La Fed alza i tassi e adotta un tono meno accomodante delle attese.

La giornata del FOMC è cominciata con un clima opaco in Asia. D’altronde, ieri Wall Street dopo la chiusura europea si è fatta un giretto in negativo, per chiudere poi assolutamente invariata. I Future poi hanno fatto un altro tuffo, in seguito all’uscita del profit warning di Fedex, che ha abbassato la guidance di sull’ EPS, e manifestato l’intenzione di ridurre la capacità sull’estero causa calo del global trade.

Particolarmente negativa la performance degli indici cinesi, durante il primo giorno della Central Economic Work Conference. Sicuramente le news di Fedex, per quanto in linea col dibattito recente, non hanno fatto piacere. La debolezza relativa delle “A” shares è comunque un po’ sorprendente alla luce delle news sul fronte USA – Cina. Infatti Mnuchin ha dichiarato ieri sera che le parti stanno programmando meeting a Gennaio per discutere una proroga della tregua ed accordi di più ampio respiro. I contatti sono stati confermati dal Ministero del Commercio cinese sul suo sito. Detto ciò, l’attesa è febbrile per le prime dichiarazioni provenienti dal Forum, e comunque il FOMC odierno è sicuramente motivo di nervosismo per gli asset cinesi, che soffrirebbero un outcome più restrittivo delle attese. Meno vendute le “H” shares quotate a Hong Kong. Poco brillante anche Tokyo, in parte penalizzata anche dal debutto infelice dell’operatore telefonico Softbank. Tra le altre piazze è prevalso un moderato ottimismo, ad eccezione di Sydney.

L’apertura europea, in attesa del FOMC, ha avuto in dono le notizie ufficiose dell’accordo tra EU e Governo Italiano sul deficit. Alla fine, è stata Bruxelles a compiere l’ultimo passo, accettando il numero italiano, con la condizione che se si registrano deviazioni dal percorso stimato, saranno applicati correttivi (2 bln di tagli alla spesa). Poichè il termine per l’elevazione della procedura è Febbraio, l’EU si è riservata la possibilità di verificare l’iter e le misure attivate. Se Bruxelles può vantare un  numero di deficit assai più vicino a quanto pattuito informalmente in estate, è un fatto che il compromesso manda in cavalleria la diminuzione del deficit strutturale, che ex ante dovrebbe crescere 0.8/0.9%. Probabilmente le recenti vicende fiscali francesi hanno avuto un ruolo nell’ammorbidire l’approccio EU (i media riportano che Macron e la Merkel avrebbero intercesso a favore dell’Italia). In generale, con questi chiari di luna (crescita Eurozone in rallentamento e stop al QE da Gennaio) Bruxelles è riluttante ad esagerare sul fronte del rigore fiscale, vedi mai che sia costretta a tornare sui suoi passi entro qualche trimestre.

Così i BTP sono partiti di slancio e hanno accumulato rapidamente un buon ammontare di riduzione dello spread, che ha segnato i minimi da settembre. Grande sollievo anche sul settore bancario italiano, che ha offerto supporto all’omologo europeo, e a Piazza Affari, in una giornata altrimenti fiacca e caratterizzata da un percettibile clima d’attesa.

Al di la delle faccende nazionali, per ammazzare il tempo in attesa delle 20 italiane non c’era molto oggi:
** Delle exixting home sales di novembre USA migliori delle attese hanno offerto altro supporto al sentiment nei confronti del settore immobiliare. Il rialzo dell’1.9% è il secondo a fila per l’aggregato
** Il petrolio ha tentato un minimo rimbalzo da dove lo ha spedito ieri il budget saudita, con l’indicazione di revenues tali da indicare produzione assai elevata, a prescindere dall’impegno preso con l’OPEC. In questa fase, è incredibile la correlazione tra la price action dell’oil e quella non solo del settore energy, ma di tutto l’azionario a dimostrazione che il mercato fa d’ogni risk asset un fascio.

Scarsamente cinvolti da un certo ottimismo di Wall Street, gli indici eurozone hanno chiuso con modesti guadagni, ad eccezione ovviamente di Milano.

Alle 20, l’annuncio, del previsto rialzo di 25 bps. Nello Statement le modifiche sono state poche. Le principali sono :
** il Comitato giudica che alcuni rialzi graduali sono ancora coerenti col quadro (quindi una guidance meno forte, visto che al precedente Fomc la parola “some” era assente
** Comitato giudica i rischi bilanciati ma continuerà a monitorare gli sviluppi economici e finanziari globali. In altre parole, riconoscono che il quadro macro globale si sta deteriorando

Nella Dot Plot i rialzi sono passati da 3 a 2 nel 2019, mentre il tasso neutrale di medio periodo è sceso al 2.75. Le previsioni di crescita sono state abbassate per il 2019 di 0.2% a 2.3% e quelle di inflazione a 1.9% da 2%. La fed sembra essere ottimista nel breve ma più prudente a medio termine.

Nella Conference, Powell ha chiarito che vi sono segnali di rallentamento e che le condizioni finanziarie si sono inasprite, ma ha rivendicato in vari modi che l’economia USA entra nel 2019 con un buon ritmo. Al momento non serve che la politica monetaria sia espansiva, basta che sia neutrale. In ogni caso il Committee lascerà che siano i dati a parlare e indicargli la strada: non c’è alcun percorso fissato. Al momento siamo approdati “nella parte basse di ciò che può essere considerato neutrale”. Una chiara notazione alla casa Bianca: *POWELL: POLITICAL CONSIDERATIONS PLAY NO ROLE IN FED POLICY.

Non proprio quello che il mercato sperava di sentire. Wall Street ha fatto buon viso a cattivo gioco allo statement, ma quando a iniziato a sentire affermazioni come che “la politica monetaria offrirà un supporto inferiore nel 2019”, “un po’ di volatilità non lascia il segno sul ciclo”, e “nessun mercato in particolare offre precise indicazioni macro” ha iniziato ad agitarsi, e l’S&P è arrivato a perdere il 2% prima di trovare un temporaneo rimbalzo. Per il resto, tassi in ribasso sulla parte lunga della curva e in rialzo sul breve, e dollaro in calo.
Il fatto è che il nervosismo sui mercati era alle stelle, e la reazione all’atteggiamento più aggressivo e ottimista delle attese, la scarsa attenzione ai movimenti degli asset, e gli accenni al fatto che al momento non serve easing era da mettere in conto. Magari, una volta sfogatosi, il mercato metterà l’accento sugli aspetti positivi: la fiducia nella ripresa, l’attenzione ai dati, etc.

A tale proposito, vista l’importanza data dagli investitori al numero di eventuali rialzi ancora previsti in questo ciclo, vale la pena di ricordare che, negli ultimi 40 anni, mai un bear market è iniziato prima che la FED avesse concluso il ciclo di rialzi. Anzi, nei casi del 2000, e del 1990 (in cui la correzione fu del 18% e passa anche se dal grafico, che non è in scala logaritmica, non sembra ) il calo inizio dopo il primo taglio dei Fed Funds. In altre parole, storicamente la Fed è stata più brava del mercato a prevedere il rallentamento, anche se non brava abbastanza da prevenirlo (impresa forse impossibile).

Considerando che l’ultimo massimo lo abbiamo segnato a settembre, dovesse essere quello a rivelarsi il top, saremmo di fronte ad un inedito, oltre che presumibile un errore di politica monetaria.