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Ancora sorprese al rialzo dai prezzi alla produzione USA, salgono i rendimenti ma Wall Street regge

Nuovo record per Wall Street ieri sera con l’S&P 500 in progresso di uno 0.58%  e il Nasdaq 100 di un più modesto 0.21%. Il Russell 2.000 ha di nuovo outperformato con un bel +2.45% che lo ha riportato in progresso da inizio anno. Qualcuno ha osservato che, poichè Super Micro Computer, un azione che è in progresso di oltre il 200% da inizio anno, fa parte dell’indice Russell, il suo triplicare è determinante per questa performance positiva. Questo fenomeno ci dice anche qualcosa sul livello di euforia in certo segmenti del mercato. Sui bonds, alla fine, nonostante il mega miss delle retail sales di gennaio, i rendimenti sono calati di poco, ovvero 2 bps per il10 anni treasury e 1 bp per il 2 anni.

La seduta asiatica, ancora orfana delle “A” shares cinesi, ha avuto un tono positivo, con incredibilmente Hong Kong e HSCEI a mostrare i progressi più elevati, entrambe oltre il 2.5% di guadagno. Molto bene anche Seul, oltre l’1% mentre Mumbai, Vietnam, Sydney e Tokyo hanno mostrato progressi più modesti, e Taiwan ha ceduto un paio di decimi.
A proposito di Tokyo, nel durante il Nikkei ha sfiorato il massimi storico del 1989 a 38.916, segnando 38.865, prima che un affievolimento nel corso della seduta lo riportasse a circa un 1% dal target. Sul grafico questa price action ha disegnato un progetto di shooting star simile a quello comparso il 23 di gennaio, che ha poi portato ad un piccolo consolidamento.

L’RSI 14 è nuovamente  in ipercomprato a 75. Certo, se dovesse fare come l’S&P 500 con quota 5.000, lo sfiorarla è solo precursore di un superamento netto (anche se per ora l’S&P 500 non si è allontanato molto). In ogni caso non male alla luce della recessione tecnica appena certificata ieri. Il Nikkei News riporta che un pool di 10 economisti ha dichiarato che la crescita positiva in Giappone tornerà solo a Q2 2024.
Riguardo l’azionario cinese, le “H” shares e, a giudicare dalla performance dei vari ETF, anche le “A” shares, hanno recuperato interamente il drop occorso da metà gennaio in poi. Sentimentrader.com ha fatto un backtest sullo Shanghai Composite e ha rilevato che il numero delle azioni a nuovi minimi a 52 settimane (cosiddetta panic breadth) non è mai stato più alto di questi giorni.
Andando a rilevare i  precedenti  si ottiene una buona prognosi per il mercato, con rimbalzi corposi. Ma questi sono solo 2.

Rilassando il parametro se ne aggiungono altri 3,  di cui 2, a metà del crollo del 2008 e a metà della discesa del 2011 non hanno interrotto il calo. Per cui il segnale positivo non è così netto. Però è anche vero che il 2008 è stato un crollo epocale ovunque.
Sul fronte spesa Bloomberg riporta che il capodanno cinese ha visto un esplosione di viaggi ( link China Holiday Travel Surge Hints at Consumer Spending Pickup). Questo dovrebbe rivelarsi positivo per i consumi.

La seduta europea è iniziata con un tono bello arzillo, in parte dovuto all’accelerazione di Wall Street ieri sera, in parte autentico. I Bonds per contro hanno aperto con i rendimenti in rialzo, con i traders prudenti in vista del PPI USA in uscita dopo pranzo. E poi la Schnabel ha fatto dichiarazioni in linea con la sua abituale hawkishness.
*SCHNABEL: NEGATIVE PRODUCTIVITY GROWTH RAISES INFLATION RISKS
*SCHNABEL: ECB MUST BE CAUTIOUS NOT TO ADJUST POLICY PREMATURELY

Sul fronte macro, dopo i dati orrendi di ieri, in UK oggi le retail sales di gennaio sono uscite molto forti, ad alimentare la grande confusione che vige nelle serie di dati macro in questo periodo.

