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L’inflazione USA resta tiepida a Febbraio, Wall Street vicino al record.

Una moderata flessione finale non ha tolto lustro a Wall Street ieri sera, con l’S&P 500 (+1.42%) e il  Nasdaq 100 (+4.03%) in robusto rialzo. L’ indice tecnologico è stato trainato da rimbalzi sontuosi delle sue stelle (Tesla +19%) che mettono in mostra la matrice di short covering tattico del movimento e lasciano intendere altra volatilità prospettica. Diverso il quadro dell’S&P 500, che resta testardamente nei pressi dei massimi, sia pure in un contesto di volatilità realizzata crescente. La rivincita di alcuni settori si è notata anche nel rimbalzo del momentum index (formato dal 15% delle azioni con la miglior performance a 12 mesi meno il  15% con la  peggiore) che ha marcato un +10.2%.

A guardare il grafico,  sembra che abbiamo ancora un po’ di mean reversion da fare.

L’Asia ha, come di recente, mostrato riluttanza ad unirsi all’euforia USA. Dei principali indici, “H” shares, Hang Seng, Taiwan, Mumbai e Jakarta hanno chiuso in positivo, con quest’ultima la migliore con un +10.5%. Se Tokyo è rimasta al palo, insieme a Shanghai, Seul e Sydney sono calate.
Sul fronte macro data, il CPI cinese è uscito grossomodo in linea con le  attese (-0.2% anno su anno, da prec -0.3% e vs stime per -0.3%). Il  dato core (senza cibo ed energia) è rimasto  stabile anno su anno. In salita, per contro, i prezzi alla produzione (+1.7% anno su anno, da precedente +0.3 e vs stime per +1.5%). Tra oil e metalli industriali, le pressioni sui prezzi cominciano a filtrare al  primo stadio. Secondo alcuni commentatori questi numeri avrebbero frenato le borse dell’area, per  timore che le autorità siano costrette a politiche monetarie più restrittive. Non sembra, a giudicare dagli aggregati sul credito pubblicati durante la mattinata europea che indicano per febbraio new loans a 1.36 trilioni di yuan vs 0.95 attesi e total social financing 1.71 trilioni vs 0.91 attesi.
E’ possibile  che sul sentiment nell’area asiatica (in gran parte emergente) abbia pesato l’incombere della pubblicazione del CPI USA  di febbraio, un numero in grado di riaccendere la volatilità sui tassi USA (e quindi sul  $ oltre che sulle borse). Al report seguirà l’asta del 10 anni stasera (38 bln $) in grado di esaltarne gli effetti.
A proposito di tassi, il Governatore della Reserve Bank of Australia Lowe ha dichiarato che le aspettative di rialzo implicite nei tassi australiani non coincidono con le loro. Considerando che sono stati tra i primi ad adottare il controllo della curva dei tassi (sul 3 anni) in questa crisi, e ora sono attivi nel respingere l’ipotesi di rialzo dei tassi, mi chiedo se non saranno seguiti dall’ ECB domani e/o a Fed il 17 marzo, se le aspettative sulla curva USA diventano troppo aggressive.
Come i giorni scorsi, il mood incerto di origine asiatica è durato poco in EU, e gli indici si sono issati in positivo dopo i primi scambi. I temi però sono rimasti grossomodo quelli di ieri, ovvero recupero dei settori rate sensitive e qualche presa di beneficio ancora sulle banche, anche se i ciclici in generale hanno attirato domanda. Il tutto un po’ annacquato dall’incombere del CPI USA nel primo pomeriggio, la cui attesa ha tenuto in stand by anche i tassi e la divisa ( anche la riunione ECB di domani può aver contribuito un po’ a questo calo di attività e direzionalità). Sta di fatto che l’azionario europeo ha continuato a costruire sui suoi recenti breakout, pure in questo scenario incerto, il che è un segnale positivo.
Alle 14.30 gli agognati numeri. il CPI headline è uscito +0.4% da precedente +0.3% e in linea con le attese. Il CPI core, depurato dei componenti volatili (food & energy) è uscito marginalmente sotto attese (+0.1% da prec 0.0% e vs stime per +0.2%). La sorpresa negativa è causata dalla correzione di alcune categorie sensibili ai lockdown (vestiario, hotels e biglietti aerei) che presumibilmente i prossimi mesi risaliranno, grazie alle aperture. Ma per oggi la paura è passata: i prezzi restano sotto controllo, e non sembrano coerenti con una FED che inizia a rialzare i tassi l’anno prossimo, visto che per farlo, secondo la tempistica annunciata, dovrebbe concludere prima il QE, il cui tapering non è iniziato e non verrà certo annunciato con questi numeri. Così i rendimenti USA, che erano moderatamente saliti nel run up verso il numero, hanno ritracciato, e il risk appetite è salito di una tacca. Anche i rendimenti europei hanno calato di qualcosa su questi numeri.
L’apertura di Wall Street ha visto l’S&P 500 costruire sui guadagni di ieri, mentre il Nasdaq 100, dopo iniziale entusiasmo ha un atteggiamento un po’ più consolidativo, eventualmente digerendo i fasti di ieri. Sollievo anche sulle divise emergenti dopo le performance pesanti degli ultimi giorni. Meno significativo il recupero dell’azionario emergente, col future MSCI EMG rimasto in lieve calo.

