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Prese di beneficio sull’azionario… I bonds venduti con insistenza senza eccezioni

Inizio settimana all’insegna delle moderate prese di beneficio. D’altronde, il fine mese incombe su di noi, e non c’è dubbio che su diversi asset la messe in termini di performance sia generosa.

Il tema del  profit taking ha fatto la  sua comparsa sin dalla seduta asiatica, che ha mostrato un tono contrastato nonostante la chiusura spumeggiante di venerdi sera a Wall Street (+1.18% nuovo massimo e miglior seduta da marzo scorso).
Il balzo dello yen di venerdi,  seguito alle dichiarazioni di Kuroda a Davos (il target di inflazione è vicino) ha tenuto al palo l’azionario giapponese, che si è visto la divisa recuperare un 2% nello spazio di una settimana.
Negativi i mercati cinesi,  con particolare focus  sulle “A” shares,  mentre ironicamente lo HSCEI, star dell’  ultimo periodo, ha tenuto meglio. Come catalyst delle vendite si è parlato  di  pressione dai regulators (annuncio di maggiori controlli anti manipolazione), e ovviamente delle crescenti tensioni commerciali con l’America di Trump, sta  di fatto che le  blue chips hanno perso quasi il doppio dell’indice generale  di Shanghai. Mercoledi, i PMI ufficiali di Gennaio ci daranno indicazioni sull’attuale  momentum dell’attività  economica (o sul messaggio che vogliono passarci le autorità  a questo  proposito).  Modesti guadagni per gli altri principali indici dell’area, con particolare menzione per Seul,  supportata  dai risultati di Intel e effetto  sull’indotto.
La  tendenza correttiva di fine mese si è notata anche sui cambi, con il dollaro in moderato recupero sui principali cross fin dai primi scambi.

L’apertura europea ha visto gli indici tentare di fattorizzare i rotondi guadagni di Wall Street venerdi, dopo la chiusura dei mercati continentali. E’ durato poco e gli indici sono tornati sui livelli di chiusura,  eventualmente disturbati dalla continua salita dei rendimenti Eurozone.
Già,  perchè se c’è  un settore dove la  tendenza correttiva ancora non ha fatto la  sua comparsa, è  quello dei tassi,  con i bonds venduti con insistenza in linea con quanto osservato nella seconda metà della settimana scorsa.
Come causa del nuovo  selloff, molti hanno indicato i toni hawkish dell’intervista del  Governatore della Banca Centrale olandese Knot, secondo il quale l’ECB deve porre fine al QE appena possibile, perchè ha svolto  la  sua funzione e non ha più ragione di esistere.
Sicuramente l’aggressività  di  Knot può  aver contribuito  al selloff,  anche se il tema  principale, a mio modo di vedere, continua ad essere lo smontamento delle posizioni messe in piedi in vista di una reazione più forte di Draghi all’apprezzamento dell’€.  Non a caso, la comparsa, nel pomeriggio, di indiscrezioni secondo cui all’ECB avrebbero in mente di terminare gradualmente gli acquisti in 3  mesi,  alla  fine dell’attuale  estensione, invece che interromperli bruscamente, ha avuto un impatto modesto sui rendimenti.

Sorprendentemente, la marcata salita dei rendimenti non si è  tradotta,  come in passato, in un supporto per l’€ che ha continuato a correggere in tarda mattinata, bucando al  ribasso 1.24 vs $.  Ancora più debole  la  sterlina,  apparentemente danneggiata dal rimbalzo delle tensioni sulla Brexit (i Parlamentari più  radicali meditano un voto  di sfiducia alla May, e  oggi riprendono le trattaive sul  periodo  di transizione, con gli Inglesi che apparentemente chiedono diritto di veto sulle leggi EU).

Nel primo pomeriggio i dati in US hanno continuato a mostrare redditi e consumi robusti negli USA,  ma inflazione modesta.
** In dicembre il  personal  income é salito di 0.4% in linea con le attese e i il  personal spending è salito dello 0.4% in line acon le attese ma con revisione significativa a rialzo  di novembre da 0.6% a 0.8%.
** Il  price deflator di dicembre si è confermato a 1.7% anno su anno e quello core a 1.5%
** Il Dallas manufacturing ha sorpreso in positivo a gennaio a 33.4 da 29.7 e vs attese per 25.4.

Peraltro, Wall Street ha a sua volta mostrato una tendenza alle modeste prese di beneficio, e ciò ha spazzato  le residue speranze degli indici europei di mettere a segno un progresso oggi, grazie alla debolezza dell’€ e all’impatto del  rialzo dei rendimenti sul settore bancario (impatto che peraltro ha lasciato a  desiderare). A parziale consolazione, almeno oggi l’Europa  recupera un po’ di terreno su Wall Street.
Modesti recuperi dei bonds eurozone ,  con una tendenza dei bonds periferici a outperformare quelli core, in particolare sulle scadenze lunghe.
Pesanti anche i treasuries, che forse si interrogano sull’atteggiamento che terrà  il FOMC mercoledi sera,  alla luce del  quadro  macro robusto, dell’ulteriore discesa del  Dollaro, e dell’euforia sui mercati.

La settimana presenta appuntamenti importanti che vale  la  pena ricapitolare.

Domani abbiamo il CPI flash tedesco di gennaio e la prima stima del  GDP  EU del  quarto trimestre. In US abbiamo la  Consumer confidence, e l’attesissimo State of Union adress di Trump, in cui potremmo avere dettagli del piano di infrastrutture. Mercoledi abbiamo i citati PMI cinesi,  il CPI flash Eurozone di Gennaio, e tra i dati US spiccano l’ADP  survey e il Chicago PMI,  mentre in serata c’è l’ultimo FOMC diretto dalla Yellen.  Giovedi abbiamo le letture finali dei PMI markit, e in US l’ISM manufacturing,  e  Venerdi abbiamo i payrolls di gennaio in US.

Inoltre l’earning season, entra ancora più nel vivo con Microsoft, Facebook, eBay, AT&T, Boeing  Paypal mercoledi, Google, Amazon, Apple, Royal Dutch Shell e Alibaba giovedi, e Exxon Mobil, Chevron e Merck venerdi.

Finora,  le  cose sono andate piuttosto bene. Con 140 aziende circa che hanno ripoirtato su 500 dell’S&P, l’81% ha battuto le stime di utili, di circa il 2.3%, mentre 80% ha battuto quelle di fatturato in media dell’1.1% (dati di Bloomberg). La  crescita di utili e fatturato  risulta buona (+11% e +8%).