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Lampi di Colore

Lampi di Colore 28

Ironicamente, è stata la conseguenza più prevedibile di un rialzo dei tassi FED, vale a dire il rafforzamento del $, a infliggere i maggiori danni al sentiment, attraverso la ormai nota relazione con le commodities (oil in primis, che ha lasciato sul capo il 6.5% in 2 sedute) e gli emergenti. A parte ciò, con un -1.5% che ha riportato l’S%P sotto  i livelli pre FOMC, Wall Street sembra aver ripensato un po’ all’outcome del meeting, e concluso che una Fed che conta di rialzare ancora i tassi 3 volte nei prossimi 12 mesi non può essere considerata così accomodante.

Poi, ci ha pensato la Bank of Japan a movimentare la seduta asiatica. A sorpresa, il Committee ha messo mano al policy mix, modificando la duration degli acquisti di bonds e aumentando di 300 miliardi di Yen (il  10%) gli acquisti di ETF azionari. All’annuncio, l’azionario locale e lo yen hanno sobbalzato, sperando in un QQE3. Quando si è intuita la modesta portata delle misure, ha prevalso la delusione. L’aggiustamento, insignificante in termini di entità di QE erogato, lascia intendere che per il momento la BOJ non vuole, o non può, fare di più. Cosi il Nikkei ha cancellato i guadagni e in seguito messo giù un bello storno, e lo Yen ha guadagnato circa un 1% vs $. Completamente snobbato l’annuncio che il budget supplementare di stimolo fiscale si collocherà nella parte alta delle attese a 3.5 trilioni di yen.
Meno impattati il  resto degli indici dell’area, con i mercati cinesi sostenuti dal rimbalzo del business indicator MNI di dicembre, e dal miglioramento del trend dei prezzi sull’immobiliare nelle prime 70 citta cinesi.

La rotta di Wall Street ieri sera ha comprensibilmente imposto un apertura negativa all’Europa. Detto ciò, l’impatto stamattina è stato inferiore alle attese, con gli indici in grado di conservare buona parte dei guadagni messi a segno ieri. In assenza di rilevanti dati macro,  la  price action è stata dominata dalle scadenze tecniche del cosiddetto “triple witching” (giorno del trimestre in cui scandono i future e le opzioni ad essi legate).
Peraltro, passata la  scadenza europea, è terminato anche il  supporto al sentiment e gli indici, complice una Wall Street ancora di cattivo umore hanno accelerato al  ribasso nella seconda parte della giornata. Al  mood non ha giovato  il marginale nuovo minimo dell’ oil, ne il PMI Markit services preliminare di novembre (53.7 da prec 56.1 e vs attese per 55.9). E’ vero che in America è assai più seguito l’ISM non manufactoring, più  affidabile. Ma un calo di  oltre 2 punti, con le attese degli operatori ai minimi da 5 anni non sono proprio il benvenuto ideale per il primo rialzo dei tassi da 9 anni e mezzo.
Cosi l’S&P si è inabissato di nuovo e ha indotto l’Europa a chiudere su livelli ai quali, del rally post FOMC, resta ben poco. Se non altro, le  rimane il progresso in relativo vs Wall Street, che sta scambiando un buon punto e mezzo sotto  i livelli pre FOMC mentre scrivo. Miracoli della divergenza tra politiche monetarie (in questo senso, si spera che la tendenza duri).
Anche l’€ conserva gran parte della discesa seguita al  rialzo Fed, mentre i bonds hanno reagito alla risk adversion con cali dei rendimenti più o meno ovunque.

Quando potrebbe arrestarsi questo tardivo attacco d’ansia? Dovesse l’S&P chiudere sotto 2025, il primo supporto serio è a 1995,  ovvero quello che ha svolto  il lavoro  i giorni scorsi. Difficile vederlo superare di slancio, avendo già  lasciato sul campo un 3% in 2 sedute. Ma una rottura confermata aprirebbe a scenari negativi.
In Europa primo supporto in area 3225-3200, seguito dal minimo segnato  il 14 dicembre a 3140.