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Lampi di Colore

Lampi di Colore 68

La fase consolidativa iniziata ieri a metà giornata ha definitivamente preso piede oggi sui mercati globali. Se ieri lo stallo nel sentiment era maggiormente visibile  sui “safe heaven assets”, (core bonds e oro sugli scudi), mentre le borse accusavano poco, oggi si assiste al fenomeno inverso.

La seduta asiatica ha nuovamente visto Tokyo maglia nera, il che non stupisce visto che lo Yen continua ad apprezzarsi grazie al  clima opaco (vedi quanto detto sopra sui safe heaven assets). Il 15 marzo,  data del prossimo meeting BOJ è ancora lontano, e i dati continuano ad essere deludenti (Il Citi surprise index ha perso quasi 50 punti da inizio anno e si trova ai minimi da 12 mesi).
Sorprendentemente indifferente Shanghai alla notizia che la PBOC ha deciso di alzare la riserva obbligatoria ad alcune banche locali, colpevoli di aver erogato troppo credito. L’opinione generale è che si tratti di sanzioni marginali, ma personalmente non mi pare un indizio che il grip delle autorità sul sistema sia in miglioramento. Il recente aplomb dei mercati cinesi può essere in parte dovuto all’incombere del G-20 a Shanghai (27-28 Febbraio). L’idea è che la divisa sia tenuta stabile nei dintorni dell’evento, e che vi nasca una maggior coordinazione tra le politiche monetarie ed economiche dei grandi, che stabilizzi le divise e contribuisca a ridurre lo stress sui mercati.

L’azionario europeo ha mantenuto per la prima parte della mattinata un atteggiamento di calma apparente, che si è successivamente volatilizzato quando gli operatori hanno cominciato a picchiare sull’anello debole, vale a dire le  banche. Il fatto che l’ECB abbia confermato che la richiesta di capitale aggiuntivo non aumenterà per effetto della crescita dei “capital conservation buffers” perchè questi verranno compensati con riduzioni nel “pillar 2” ovvero il capitale  richiesto in base al business model, non ha avuto impatto.
Il newsflow è stato dominato dalle headline sulla trattativa UK-EU con il consueto trascinarsi del meeting che ad ora non ha prodotto ancora risultati definitivi, e potrebbe proseguire nel week end.

In tarda mattinata, il probabile scattare di alcune stops posizionate appena sotto il  supporto a 2870 di Eurostoxx ha significativamente aumentato  il passivo dei mercati europei.

Nel primo pomeriggio il CPI US di gennaio ha sorpreso al rialzo sia nel dato headline (0.0 da prec -0.1% e vs attese per -0.1%) che in quello core (0.3% da prec 0.2% e vs attese per 0.25). Era un bel po che l’inflazione US non batteva le stime. Sempre elevata quella nei servizi, che tocca il 3% ex energy. Sembra che l’effetto disinflazionario delle commodities si stia attenuando.
Il mercato ha faticato a fattorizzare la news. Festeggiare i segnali di vita dei prezzi, oppure temere una FED meno accomodante in marzo, visto che anche ieri i jobless claims hanno segnalato un mercato del lavoro US in salute? Al momento gli investitori non sembrano aver ancora deciso, con Wall Street che oscilla poco sotto la parità.
L’Europa ha chiuso in negativo ma più che dimezzando le perdite dai minimi segnati a metà pomeriggio. I tassi US accusano in particolare sulle scadenze brevi, mentre quelli europei core hanno se non altro restituito il grosso della performance di stamattina. Anche il credito ha visto oggi moderate prese di beneficio.

Le banche europee continuano a soffrire più degli altri settori.
Oggi il Vicepresidente ECB Constancio ha dichiarato a Reuters che eventuali ulteriori azioni dell’ECB dovranno tenere conto degli effetti collaterali per le banche. Ciò sposta il focus dai tassi negativi verso il QE, ed eventualmente misure ad hoc, di cui in questi giorni si sente sempre più discutere, come LTRO a lungo termine dedicate al riacquisto dei bonds bancari.
Constancio ha anche rivendicato gli effetti positivi delle azioni ECB, da quelli sull ‘economia ai profitti realizzati col QE etc.

Aggiungerei una riflessione personale.
Recentemente i tassi negativi, ed in generale i tassi bassi, sono stati additati tra i principali motivi per la debolezza del  settore bancario. L’idea sottostante è che gli istituti non riescano a trasferire i tassi negativi ai clienti, e vedano la loro forbice (il margine di intermediazione) chiudersi. Un periodo protratto di questo stato di cose deprimerebbe stabilmente la profittabilità e metterebbe in discussione il business model.
Non sono un fan dei tassi negativi, che vedo sostanzialmente come un tentativo di importare domanda deprimendo la divisa  e come tale suscettibile di essere bilanciato da interventi analoghi da parte dei competitors, in quella che prende sempre più  i tratti di una “Currency War”.
Detto questo, prima di proiettare ad infinitum gli effetti di questa o un altra politica monetaria, bisognerebbe chiedersi se questa sarà efficace o meno. Supponiamo che, a forza di tassi negativi, QE, misure fiscali (e magari un aiuto finalmente dalle commodities) l’inflazione si muova al rialzo. L’effetto verrà rapidamente percepito sulle curve dei tassi, con un brusco irripidimento, che sarà tanto più forte quanto  le Banche Centrali vorranno, dopo un protratto periodo di disinflazione galoppante, tollerare un po’ di eccedenza sui target.
Per le banche, che raccolgono a vista e prestano a medio termine, l’irripidimento delle curve è un toccasana (basta vedere come il settore bancario US è correlato con la direzione della curva dei tassi). E questo senza contare l’effetto di un economia in ripresa
Ne consegue che massacrare le banche per misure di politica monetaria espansiva ha senso solo se si ritiene che queste saranno totalmente inefficaci nel lungo periodo. Un esagerazione figlia del recente passato, che il CPI US di oggi forse mette un po’ in discussione.

Con l’S&P sopra 1900 il quarto tecnico resta coerente con una ripresa della fase rialzista nei prossimi giorni. Importante la chiusura della settimana non distante da questi livelli, visto che configurerebbe un “follow through” del “hammer” rialzista  di settimana scorsa.