Stabilizzazione dell’attività economica in Eurozone a febbraio, grazie al settore servizi. Ma il manifatturiero continua a deteriorarsi.


La giornata dei PMI Flash globali è iniziata con un tono positivo in Asia.
Il perchè è presto detto. Circa a metà della seduta asiatica Reuters ha riportato indiscrezioni secondo cui Cina e USA starebbero lavorando su 6 differenti memorandum riguardanti le varie questioni da risolvere, e 10 misure di breve (in gran parte promesse di acquisto di beni da parte della Cina). La trattativa comprenderebbe anche meccanismi di controllo. In sostanza, le parti starebbero cercando di raggiungere un accordo prima della data del 1 marzo, anche se Trump ha già detto che se vi sono le premesse potrebbe concedere una proroga per finalizzare l’atto.
Le notizie sono venute a raddrizzare una seduta asiatica che aveva avuto un tono consolidativo. Per cominciare, il PMI flash manifatturiero Giapponese si è fatto un altro bagno (48.5 da prec 50.3). L’indice  ha segnato il minimo da 32 mesi, entrando in territorio di contrazione dell’attività.
Anche il dato sull’export della Sud Korea nei primi 20 giorni di febbraio non è sembrato augurare particolarmente bene (-11.7% anno su anno, in lieve recupero da -14.6%).
Dove sono i segnali di ripresa della domanda intuiti nella bilancia commerciale cinese di Gennaio? Goldman Sachs ha fatto un analisi un po’ più approfondita, e calcolando correttamente i giorni di lavoro (2 in meno rispetto al mese scorso e 1 in meno rispetto a Febbraio 2018) si nota che il calo anno su anno passa a -2.2% (da -9% di Gennaio) e, mese su mese, si nota un recupero. E, udite udite, dal punto di vista geografico, i dati sono in calo in tutte le direzioni tranne che verso la Cina,  dove la serie di 4 mesi di cali (-30% cumulativo!) è stata interrotta con un rimbalzo del 2.8% mese su mese. Insomma un report dai toni un po’ diversi rispetto a quanto circolato sui media, e, quel che più rileva,  non in antitesi con la teoria che l’economia cinese sta svoltando.
Come dicevo sopra, le notizie sul trade sono intervenute a supportare il sentiment, e cosi dei principali indici azionari dell’area asiatica la peggior performance la mostrano le “A” shares cinesi con un -0.35%, seguite da Seul (invariata) mentre il resto degli indici ha messo a segno moderati guadagni (“H” shares comprese”).

Le news sul trade hanno anche concesso all’Europa un apertura positiva, con l’Eurostoxx a segnare i massimi da metà ottobre. Alle 9.15 è iniziato lo show dei PMI flash.
Il primo report, francese, è stato buono. Il dato composite ha recuperato 1.7 punti riportandosi a ridosso dell’area di espansione (49.9) grazie a una sostanziale tenuta del manifatturiero (51.4 da 51.2 e vs attese per 51) e un recupero più marcato del settore servizi (49.8 da 47.8 e vs attese per 48.5).
Il quadro si è offuscato con la pubblicazione del dato tedesco: se i servizi hanno mostrato un bel recupero (55.1 da 53 e vs attese per 52.9) e rivelano un livello di attività sostenuto, il manifatturiero ha accentuato la fase di contrazione (47.6 da prec 49.7 e vs attese per 49.8) segnando i minimi da oltre 6 anni.
Ecco, qui, proprio, i segnali di ripresa dell’economia cinese non si vedono, purtroppo. A parziale consolazione, si può osservare che l’impatto di un eventuale rimbalzo congiunturale cinese sull’economia tedesca ed Eurozone avverrebbe comunque con un lag temporale, come illustrato in questo post ( link) sula sezione del sito di Anthilia dedicata al Financial Consulting.

