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16 marzo 2018

Non è ancora chiaro se i tempi supplementari nelle consultazioni riusciranno a produrre un accordo tra Salvini e Di Maio conciliabile con le indicazioni a suo tempo date dal Capo dello Stato, ma un risultato sicuramente è stato ottenuto: la ricomparsa del rischio politico italiano e – visto il peso del Paese – di riflesso sui mercati europei.

La circolazione semi-clandestina di una bozza di accordo tra Lega e Movimento 5S per un programma di governo condiviso, ha palesato agli investitori incertezza sui temi, sugli approcci programmatici, sulle modalità attuative e sulle coerenze politiche e di bilancio alla base di questo documento. Gli aspetti più eclatanti e di "effetto" per il mercato sono stati senza dubbio le aspre critiche all’ordinamento europeo, l’ipotesi di cancellazione di parte del debito pubblico, l’obiettivo di creazione di un meccanismo di uscita dall’Euro. Ma non solo.

È indubbio che la Presidenza della Repubblica sia molto cauta e vigile a fronte di un programma cosi aggressivo, anche se le bozze di lavoro successive – ne circolano varie versioni – hanno rettificato di non poco le tesi iniziali. I protagonisti si sono affrettati ad aggiustare il tiro, pressati almeno in parte, presumibilmente, dalla reazione del mercato, anche se è ricomparsa una terminologia antica ricca di "complottismo", "eurocrazia", "plutocrazia bancaria", etc. La bozza è stata definita superata, la richiesta del meccanismo di uscita è stata stralciata, e dopo qualche titubanza, è rientrata, in serata, anche la proposta di cancellazione del debito. Mah…

Forse gli investitori si erano illusi che temi quali la permanenza nell’€, la guerra aperta al fiscal compact, e l’attacco sistematico alle istituzioni europee fossero ormai questioni superate – soprattutto per un Paese che rappresenta la seconda manifattura europea, è tra i fondatori dell’Unione, ha il secondo debito pubblico al mondo – non certo creato dall’€ – e sta uscendo solo ora, proprio a causa del debito e dalla scarsissima produttività, dalla crisi 2009-2011.

Se, dunque, gli aspetti più aggressivi della bozza programmatica sono difficilmente realizzabili, se non con costi sociali ed economici imprevedibili, gli investitori sembrano orientati a valutare gli ulteriori sviluppi possibili. In caso di incapacità a trovare soluzioni – non stiamo ad elencarne i possibili motivi – l’evoluzione più probabile sono inevitabili nuove elezioni anticipate. Con le incertezze conseguenti sia politiche e soprattutto – in questo caso – economiche: bilancio europeo, ovvero risorse, e aumento dell’IVA, ovvero rallentamento economico e fiscalità insostenibile.