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Di ritorno da una breve vacanza, trovo pochi spunti nuovi, in un contesto di mercati alquanto vacanziero, per il momento. Il quadro macro US continua a dare segnali altalenanti. La scorsa settimana ad un ISM non manufacturing assai deludente ha fatto da contraltare un labour market report di luglio piuttosto buono. In Europa i dati hanno continuato nel complesso a dare segnali di forza. Le earning season volgono al termine e i risultati sono stati eccellenti:
** per l’S&P 500 con oltre l’80% di aziende che ha già riportato, il 79% ha battito le stime di EPS in media del 4.75% e il 68% ha battuto le stime di fatturato. La crescita degli utili è stata del 10% (dati di Bloomberg)
** Sullo Stoxx 600, con il 75% di aziende che ha riportato, il poco più della metà (54%) ha battuto le stime di EPS, ma qui la media è maggiore: 10% di sorpresa media e 19% di tasso di crescita degli utili, che però scende ad un 3% se si escludono energy e financials (dati di Deutsche Bank)
Le borse hanno reagito con moderazione, perché prezzavano già uno scenario bello aggressivo. La volatilità, in particolare in US, si è mantenuta estremamente bassa. Tanto per citare l’ennesimo record, l’S&P 500 ha messo in fila 13 sedute in cui la variazione, positiva o negativa, è stata inferiore a 0.3%. Si tratta del record storico, avvicinato solo 2 volte negli anni 60 con 10 sedute a fila. A rafforzare il quadro di estrema tranquillità, il CFTC report della scorsa settimana ha riportato un record di corto sul future Vix, a indicare che gli investitori si sentono tranquilli a vendere volatilità, anche su questi livelli storicamente bassi.
Sul fronte cambi c’è stato un po’ più di movimento. La discesa agli inferi del $ ha subito un brusco stop venerdi, quando un labour market report buono ma non eccezionale ha prodotto una correzione di quasi un punto percentuale. Che il positioning e l’ipervenduto di breve cominciavano a “mordere” lo si era capito giovedi, quando un ISM services francamente brutto aveva avuto un impatto impercettibile. Il risultato, sul fronte tecnico, è stato la comparsa di una “shooting star” (o “inverted hammer”) sul grafico settimanale, in corrispondenza della media a 200 settimane, vedremo con quali esiti.
Venendo alla giornata odierna, l’esordio è stato tranquillo in Asia, come si conviene in un periodo di vacanza. Il tono però è stato incerto, eventualmente reso tale dalla deludente bilancia commerciale cinese, caratterizzata da esportazioni e importazioni entrambi sotto attese ed in rallentamento. Ironicamente, i soli mercati a chiudere in positivo sono stati Hong Kong e i mercati locali cinesi, mentre il resto dei principali indici ha lasciato qualcosa sul terreno.
Apertura incerta anche per l’Europa, resa eventualmente guardinga dal pessimo trade balance tedesco per giugno (esportazioni -2.8% vs +0.2% atteso, importazioni -4.5% vs +0.2% atteso). Il calo sembra esagerato, e forse verrà in parte recuperato nei prossimi mesi. Ciò detto, il deterioramento dell’export può anche riflettere un effetto € forte.
Sul fronte US, buono il NFIB small business optimism di Luglio, uscito sopra attese (205.2 da prec 103.6 e vs stime per 103.2) e ai massimi da febbraio. Interessante che la percentuale di imprenditori che ha in programma di creare posti di lavoro è salita di 4 punti al 19%, un livello vistoi l’ultima volta nel 1999, mentre il 35% ha dichiarato di non essere riuscito ad assumere nonostante volesse.
Ma il vero market mover della giornata è stato un dato che normalmente non ottiene molta attenzione: le offerte di lavoro di giugno hanno fracassato le stime salendo per la prima volta sopra i 6 milioni (6.163 da prec 5.702 e vs attese per 5.750). In sostanza, nonostante il quadro macro altalentante in US, i dati segnalano che la domanda di lavoro da parte del settore privato resta robusta, e con essa il mercato del lavoro. Con la disoccupazione cosi bassa, un’accelerazione delle pressioni salariali non è da escludere.
Così il dollaro, che stava consolidando il rimbalzo di venerdì, ha ripreso a salire, mentre l’azionario si è un po’ scosso e ha messo a segno modesti progressi. Moderate reazioni anche dai rendimenti, che mostrano a fine giornata rialzi del tenore di 1/2 bps sui principali emittenti. A borse europee chiuse il movimento si sta un po’ attenuando, e la probabilità che l’S&P allunghi la serie di sedute con variazioni ridotte sembra elevata.
Prospetticamente il clou della settimana sul fronte macro lo abbiamo venerdì, con la pubblicazione del dato di CPI US di luglio. Le attese sono per un canonico +0.2% che porti il dato anno su anno a +1.8% da +1.6%, mentre la core resterebbe stabile a 1.7%. Un altra delusione (sarebbe la quinta a fila) metterebbe in difficoltà lo scenario FED, e presumibilmente archivierebbe, almeno temporaneamente, il rimbalzo del biglietto verde. Wall Street ed Emergenti gradirebbero. Viceversa, una sorpresa positiva offrirebbe qualche supporto alla teoria FED della temporaneità della debolezza, e probabilmente produrrebbe qualche repricing sulla curva dei tassi, che al momento sconta appena 30 bps di rialzi in 12 mesi. Considerando che da metà giugno il dollar index ha perso il 5%, il petrolio ha recuperato il 15%, e il mercato del lavoro si è ulteriormente rafforzato, dopo tante delusioni una sorpresa positiva non è da considerare un eventualità cosi improbabile.
Il giorno prima del dato potremo ascoltare, sull’argomento, Dudley.