Il dato aggregato Eurozone riflette maggiormente il report tedesco, con il PMI composite che recupera marginalmente terreno (51.4 da 51 e vs attese per 51.1) grazie ai servizi (52.3 da 51.2 e vs attese per 51.3) mentre il manifatturiero continentale va in contrazione (49.2 da 50.5 e vs attese per 50.3).
Gli aspetti positivi: L’attività economica ha marginalmente accelerato, ed il settore servizi ha recuperato ben più delle attese nelle principali economie, segno che la domanda interna non è debole come sembrava dagli ultimi reports. Quelli negativi: il manifatturiero ha visto un ulteriore deterioramento ed è tornato in contrazione per la prima volta dal 2013. E da un confronto tra i dati francese e tedesco e  quello Eurozone si deduce che l’attività nel resto dell’Eurozona ha marginalmente rallentato, il che, a naso, non depone bene per l’Italia.
La constatazione che il manifatturiero, settore più sensibile alla domanda globale, non ha dato segnali di ripresa ha annacquato un po’ il sentiment sui mercati. Manco a dirlo, il settore bancario europeo ne ha approfittato per correggere, togliendo brillantezza agli indici generali.
In questo contesto, è risultata un po’ sorprendente una fase di forza del BTP, che ha mostrato in mattinata un significativo restringimento dello spread senza ovvii motivi se non la possibilità di qualche rumour su Fitch domani, o maggior propensità a varare una nuova TLTRO da parte dell’ECB, circostanza sulla quale le minute ECB pubblicate a metà giornata non hanno fornito delucidazioni di sorta.
Nel primo pomeriggio, raffica di dati in US.
Il primo, e più sorprendente è stato il il Philly Fed di Febbraio. L’indice generale ha mostrato il maggior calo dal 2011, terminando in territorio negativo (-4.1 da prec 17 e vs attese per 14). Era dal maggio 2016 che non si aveva una contrazione di quest’indice. Brutti i new orders, in calo di 23.7 punti a -2.4), meglio le attese a 6 mesi, rimaste a 31. In questo caso, non possiamo nemmeno tirare in ballo le distorsioni nella rilevazione, come per le retail sales.
Più confortanti nel complesso i PMI flash di febbraio, che hanno confermato la dicotomia delle altre aree. Il Composite ha recuperato (55.8 da 54.) grazie alla forza dei servizi (56.2 da 54.2 e vs attese per 54.8) mentre il manifatturiero ha seguito la sorte degli altri (53.7 da 54.9 e vs attese per 54.8) ma si colloca su un livello assoluto assai migliore.
Completano il quadro dei durable gods orders di dicembre poco brillanti, delle exixting home sales di gennaio a loro volta deludenti, e i jobless claims che si riportano su livelli bassissimi storicamente (216.000). Diciamo che anche in US i dati non sono più una sinfonia, e qualche serie mostra delle tracce di debolezza che vanno monitorate, ma comunque l’attività nel complesso resta robusta.

Preso nel suo complesso, il newsflow odierno non è malvagio, ma forse nemmeno totalmente in linea con mercati azionari che continuano a fare nuovi massimi. Aggiungiamoci le dichiarazioni di Pompeo su Huawei (non possiamo fare business con chi utilizza materiale Huawei per le telecomunicazioni) e quelle di Putin (Putin to U.S.: I’m ready for another Cuban Missile-style crisis if you want one), e il catalyst per un po’ di prese di beneficio c’era tutto.
Il tenue malumore di Wall Street però non ha impattato più di tanto sugli indici europei che chiudono con marginali guadagni, ad eccezione di Piazza Affari, zavorrata dalle banche. In correzione anche Londra, stufa forse dell’inconcludenza degli sviluppi  sulla Brexit. L’EU ha apparentemente negato la possibilità di modifiche all’accordo, e si ha sempre più l’impressione che la strategia della May sia quella di tirarla in lungo fino all’ultimo minuto e poi chiedere in Parlamento l’approvazione dell’accordo già bocciato a Gennaio (con un po’ di maquillage e una scadenza della soluzione temporanea per l’Irlanda) ottenendo i voti necessari trasversalmente dai partiti per paura di una no deal brexit. Peraltro, un approvazione di un emendamento che obblighi il Governo a chiedere un estensione dell’articolo 50, il prossimo 27 febbraio, potrebbe depotenziare la minaccia. Intanto sia tra i Conservatori che tra i Laburisti incominciano le defezioni, il che fa aumentare le probabilità di elezioni anticipate più avanti nell’anno.
Dopo la chiusura europea le prese di beneficio a Wall Street si sono leggermente intensificate. Ironicamente, i bonds, che finora non avevano risentito affatto del rimbalzo dei mercati azionari da inizio anno (i rendimenti del bund sono addirittura scesi) oggi si sono mostrati deboli. Il risultato è che il BTP, pur avendo perso un po’ di smalto, chiude con un discreto calo dello spread, alla vigilia del pronunciamento di Fitch domani sera.
A mercati chiusi, market News ha pubblicato indiscrezioni secondo cui l’ECB avrebbe in mente di rinnovare la TLTRO in scadenza, ma a condizioni meno favorevoli, e con una durata di soli 2 anni. Meglio di niente, ma non granchè generosa come ipotesi. Se fosse vero, si confermerebbe che l’ECB vuole restare, sia pure di poco sul percorso di ritiro dello stimolo straordinario. Detto questo, market News si è dimostrata, in altre occasioni, una fonte scarsamente attendibile.