero il cui esito è ancora incerto. Cosi i mercati continentali hanno cancellato quasi interamente i progressi della prima parte della settimana, messi sotto pressione da una divisa unica che ha varcato definitivamente quota 1.13.
Volendo cercare note positive a tutti i costi, noto che  il rame (un mio pallino di recente, come indice della domanda cinese e in generale del sentiment verso l’area) sembra voler mettere a segno la quarta seduta a fila positiva (+6% la performance settimanale), mentre anche la volatilità realizzata sta scendendo a Wall Street, anche sugli high Yield, recentemente nell’occhio del ciclone (ma c’è da aspettare la chiusura di stasera).