Lampi di Colore – 3 Giugno 2015

Rientro in ufficio decisamente duro per chi, come il sottoscritto, ha staccato per qualche giorno.

Ieri, un dato inflattivo europeo incoraggiante ( +0.3% da prec 0.0% e vs attese per +0.2%, e inflation core + 0.9% da prec +0.6% e vs attese per + 0.7%) ha funto da catalyst per un nuovo crollo del bund, col rendimento del 10 anni tedesco che  che è tornato sui livelli di metà maggio (fracassati oggi). Con la questione greca che infuria, era diffcile attendersi una particolare resilience dai bonds periferici, che hanno messo a segno simili perdite, chiudendo sui rendimenti massimi da novembre scorso (BTP 10 anni). In altre parole la fiammata sui tassi insieme con le tensioni Grecia EU si sono mangiati tutto il rally dalla conferma di un target di bilancio ECB in poi.
Notevole la reazione dell’€, che ha guadagnato 2 punti contro $, mostrando chiaramente la natura del movimento, una nuova fase di liquidazione del trade ECB QE, a cui l’inflazione europea ha offerto solo un catalyst. Alcuni operatori hanno attribuito il rimbalzo della divisa unica al “miglioramento della situazione in Grecia” il che, secondo il mio modesto parere, è risibile.
Assai più composta la terza gamba del trade, ovvero l’equity europeo, che però aveva già dato qualche giorno fà, e comunque forse risente del sentiment globale. In ogni caso la tenuta dell’azionario rispetto alla volatilità sui tassi è stata notata e sottolineata da vari analisti. 

La fiammata sui tassi, che ha ovviamente coinvolto anche il treasury US (li almeno si vedono dati in miglioramento, come l’ISM manifatturiero di lunedi) ha infastidito le borse asiatiche. Tokyo, reduce da 11 rialzi consecutivi, ha mostrato la seconda marginale perdita a fila (-0.35%). Il PMI servizi di maggio migliore delle attese (53.5 da prec 52.9) non ha ispirato una borsa cinese che aveva già recuperato in parte a inizio settimana il crollo di giovedi scorso. La borsa indiana (-1.2%) ha continuato a soffrire dell’esito del meeting della Bank of India di ieri, in cui il governatore Rajan ha tagliato i tassi, ma ha mostrato una stance meno dovish delle attese, alzando leggermente le stime di inflazione e dichiarando che ulteriore easing non è escluso ma dipende da come evolve la stagione dei monsoni (ergo imprevedibile). Negative anche Sydney e Seul.

In Europa, in attesa deell’ECB, erano di scena le revisioni dei PMI servizi e composite di maggio. Per quanto riguarda i dati non disponibili 2 settimane fa, ad un modesto calo del dato spagnolo (che a 58.4 resta comunque elevato) ha fatto eco un moderato assestamento di quello italiano (52.5 da prec 53.1 e vs attese per 52.8). Peraltro, assai buono il dato di disoccupazione italiano di aprile, con un calo di 0.2% a 12.4% da un marzo rivisto in calo di 0.4% (da 13% a 12.6%). Riguardo i paesi di cui il flash era già noto, abbiamo una marginale revisione al rialzo di 0.1 per la Germania, e un assai più sostanziale recupero di 1.2 punti per la Francia.
Il dato europeo viene rivisto al rialzo di 0.5 a 53.8, il che conduce ad una revisione del dato composite di +0.3 a 53.6, in calo di solo 0.3 da marzo. Il livello resta coerente con una crescita di circa 0.4% trimestre su trimestre, e la perdita di momentum, pur presente, risulta marginale. L’occupazione è salita per il settimo mese consecutivo, e il tasso di crescita implicito è ai massimi da 4 anni.

I buoni dati hanno favorito un recupero del sentiment in mattinata, ma il vero motore del risk appetite, soprattutto sui bonds, era l’attesa che Draghi spendesse alcune parole a supporto del mercato obbligazionario.
Il presidente ECB ha offerto uno statement assai simile al precedente, ma soffuso di un tenue sentore dovish. Draghi ha lasciato invariate le previsioni, salvo alzare moderatamente quella sull’inflazione 2015 (da 0.0 a +0.3%), dichiarando di attendersi un allargamento della ripresa. Ha sottolineato anche il miglioramento sul fronte condizioni finanziarie, ma ha ribadito che il QE durerà fino a settembre, oppure fino a quando lo scenario inflattivo lo richiederà. Nulla di particolarmente nuovo.
L’azione è cominciata con il Q&A, con il fuoco di domande concentrato sulla Grecia, l’inflazione e la volatilità sui tassi.
Sulla prima Draghi, reduce da un incontro con la Merkel, Hollande e Juncker dove è stata apaprentemente elaborata una proposta a Tsipras, si è rifiutato di dare particolari, limitandosi a dichiarare che  l’ECB vuole un accordo robusto, che risolva tutti i problemi, dalla crescita, alla sostenibilità fiscale.
Sull’inflazione ha dichiarato che il recupero non lo sorprende  e mostra che il QE è stato una decisione giusta.
Circa la volatilità sui tassi Draghi ha dichiarato che effettivamente vi è stata un po’ di correzione del miglioramento delle condizioni finanziarie, e che le spiegazioni possibili per questi fenomeni sono 3: maggiore crescita, aumento attese inflazione, o quadro tecnico del mercato. Difficile dire in che misura queste abbiano contribuito al movimento, ma l’ECB deve guardare oltre questi sviluppi di breve e mantrenere la mano ferma.

