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Draghi: tutto invariato.. Trump: non va oltre le promesse da campagna

Lampi di Colore 595

La giornata dell’ECB è iniziata con un tono incerto oggi, dopo che ieri Wall Street aveva accolto in maniera tiepida i mari e monti promessi da Trump in materia fiscale, azzerando i guadagni nel finale.
A deludere i mercati, presumibilmente, non sono stati i “principi fiscali” enunciati, che hanno grossomodo confermato le promesse della campagna elettorale. A levare incisività al pacchetto è la mancanza di dettagli, visto che la paginetta pubblicata aggiunge ben poco a quanto già noto dal programma elettorale: la corporate tax scenderà al 15%, gli scaglioni di reddito saranno portati da 7 a 3, le detrazioni saranno raddoppiate E’ prevista un aliquota fiscale agevolata per il reimpatrio dei dividendi, e la cancellazione dell’imposta di successione e dell’Obamacare Tax. Unico neo, l’impossibilità di detrarre le tasse locali dal reddito nazionale. Niente Border Tax.
Il Committee for a Responsible Federal Budget ha calcolato che il piano dovrebbe costare tra i 3 e i 7 trilioni di $ in 10 anni (scenario centrale 5.5 trln), e non è chiaro in che misura questa spesa verrà coperta e quanto dovrebbe essere recuperato grazie a maggior crescita.
Naturalmente la scarsa vena di Wall Street può dipendere dal fatto che a 1 giorno dalla deadline ancora non si ha la certezza se uno shutdown temporaneo verrà evitato, con un continuo alternarsi di notizie. Un minuto si legge che l’accordo è vicino, l’altro i Democratici minacciano lo shutdown se Trump insiste nel votare l’abolizione dell’Obamacare (voto domani?) mentre lui li  attacca via Twitter (“I promise to rebuild our military and secure our border. Democrats want to shut down the government. Politics!”).

In questo clima, l’Asia ha stentato a prendere una direzione, con Tokyo in pausa (dopo aver inanellato 7 sedute di recupero su 8 però) nonostante una BOJ che ha lasciato la politica monetaria invariata, ha alzato le attese di crescita ma ha abbassato ancora le stime di inflazione. I mercati cinesi hanno accusato le dichiarazioni del Presidente Xi Jinping sulla necessità di contenere i rischi finanziari, e il rallentamento dei profitti industriali. Poco mossi gli altri indici.

Aria di consolidamento anche in Eurozone in attesa di Draghi. Lo smaltimento dell’effetto sui servizi della collocazione della Pasqua ha prodotto una stabilizzazione del CPI tedesco flash di aprile, vs attese di un ulteriore calo, e un robusto rimbalzo di quello spagnolo. Ciò depone un po’ meglio per il dato Eurozone Flash di domani, ma a maggio avremo il rientro dell’effetto Pasqua.

Nel primo pomeriggio, Draghi ha offerto ben poche novità. Tutto invariato, compresa la guidance sui tassi, e smentita secca di una modifica della sequenzialità di azioni (prima si termina il QE e “considerevolmente dopo” si alzano i tassi). I rischi sulla crescita restano al ribasso anche se questi “stanno recedendo” mentre l’inflazione deve ancora mostrare un trend rialzista “convincente”. Il Governing Council non ha discusso exit strategy, ne di intervenire, per il momento, incontro alle disfunzioni della parte breve tedesca dovute alla scarsità di collaterale.
Insomma davvero poco a cui aggrapparsi per i falchi, e infatti la divisa unica ha perso terreno, mentre i bonds, senza distinzioni di pedigree (bund, softco e e periferia).
Peraltro, le news non sono state sufficienti a ridare verve all’azionario continentale, in tipico consolidamento post sbornia, e con le parti che più avevano festeggiato le presidenziali francesi (i.e. banche e, geograficamente, listino italiano) in correction mood.

In US in attesa del piatto forte di domani, oggi dati macro misti in US:
** I durable goods orders di marzo hanno deluso, ma il dato depurato da trasporti e difesa torna in linea col consenso, se si aggiunge la revisione al dato di febbraio.
** L’anticipazione del trade balance è uscita in linea con le attese, ma sia esportazioni che importazioni sono calate.
** le scorte all’ingrosso sono scese, il che pesa un po’ sul GDP del trimestre, dove è previsto un grosso impatto di inventory reduction
** In linea le pending home sales di marzo mentre il sussidi settimanali restano su livelli frizionali, a indicare un mercato del lavoro non lontano dal pieno impiego.
** Il Kansas Fed manufacturing index di aprile ha rallentato vistosamente, forse per la volatilità sull’oil

Domani abbiamo (finalmente) la prima stima del GDP US del primo trimestre. Il modello della Fed di Atlanta, sulla scorta del dato odierno sulle scorte ha abbassato la sua stima ad un misero 0.2% annualizzato (praticamente stallo), sottraendovi uno 0.4, ed è probabile che il consenso di 1% indicato da Bloomberg debba essere ugualmente ridimensionato (la previsione di Goldman viene ancora riportata a 1.4%, ma la casa americana ha tagliato il suo numero a 1.1% e cosi avranno fatto altri).
Naturalmente, non bisogna esagerare l’importanza del dato:
** si tratta di una prima stima
** E’ un dato per eccellenza “backward looking”, ovvero ci parla della situazione di mesi fa.
** le scorte sottraggono oltre un punto percentuale annualizzato, e la loro ricostituzione potrebbe gonfiare il GDP del prossimo trimestre.
Detto questo, una crescita troppo inferiore all’1%, oltre a cozzare con altri indicatori di attività economica, mette una parziale ipoteca sul GDP 2017. In altre parole, in assenza di un’adeguata compensazione da parte dei prossimi trimestri, il rischio e di trovarsi a fine anno con un bilancio simile agli anni scorsi, ovvero una crescita tra l’1.55 e il 2%.
E, tra l’altro, nel mese di aprile molte delle survey regionali che avevano segnalato estrema brillantezza nei primi mesi dell’anno stanno ripiegando vedi grafico. Su questo tema, al solito, l’ultima parola spetta agli ISM.
Lampi di Colore 594