La chiusura europea vede tutte le principali piazze mettere a segno moderati progressi (buoni quelli di Parigi) che però si sommano a quelli dei giorni scorsi, con il risultato che l’Eurostoxx 50 supera quota 3.800 per la prima volta da 13 mesi avvicinando il record di febbraio 2020, e il Dax fa un nuovo record assoluto sopra 14.500. Milano si avvicina al livello psicologico di 24.000 punti di FTSE Mib. Stabilità del cambio e lieve calo di rendimenti e spread completano il quadro, insieme a commodity poco mosse e oro in ulteriore recupero.
Dopo la chiusura europea, un paio di sviluppi degni di nota:
1) L’asta per il collocamento dei 38 bln di treasury 10 anni si è tenuta, e la domanda non è stata così forte come ieri per il 3 anni. Il prezzo di emissione è stato superiore al livello prevalente sul mercato, il bid to cover leggermente inferiore alla media. Ma il mercato non ha reagito più di tanto, forse tenendo conto che l’asta è avvenuta con i rendimenti sui minimi di giornata, e in calo rispetto a ieri. Sta di fatto che la reazione è stata assorbita immediatamente e i rendimenti scendono marginalmente (10y 1.51%). Domani chiudiamo la serie con i 24 bln di 30 anni
2) Fonti anonime hanno riferito che le previsioni dell’ECB domani definiranno temporanei eventuali aumento dell’inflazione e valideranno l’attuale stance di politica monetaria ( link ). Nelle ultime comunicazioni ufficiali la Lagarde aveva dichiarato che l’ECB giudicava appropriate le condizioni monetarie prevalenti, e avrebbe agito per difenderle, nel caso fosse intervenuto un “indesiderato inasprimento”. Domani, alla conference post meeting la Presidente dovrebbe chiarire se effettivamente il movimento sui tassi è sufficiente a farli intervenire, oppure su che livello lo giudicheranno sufficiente (e di quali parametri: tassi reali? nominali?). In effetti recentemente la comunicazione dei membri è stata un po’ contrastante, con chi parlava di “opporsi al movimento” e chi invece sosteneva che lo aveva notato ma ancora non lo considerava ancora pericoloso. Speriamo che venga fatta un po’ di chiarezza, anche solo fornendo dei parametri un filo oggettivi.
Nel frattempo, in US si vota sul piano di stimolo, che arriverà alla firma di Biden venerdì.
*BIDEN’S $1.9 TRILLION COVID-19 RELIEF BILL GETS ENOUGH VOTES TO PASS THE U.S. HOUSE
*WHITE HOUSE SAYS BIDEN WILL SIGN COVID RELIEF BILL FRIDAY AFTERNOON
*BIDEN, HARRIS TO HIT ROAD FOR STIMULUS IMPLEMENTATION: PSAK
Difficile non ipotizzare una bella accelerazione della crescita nel secondo e terzo trimestre, tenuto anche conto che si va lentamente verso le riaperture ( *N.J. TO BOOST INDOOR RESTAURANT CAPACITY TO 50% ON MARCH 19).
Ormai si tratta di notizie acquisite, ma Wall Street sembra gradire. L’S&P 500 scambia poco sopra 3.900 punti, ad un 1% dai massimi storici. Il Nasdaq sta ancora digerendo un po’ il rimbalzo di ieri. In compenso  Il Russell 2000 small caps è a contatto con i suoi massimi, mentre il DOW sta facendo un nuovo record. Per la cronaca, Bitcoin che scambia poco sopra 57.000 $, e a poco più di 2 punti percentuali dal suo record, a 58.350 $.