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Lampi di Colore

Lampi di Colore 112

Giornata di comprensibile consolidamento dell’azionario globale, a termine di una settimana in cui Wall Street e il MSCI Emerging hanno fatto nuovi massimi per il 2016, e l’Europa e il  Giappone hanno messo a segno recuperi rispettivamente del 4.9% e del 6.5%.

Tra l’altro Domenica avrà luogo il famigerato meeting OPEC di Doha, con eventuali ricadute sul  prezzo  del greggio, che,  coerentemente, dopo un rally del 18% nel run up verso il Summit, oggi vede robuste prese di beneficio. Francamente, vista l’assenza della Libia e la  probabile assenza del Ministro iraniano a Doha, il rischio che venga tutto rimandato al Summit di Giugno è significativo.
Data la rilevanza della questione, il consolidamento odierno sui risk assets sembra il minimo sindacale (anche se ancora non disponiamo della chiusura di Wall Street). Detto questo, per il sentiment globale l’importante è che l’oil non crolli per effetto del Summit.

In Asia stanotte il palcoscenico era interamente per i dati cinesi.
Se il GDP del primo trimestre 2016 si è docilmente confermato in linea con le attese e al centro della forchetta richiesta dalle autorità (6.7% da prec 6.8%), le note positive sono arrivate dai dati macro di marzo:
** Sia la produzione industriale (+6.8% anno su anno da prec +5.9 e vs attese per stabilità) che le  retail sales (+10.5% da prec 10.2% e vs attese per 10.4%) hanno battuto le stime.
** Robusto anche l’aumento degli investimenti fissi (+10.7% da prec +10.2% e vs attese per 10.4%.
I dati odierni seguono (e riflettono) il recupero dei PMI, e confermano lo scenario illustrato dal trade balance e dai prezzi. Insomma, la tanto attesa accelerazione congiunturale sembra essere arrivata, e l’attività economica entra nel secondo trimestre con un momentum superiore alle attese.
Quanto agli aggregati  monetari di marzo , hanno clamorosamente ecceduto le attese. Se i New loans sono quasi raddoppiati (1.37 trilioni da prec 726 bln e vs attese per 1.1 trln) l’aggregate financing ha demolito le stime (2.34 trl da prec 780 bln e vs attese per 1.4 trln) segnando un incremento del 16.1% anno su anno. M1 è cresciuta del 22% vs attese per +18%.
Da un lato, si tratta di una dimostrazione che le autorità hanno ancora l’acceleratore a tavoletta sullo stimolo monetario, il che depone a bene per l’attività economica dei prossimi mesi, visto che al momento stiamo vedendo l’effetto del boom di febbraio (a marzo l’investimento in infrastrutture è balzato a +19% anno su anno).
Dall’altro, è evidente che siamo di fronte ad una nuova accelerazione della creazione di credito, con le eventuali ricadute future sulla sostenibilità del leverage nel sistema, e sui non performing loans. Difficile che le autorità proseguano a questo ritmo per tutto l’anno.
In generale, sembra lecito attendersi un apporto positivo al sentiment da parte dell’economia cinese nel secondo trimestre. Con questo scenario, anche l’azionario cinese sembra attraente. Magari più il MSCI China, che quota a 10 volte gli utili e 1.1 volte il price to book, a fronte di attese non esagerate sui profitti, che non le A shares quotate negli indici locali, che viaggiano su multipli più cari.

In assenza di dati significativi, l’azionario europeo ha consolidato in mattinata, mentre il piano salvabanche ha continuato a dominare il dibattito.
Incredibile il numero di ipotesi che circola relativamente alla leva che può essere ottenuta dal fondo e quindi l’ammontare di NPL che può essere assorbito. Gli scettici sottolineano la scarsa significatività della potenza di fuoco del fondo, una volta sottoscritte interamente le ricapitalizzazioni a fronte dell’ammontare di sofferenze nel sistema (oltre 200 bln, più gli incagli).
Personalmente osservo che l’ammontare di leva ottenibile  dipenderà dalle agenzie di rating, ed è difficile farsene un idea precisa. Il prezzo di acquisto dei NPL dipenderà questa leva, che determinerà la potenza di fuoco del veicolo, e dalla riforma dell’iter di escussione, ancora in alto mare. Fatta questa premessa, di alcune analisi non mi convince la tendenza a confrontare la capienza del fondo con l’intero ammontare di sofferenze e incagli esistente in Italia.
Mi aspetto, ad esempio, che a meno che il prezzo a cui trattano questi NPL non salga davvero parecchio per effetto delle  misure, le banche sane effettueranno vendite marginali, e si terranno in pancia il grosso. Quelle sotto stress venderanno, se il prezzo sale a sufficienza da consentirglielo, ma magari non tutta la loro dotazione, anche perchè, dopo le ricapitalizzazioni, forse la loro capacità di sostenere questi asset in bilancio migliorerà. Ne consegue, a mio modo di vedere, che l’offerta con cui dovrà confrontarsi Atlante sarà, con buona probabilità, inferiore all’intero ammontare esistente.
Con questo non voglio esprimere certezze sull’efficacia del veicolo, ma solo dubbi sull’utilità di tante analisi cosi deterministiche, visto il gran numero di variabili ancora indeterminate di questo schema.
L’ultima parola sull’efficacia di Atlante potrebbe giungere tra un bel po’ di tempo, il che deve mettere in guardia dal sottovalutarne anche gli effetti temporanei.
A tale proposito torna utile ricordare la vicenda del primo default greco, a inizio 2012. Ai possessori di bond greci fu imposto uno swap forzoso, in cui fatto 100 il valore nominale in loro possesso, furono assegnati un 15% in bond EFSF e 25%  in nuovi bond greci a lunga scadenza con cedola bassissima (2%), più un warrant sulla crescita futura. Ora, il fatto che, dopo lo swap, la Grecia fosse ancora insolvente (come abbiamo dolorosamente scoperto l’anno scorso) non ha impedito ai nuovi bonds di salire da 20 a 80, quadruplicando in valore in un paio d’anni, prima che i nodi venissero al pettine.
Ovviamente il contesto è diverso. In primo luogo, la Grecia in quell’occasione ha ottenuto un cospicuo sgravio di debito (rivelatosi poi insufficiente), mentre alle banche italiane per ora non è stata condonata una lira, e l’unico aiuto che hanno avuto sono la liquidità ECB e le misure varate di recente (che devono ancora entrare in vigore). In secondo luogo, paragonare uno stato sovrano a un settore industriale è un azzardo.
Nondimeno la vicenda mostra che anche soluzioni imperfette o insufficienti possono avere rilevanti effetti temporanei, specie quando impattano su un contesto dove regna lo scetticismo.

Nel primo pomeriggio nuova delusione macro in US, con la produzione industriale di marzo debole e sotto attese (-0.6% da prec -0.6% e vs attese per -0.1%). A giudicare dagli ultimi hard data, sembra che la Yellen abbia avuto naso a dimostrarsi cosi prudente recentemente. Ma l’Empire manufacturing, la prima survey regionale di Aprile (Fed di NY) ha continuato a recuperare rapidamente (9.56 da prec 0.62 e vs attese per 2), facendo segnare il massimo da oltre un anno. Si può ipotizzare che la debolezza di marzo rifletta il lag temporale tra le survey, pesanti a inizio anno e rimbalzare il mese scorso, e i cosiddetti “hard data”.

La giornata si chiude con marginali cali in azionario, tassi e modesta ritirata del $ e spread del credito in lieve allargamento. Unico movimento degno di questo nome la presa di beneficio sull’oil.