Il FOMC, ieri sera, ha lasciato i tassi invariati come da attese, ma nello Statement sono state aggiunte alcune notazioni, tali da incorporare una view leggermente più positiva su crescita e inflazione. Sul primo fronte si sono notati i “solidi” guadagni in termini di occupazione, consumi e investimenti. In aggregato, il quadro macro è giudicato tale da richiedere “ulteriori” graduali rialzi. Riguardo l’inflazione, il Committee ha maggior fiducia che quest’anno si muova al rialzo e si stabilizzi intorno al target.
In generale, nessuna rivoluzione, ma un tono leggermente più aggressivo rispetto a dicembre.
Onestamente, al di la degli scarti iniziali, è difficile distinguere sui mercati una reazione a questo outcome, tutto sommato scontato. Forse un minimo supporto al Dollaro, che già recuperava, e un po’ di pressione in più sui tassi dei treasuries. L’S&P ha chiuso sui livelli pre FOMC. Se non altro, i tassi monetari US sono infine andati a scontare interamente lo scenario implicito nei Dots pubblicati al FOMC di dicembre. Una novità, visto che negli scorsi anni era stata quasi sempre la view FED ad adeguarsi a quella del mercato.
Prossimo appuntamento, marzo, in cui al di la del rialzo, ormai prezzato interamente, conteranno i movimenti impressi ai Dots e al long term rateFED.
La seduta asiatica ha avuto ancora un andamento contrastato.
Il FOMC, o più probabilmente il PMI manifatturiero di gennaio (54.8 da 54) ai massimi da quasi 4 anni hanno indotto Tokyo a interrompere bruscamente la serie di 6 sedute consecutive, mettendo a segno un corposo rimbalzo. I dettagli della survey mostrano che gli output prices hanno segnato i massimi da febbraio 2008. Food for thought per la BOJ.
Parlando di PMI manifatturieri, in Asia solo l’India ha figurato male (52.4 da 54.7), pur restando in territorio di espansione. Stabile a 51.5 in linea con le attese quello cinese, gli altri sono migliorati (Sud Corea 50.7 da 49.9, Taiwan 56.9 da 56.6, Thailandia 50.6 da 50.4).
In generale l’Asia sta bene, finchè tiene il ciclo cinese, cosa di cui per ora non abbiamo motivo di dubitare.
A non tenere, oggi, sono stati i mercati azionari cinesi, che hanno mostrato perdite diffuse (con la consueta tendenza delle small caps a sottoperformare). Anche qui difficile trovare una causa precisa, al di la del proseguire delle dichiarazioni di intenti da parte dei regulators sui rischi finanziari e la necessità di incrementare i controlli e il monitoraggio (China CSRC Highlights Risk Prevention at Annual Meeting – *CSRC TO BOOST RISK MONITORING OF STOCK, BOND, FUTURES MARKETS) .
L’apertura europea è avvenuta in netto rialzo. L’€ stabile post FOMC ha forse ringalluzzito il mercato, e sicuramente i tassi in salita hanno aiutato le banche. Apparentemente azionario italiano e BTP hanno gradito le dichiarazioni di Di Maio di fronte ad una platea di investitori a Londra, riferite da Reuters. Il leader dei % Stelle si sarebbe detto disposto a partecipare ad una coalizione con gli altri partiti in caso di esito inconcludente (salvo poi smentire, rientrato in Italia).
Sul fronte PMI manifatturieri europei, il grosso delle notizie l’avevamo già avuto 2 settimane fa con i dati flash, e le revisioni di oggi apportano modifiche ridotte. Migliora un po’ la Francia, corregge marginalmente la Germania, pur restando su livelli eccelsi. Per i dati ancora non noti, il dettaglio mostra una robusta accelerazione per l’Italia (59 da 57.4) e un modesto calo per la Spagna (55.8).
La pubblicazione dei PMI ha coinciso col miglior momento dell’azionario europeo, che ha cominciato a perdere momentum gradualmente, per poi accelerare al ribasso violentemente nel primo pomeriggio. Anche qui, non si è individuata una causa precisa. Si è parlato di un grosso program trade sul Dax (rimasto indietro anche quando il sentiment era positivo, e successivamente il worst performer). L’€ ha continuato la sua graduale marcia verso i massimi, ma senza particolari scossoni in corrispondenza del calo.
La motivazione dell’accelerazione al ribasso è sembrata squisitamente tecnica: Dax ed Eurostoxx sono giunti entrambi a contatto con supporti (in caso del secondo 3600) che li avevano contenuti di recente, e sotto i quali si erano sicuramente stratificate stops, il cui scattare ha causato l’accelerazione.
Qualunque sia il motivo, il netto fallimento del rimbalzo di stamattina, con rottura del supporto, e rientro, per l’Eurostoxx, nel range di fine 2017, costituisce un marcato deterioramento del quadro tecnico per l’azionario europeo, che sembra destinato per lo meno a ulteriore consolidamento tra 3500 e 3600.
Nel pomeriggio, i dati macro US non hanno fornito spunti irresistibili. I sussidi settimanali continuano a mostrare un mercato del lavoro US tiratissimo, il PMI manifatturiero ha confermato il livello del dato flash, mentre il più rilevante ISM Manufacturing è sceso marginalmente (59.1 da prec 59.3 e vs attese per 58.6) superando comunque il consenso, anche se i sottoindici new orders e production mostrano rallentamenti più marcati ( ma restano su livelli spaziali, a 65.4 e 64.5).
E’ comunque interessante notare che i dati di oggi hanno spinto la stima del GDP del primo trimestre, operata dalla FED di Atlanta, al 5.4%. Quella della Fed di NY è ferma al comunque rispettabile livello di 3.1%.
A movimentare le acque ci ha pensato la comparsa di indiscrezioni su Bloomberg secondo cui alcuni membri ECB avrebbero preferito chiarire la guidance sui tassi (che al momento recita “i tassi resteranno a questi livelli fino a “ben dopo” la fine degli acquisti). L’impressione che un ristretto gruppo di falchi abbia provato a forzare la mano a Draghi ha offerto ulteriore supporto a un € già arrembante contro un $ debole, strozzando il piccolo tentativo di rimbalzo dell’azionario europeo, che ha chiuso poco distante dai minimi. Se non altro, i rialzi dei tassi hanno offerto un qualche supporto al settore bancario, mentre Milano ha continuato far meglio degli altri, chiudendo in marginale rialzo.
La risk aversion ha offerto un temporaneo supporto ai bonds europei, successivamente in parte evaporato di fronte all’estrema debolezza di quelli americani. Totalmente immuni, per contro i bonds periferici, i cui spreads vs Germania hanno stretto parecchio, in particolare quello del BTP, che può contare su ricoperture dei corti messi in piedi in vista delle elezioni.
A un ora e mezza dalla chiusura Wall Street non ha ancora deciso da che parte stare, ma in ogni caso anche oggi ha mostrato una volatilità assai inferiore a quella degli assett europei e di alcuni emergenti.
Domani chiudiamo la settimana in bellezza con il labour market report US.