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Lampi di Colore

Orfana di Tokyo, chiusa per il Culture Day, l’Asia ha comunque approfittato della buona vena di Wall Street ieri sera. In particolare Il Nasdaq, a nuovi massimi di periodo, ha trascinato indici tech-intensive come Taiwan.

Ancora al palo i mercati locali cinesi, in laterale ormai da qualche settimana nonostante gli spunti non siano mancati. A mercati abbondantemente chiusi, i media ufficiali hanno riportato il nuovo target di crescita indicato dal Presidente Xi (“almeno il 6.5%”) per i prossimi 5 anni, un ulteriore discesa rispetto al  7% attuale.  Sono stati anche pubblicati i 10 “principi” elaborati al Plenum, tra cui spicca il target di ottenere  un GDP e il reddito pro capite (in termini reali) nel 2020 doppi rispetto a quelli del 2010, ma a parte questo non vi sono elencati altri obiettivi numerici.
Francamente deludente, alla luce della chiusura US di ieri (S&P 500 agevolmente sopra 2.100) l’apertura europea, con gli indici incapaci di tenere la parità. Tra i motivi per il clima opaco, pressione sul settore auto a causa della notizia che l’ ente americano EPA ha emesso un altra nota di violazione nei confronti di Volkswagen, per motorizzazioni ad alta cubatura che equipaggiano modelli Audi, VW e Porsche. La possibilità che il caso si allarghi nuovamente ha cancellato gli effetti dei buoni risultati di BMW.
Nemmeno le banche hanno avuto tregua, con l’aumento di capitale annunciato da Standard Chartered e i risultati di UBS, forti sull’investment banking ma deboli sul wealth management (su cui la  banca punta di più) che hanno depresso i titoli interessati, e bagnato le polveri all’intero settore.
Nemmeno un € in ritirata (eventualmente in anticipazione di un Draghi aggressivo stasera) ha ridato morale agli indici, che sono definitivamente passati in negativo quando IntesaSanpaolo a metà giornata ha pubblicato numeri sgraditi al mercato  (utili sopra attese ma prodotti da calo accantonamenti, mentre il Net Interest Income è sceso del 3.6% trimestre su trimestre). Maggiormente colpiti il settore bancario e Piazza Affari, ad alto contenuto di banche.

La situazione è migliorata durante il pomeriggio quando:
** La conference call sui risultati di Intesa ha attenuato la delusione, fornendo tra l’altro come spiegazione del calo del NII l’intenzione di aumentare la market share. Il titolo ha recuperato in chiusura i 3/4 della perdita mostrata dopo i numeri, dando respiro al settore
**  Wall Street continua a macinare, supportata oggi da un petrolio tornato al centro del recente range, con sollievo del settore energy (+2.5% in US, addirittura +3.5% in Europa).
** L’€ ha continuato a scendere, in anticipazione dell’audizione di Draghi stasera, ed eventualmente di altre dichiarazioni “hawkish” dallo stuolo di Membri Fed che parleranno nelle prossime 72 ore (Brainard, Harker, Yellen e Dudley domani, Fischer, ancora Dudley e Lockhart Giovedi e Bullard e ancora Brainard Venerdi)

Cosi l’Eurostoxx si è riportato in extremis in positivo per chiudere in marginale guadagno una seduta mediocre per price action e volumi. Di tutt’altro umore il credito, che ha visto particolarmente supportato il settore high yield. Sempre deboli, ma oggi poco mossi, i bonds.

In generale, alla luce della recente svalutazione della divisa unica, la performance relativa della borsa europea nei confronti di quella US lascia un po’ a desiderare.
L’S&P oltretutto è tornato nei pressi dei massimi storici, che distano si e no un punto percentuale, e lo ha fatto tenendo un ritmo notevole, e limitando al minimo sindacale i consolidamenti.
Diversamente, l’Europa, che dista ancora parecchio dai massimi di aprile (oltre un 10% nel caso dell’Eurostoxx), all’indomani della riunione ECB si è inserita in un consolidamento laterale, incapace di violare la resistenza posta in area 3430 dell’indice (nel grafico, il future Eurostox 50 intraday).

L’uscita al rialzo dal range indicato dovrebbe permettere all’indice di raggiungere il target del doppio minimo disegnato tra agosto e settembre (poco sotto 3600). Uno sguardo al grafico, col ripetuto test della parte alta del range (dove l’indice ha chiuso stasera) sembrerebbe indicare che il breakout sia imminente.
Detto ciò, con l’S&P ai massimi storici e in leggero ipercomprato, un dollaro tornato forte e la Fed che sembra sul piede di guerra, una pausa a Wall Street non è da escludere.  Ciò non rende impossibile, ma complica un po’  uno scenario che sul singolo  indice sembra assai promettente.

La perplessità nasce anche dalla circostanza che un indice come quello europeo, favorito da easing straordinario (eventualmente in incremento) e  svalutazione non riesca a far meglio in relativo di uno alle prese con una situazione opposta (sebbene bisogna ricordare che da inizio anno ci sono ancora 7 punti percentuali a favore del primo).
La domanda è: si tratta solo di un temporaneo effetto posizionamento (tutti lunghi Europa mentre su Wall Street è assai più bilanciato) destinato a cedere il passo ai fondamentali, o è  un segnale di debolezza intrinseca da non sottovalutare?
Non è il caso di saltare alla conclusioni (almeno finché il quadro tecnico non si deteriora marcatamente), ma la price action e il periodo dell’anno suggeriscono cautela.