La variazione di Wall Street ieri (Martedì) dice molto sul clima d’attesa che regna sui mercati azionari nel run up verso il CPI USA di Maggio, in pubblicazione domani. L’S&P 500 ha guadagnato lo 0.02%, il Nasdaq 100 lo 0.06%. Il Dow ha perso lo 0.09%. L’unico indice un po’ vivace è il Russell 2000, trainato dalle meme stocks (+1.06%).
Certo, non si può dire che il mercato dei tassi soffra della medesima abulia. Andando verso il dato, le attese di inflazione si stanno ridimensionando significativamente, con un impatto sui tassi nominali che risulterà robusto anche oggi. Al di la delle prese di beneficio sui breakeven inflation, l’impressione è che un mercato posizionato particolarmente corto stia andando in sofferenza di fronte ad un numero atteso in partenza molto forte, ma con un elevata capacità di sorprendere sul singolo datapoint. E poi, è ancora fresca nella memoria la pubblicazione del CPI di aprile, che fracassò le stime, ma senza causare particolari rialzi dei rendimenti. Anzi, il balzo del giorno di pubblicazione era stato assorbito in poche sedute e a fine mese il rendimento del treasury a 10 anni era tornato sotto i livelli pre dato. Ai tassi attuali, non si può certo dire che il mercato prezzi numeri particolarmente forti. La pubblicazione domani si preannuncia interessante, con le attese che proiettano il dato headline oltre 3 punti percentuali sopra il rendimento del decennale USA, e quello core esattamente 2 punti sopra (3.5% vs 1.5%).
La seduta asiatica ha mostrato il classico comportamento che solitamente precede i dati USA rilevanti per i tassi e la politica monetaria, con tutti i principali indici a mostrare modesti cali, con l’eccezione di Shanghai e Jakarta. La prima è stata forse favorita da un mix dei dati sui prezzi in Cina favorevole in Maggio. I prezzi alla produzione hanno segnato il massimo dal 2008 con un +9% anno su anno, da +6.8% e vs stime per +8.5%. Normalmente un PPI forte è ben correlato con i profitti aziendali. Il CPI, per contro, è uscito a +1.3% ben sotto le attese di 1.6%, anche se in rialzo rispetto ad Aprile (+0.9%). Questo potrebbe indicare difficoltà delle aziende a passare gli incrementi dei costi alla clientela. Ma è presto per dirlo e comunque il crollo del costo della carne di maiale ha avuto un impatto. In ogni caso un inflazione bassa lascia mano libera alla PBOC, o almeno questo sarà il ragionamento retrostante alla resilience delle “A” shares cinesi. Certo, non è un dato che fa venir voglia di vendere bonds in vista dei numeri di domani in US. Ma forse si dovrebbe guardare anche al PPI al 9%, per il trend di medio termine.
In Giappone, i machine tools orders preliminari di maggio hanno segnato un +140% anno su anno, massimo dal giugno 2010.
Tornando al fronte Covid, in un quadro che resta generalmente benigno, spicca, come un monito, l’inversione di tendenza di UK, la quale, grazie ad una maggior contagiosità della variante indiana o “Delta” ha raggiunto proprio l’India in termini di casi per milione, ma ha un trend opposto al colosso asiatico.
Il FT ( link ) ha pubblicato un pezzo interessante su questo fenomeno, in cui osserva:
** La variante delta è diventata dominante, con oltre 3 casi su 4. E’ sicuramente più infettiva. Il rischio di ospedalizzazione sarebbe 2.6 volte più grande e quello di criticità di 1.6 volte.
** I dati sugli ospedalizzati suggeriscono che i vaccini sono efficaci al 95% su 2 dosi e al 70% su una dose per evitare l’ospedalizzazione. Dati che permetterebbero di bloccare l’epidemia anche senza rinviare la fase 4 delle riaperture
** riguardo i semplici casi, l’efficacia dei vaccini scenderebbe al 88% (Pfizer) con 2 dosi e solo al 33% con solo una dose somministrata
** Queste 2 figure confermano l’efficacia dei vaccini. Infatti mostrano lo split per fascia d’età delle ospedalizzazioni in cui si mostra come i dati degli anziani non risentono della nuova ondata,
e la differenza del numero di ospedalizzazioni e di morti tra questa e l’ondata precedente,
Venendo alla seduta europea, è difficile trovare granchè da dire, oggi. A tenere a bada l’azionario continentale, oltre al CPI USA, c’è anche il meeting ECB di domani (vedi lampi di Lunedì per un commento sul possibile outcome, link ). Così la fase consolidativa è continuata, con i principali indici che hanno accumulato marginali passivi in mattinata. Le prese di beneficio si sono notate soprattutto su risorse naturali, auto, ciclici e naturalmente banche, visto che i rendimenti hanno continuato a correggere con vigore.
In assenza di dati macro di rilievo, il discorso non è cambiato nemmeno nel pomeriggio, con una Wall Street svogliata che ha lambito i massimi per poi restare a galleggiare poco sopra la parità, a fronte di un rally sempre più forte dei treasuries. In assenza di scuse migliori, qualcuno ha legato la forza dei bonds alla notizia che sul piano infrastrutture, l’accordo bipartizan è a un punto morto ( link ). Non credo onestamente il mercato ci sperasse molto. Ma è vero che i Dem progressisti come Manchin non vogliono accantonarla come ipotesi, cosa che rischia di far slittare il piano, visto che al Senato serve ogni singolo voto per fare la Reconciliation.
Oggi comunque la forza dei bonds, che non si sono fatti intimidire nemmeno dai 38 bln di 10 anni in asta alle 19 italiane, ha causato ogni genere di speculazione sul fatto che le pressioni sui prezzi sono meno forti di quanto sembri. Per ora però non mi pare che disponiamo di grosse conferme di queste teorie. Il newsflow che continua a circolare parla di aumenti dei prezzi nelle catene di ristoranti ( link ), di ex membri Fed preoccupati ( link ), e di un mercato del lavoro in cui si fatica a trovare manodopera ( vedi ancora Lampi di ieri link ). Collegato a questo ultimo concetto, ho trovato interessante uno studio di Nautilus in cui si nota che quando i job openings battono le stime di parecchio, normalmente questo è un segnale positivo per l’azionario nel breve (da uno a 3 mesi). L’idea è che l’occupazione accelererà prontamente (ricordo che metà degli stati sta sospendendo i sussidi straordinari). Anche il grafico di lungo periodo non è male.
La chiusura europea vede gli incidi poco mossi, i rendimenti e gli spreads in calo, mentre i Cambi hanno dato poche notizie di se, con solo la Sterlina, tra i principali cross, un po’ indebolita. In moderato calo il petrolio e quasi stabili le commodities.
Wall Street continua a flertare coi massimi ma appare evidente che non farà grossi movimenti prima di domani.