Questo ha messo pressione ai rendimenti UK e ha forse aumentato la tendenza a salire di quelli Eurozone.
Gli indici hanno fatto i massimi in tarda mattinata per poi ripiegare un po’ in vista dell’uscita dei dati USA.
E veniamo a commentare i dati, cominciando dal più atteso: anche i prezzi alla produzione USA hanno sorpreso al rialzo a gennaio, e nemmeno di poco:

Addirittura il dato core è salito sul mese di mezzo punto. Il bello è che le componenti volatili (fod ed energy) sono pure calate, mentre il dato core è stato puntellato da aumenti dei servizi  come domestic air transportation (2.5%),  health services (0.36%), e  financial services (1.14%). Questi sono tutti input del PCE, e quindi questo report è andato a impattare sulle stime del PCE core di Gennaio, che ora viene visto sopra lo 0.4% mese su mese e quindi un 4.5-5% annualizzato.
E questo sarà un altro report che non farà nulla per alimentare la fiducia della Fed in un rientro sostenibile dell’inflazione al target in tempi brevi.

Non in pochi hanno osservato che alcune categorie come i medical services hanno a gennaio un reset dei prezzi, e che l’aumento dei servizi finanziari sono stati elevati dalla categoria “portfolio management” e quindi si dovrebbe trattare di commissioni di performance collegate al rally degli asset. Decidete voi come leggere questa informazione: questa categoria va a distorcere il PPI, oppure il rally a Wall Street è inflattivo? Forse un po’ entrambe le cose.
I nuovi cantieri sono usciti davvero bassissimi (-14%) ma questo è probabilmente dopvuto al maltempo che si è avuto in US a gennaio. E poi vi è stata una bella revisione al dato di dicembre. L’indebolimento dei permessi di costruzione è minore, ma probabilmente più autentico. In ogni caso, vero o falso che sia anche questo dato non favorisce il GDP del primo trimestre, come le retail sales di ieri.
Infine la U. of Michigan consumer confidence preliminare di febbraio non si è discostata granchè dai numeri di gennaio, la situazione attuale un po’ peggio, quella futura un po’ meglio, e le aspettative di inflazione sono salite di 0.1 a 1 e a 3 anni, per quel che può valere.
L’impatto dei numeri sui mercati è stato percettibile, ancorchè non eccessivo. I rendimenti USA hanno accentuato i rialzi, seguiti da quelli Eurozone, mentre il dollaro ha preso forza e l’azionario ha accusato, con Wall Street che ha accumulato un po’ di ribasso, concentrato su Russell 2.000 e Nasdaq.
Successivamente la reazione si è attenuata, in particolare su azionario e divisa.
Le borse europee chiudono bene la seduta, con discreti progressi, anche se a una certa distanza dai massimi della mattinata, e con Madrid In calo. E’ notevole che la settimana sia positiva (Eurostoxx 50 +1.06%) nonostante l’ 1 – 2 di CPI e PPI USA con impatto sui tassi europei, e le retail sales di ieri. In effetti però il rendimento del bund sono invariati rispetto a venerdì scorso, e il 2 anni sale di appena 10 bnps, mentre il BTP 10 anni cala di 5 o 6 bps e il 2 anni resta invariato. Ergo, gli effetti di PPI e CPI sono abbastanza rimasti negli USA dove il 10 anni sta salendo di 14 bps sulla settimana e il 2 anni di 17 bps.
Anche qui, nulla di spettacolare: è come se il mercato traesse sollievo dal fatto che per un po’ non ci saranno scosse. Il PCE deflator infatti esce il 29 febbraio. Ma comunque le aspettative sui Fed Funds sono cambiate, e per trovare un taglio scontato interamente bisogna andare al FOMC di luglio.
Personalmente, non credo che l’effetto sia finito qui.
Il Dollaro alla fine corregge un po’, mentre le commodities rimbalzano, trainate da preziosi, metalli industriali e oil e gas.
Dopo la chiusura Euro, Wall Street ha recuperato e l’S&P 500 sta cercando di chiudere la settimana in positivo, la 15ma su 16. Sarebbe un risultato notevole, visti i numeri usciti in settimana.
Tra i vari indici il meno convinto sembra il Nasdaq 100, che staziona nella parte bassa del ripido canale di rialzo iniziato a novembre, e non ha fatto nuovi massimi in settimana. Sembra che il principale driver del rally stia perdendo momentum.