I mercati si attendevano qualche parola a supporto dei tassi, come avvenuto con Coeure settimane fa, e la delusione è stata bruciante, e ha impattato pesantemente su un sentiment già massacrato. Il Bund ha invertito la marcia, per mettere giù la seconda seduta con rialzo di 17 bps a fila (tasso finale 0.89%) e il BTP ha a sua volta cancellato i guadagni, per chiudere sui massimi di rendimento del 2015, a 2.17%. Se non altro lo spread vs Bund si è contratto di una decina di Bps (129), ma dai minimi di marzo il rendimento è quasi raddoppiato.
Nuovamente, più resiliente l’azionario, che ha chiuso in positivo di 0.6%, un impresa in queste condizioni. In ulteriore rafforzamento la divisa unica, che continua a trarre supporto dalla salita dei tassi europei. I dati US si sono rivelati misti, con un ISM servizi peggiore delle attese ma sempre su livelli alti ( 55.7) bilanciato da un trade balance assai più basso delle attese, tornato in area 40 bln. Quest’ultimo dato contribuirà positivamente al GDP del secondo trimestre.

Le 2 domande che circolano con maggiore insistenza tra gli investitori sono:
1) quanto può durare ancora questa fiammata dei tassi europei (e dell’€)
2) La resilience dell’Equity è un segnale positivo, o alla fine la volatilità sui tassi avrà la meglio trascinando l’azionario europeo in un nuovo gorgo.

Difficile rispondere a caldo, nondimeno provo a fare qualche riflessione.
** La price action rivela 2 aspetti: i) la posizione lunga bonds seguita al lancio del QE è ancora rilevante e la capitulation fin  qui insufficiente. ii) Il motivo del selloff non è un impennata delle attese di inflazione. Se cosi fosse gli inflation link europei dovrebbero assorbire almeno in parte il calo mediante un aumento dei breakeven, cosa che non avviene in alcuna misura per ora.
La matrice del movimento resta un eccesso di posizionamento da parte di varie categorie di investitori, allettati dallo squilibrio domanda offerta causato dagli acquisti ECB
** Il calcolo dell’issuance netta (o meglio del deficit della stessa) si è fin qui mostrato fuorviante. Evidentemente i possessori di titoli in scadenza non li stanno rinnovando ma muovono verso altri lidi (oppure in una certa misura avevano anticipato gli acquisti). Una spiegazione un po’ semplicistica, ma, comunque sia, la comunità degli investitori si liberadei bonds ad un ritmo superiore a quello con cui l’ECB li compra. L’inizio di giugno, primo di 2 mesi di deficit, sembra, in questo senso illuminante.
Su queste basi difficile farsi un idea del bottom, sebbene la capitulation delle ultime ore sia significativa, insieme con un discreto cambio di narrativa tra gli analisti.
** Detto questo, si può guardare il fenomeno anche da un altro punto di vista, che in parte spiega la resilience dell’equity. L’ECB  compra al ritmo di 60 bln al mese. Nonostante ciò,  i bonds  scendono, segno che gli investitori ne vendono in quantità maggiori. Si tratta di un segnale che parecchia liquidità sta abbandonando il mercato obbligazionario europeo. In altre parole, il QE sta funzionando benone, in quanto spinge masse monetarie fuori dai bonds verso altri lidi, siano essi credito, azionario, immobiliare, investimenti produttivi, o l’estero. Si tratta di uno dei motori del QE, il “crowding out”, ovvero la spinta di ingenti quantità di liquidità verso investimenti più attraenti e/o produttivi, o verso l’estero, (facendo scendere la divisa). Ovviamente il travaso non è meccanico e immediato (non lo è mai), ma avviene a ondate, prima si recupera la liquidità, e poi la si investe altrove (e il processo di reinvestimento è tanto più lungo quanto è più illiquido l’asset prescelto).
In questa ottica la recente sostanziale tenuta dell’equity e del credito (in spread vs governativo) ha una sua logica. E, sebbene non sia affatto da escludere che fiammate di volatilità sui tassi inneschino simili fenomeni sull’azionario nel breve, a medio termine questo non mina l’efficacia del QE, anche nel supportare l’azionario, anzi la esalta.
Non a caso, come mostra il grafico sottostante, i QE della FED e della BOJ sono pieni di fasi di volatilità sui tassi, causate da rialzo di attese di inflazione o da motivazioni tecniche.