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Lampi di Colore

 

Come spesso avviene nei primi venerdi del mese, che ospitano il labour market report US, la parte di seduta che precedeva la pubblicazione del report non ha offerto molti spunti.

L’Asia ha continuato a mostrare un buon tono, anche se un po’ più a macchia di leopardo  rispetto alle ultime 2 sedute. Gli indici cinesi hanno continuato a guidare il gruppo, senza particolari novità nei temi. Vendite d’auto di ottobre in forte crescita (+11%) grazie agli incentivi hanno continuato a corroborare le attese di ripresa macroeconomica nel quarto trimestre. Tokyo si è nuovamente giovata dello yen debole. Per contro, Taiwan e in minor misura Hong kong hanno visto qualche presa di beneficioo, dopo il recente rally.

Borse in consolidamento nella mattinata europea, in attesa dei payrolls. Le produzioni industriali tedesca e inglese di settembre hanno deluso, eventualmente aggiungendo qualcosa al nervosismo pre dato. Da qualche giorno, con la discesa dei metalli, preziosi e non, il settore basic resources ha ricominciato a zavorrare il listino. Se non altro, il settore delle banche europee ha iniziato a dare segni di vita.

Alle 14.30, l’atteso report ha prodotto una robusta sorpresa positiva:

** 271.000 nuovi occupati (a cui si aggiungono 12.000 in aggiunta sui 2 mesi precedenti), contro un consenso che ne aspettava 185.000 (anche se dopo l’ISM non manufactoring forse il consenso reale era salito sopra 200.000
** La disoccupazione è rimasta al 5%, ma ciò è dovuto al fatto che a fronte dei 320.000 nuovi occupati risultanti dalla household survey, 313.000 individui hanno fatto ingresso nella forza lavoro
** Balzo delle retribuzioni orarie, con un + 0.4% vs 0.2% atteso. Il tasso di incremento anno su anno torna al massimo ciclico di 2.5%
** Il quadro è completato dalla U6 (tasso di disoccupazione che comprende i sotto occupati per motivi indipendenti dalla loro volontà, o che hanno cercato lavoro negli ultimi 12 mesi) che torna sotto il  10% per la prima volta dal  giugno 2008.

In generale, un dato robusto, che riporta la creazione di posti di lavoro grossomodo in linea con la prima parte dell’anno, derubricando a poco più di un fenomeno stagionale la debolezza degli ultimi 2 report. Interessante la ricomparsa delle pressioni salariali (per quanto questa seria abbia altre volte mostrato picchi poi cancellati nei mesi successivi.

E veniamo alla reazione dei mercati:

** le probabilità di un rialzo al 16 dicembre, cosi come misurate dai futures sui fed funds, sono salite al 70%. A parte ciò, il repricing ha interessato anche il ciclo di rialzi successivo, con 3 rialzi prezzati entro la fine del 2016.
** Il Dollaro, ovviamente ha prodotto un nuovo balzo. Il Dollar Index guadagna l’ 1.2% mentre scrivo, e ha rotto la resistenza in area 98 che lo conteneva da aprile scorso.
** L’azionario dopo un iniziale fase euforica, reagisce a  seconda delle aree. Forte l’Europa, che si avvantaggia del calo dell’€, ormai poco  distante dai minimi dell’anno. Preoccupata Wall Street, che vede i rialzi dei tassi avvicinarsi, e il Dollaro erodere la competitività estera delle aziende US. Negativi gli emergenti, zavorrati dai paesi che più hanno da temere dal tightening FED.
** Comprensibilmente pesanti i  bonds, sulle 2  sponde dell’ atlantico. I tassi treasuries corrono a prezzare una Fed più aggressiva, salendo significativamente su tutte le scadenze, ma con particolare impeto nella “pancia” della curva (3-10 anni). Quelli europei per contro mostrano una tendenza a salire crescente col salire della scadenza. Il che ha senso: se la parte breve resta ostaggio della stance ECB, quella medio lunga, a parte rrisentire del movimento dei tassi US, va a prezzare un aumento delle attese di inflazione, grazie ad un € più debole.
** Pesanti le commodities, infastidite dal $ forte.

Considerazioni personali a caldo:

** La forza del dato mi sorprende poco, in quanto mi attendevo un rimbalzo, che riportasse la crescita occupazionale più in linea con quanto indicato dalle  survey (leggi ISM non manufactoring) ed altre serie occupazionali che segnalavano solo un moderato rallentamento. Ricordiamoci che questa è una serie inefficiente e volatile e prendere alla lettera i risultati è pericoloso.
** Sono più  sorpreso della filosofia, con cui, fin qui, il azionario globale accetta il fatto che, salvo nuovi colpi di scena, a Dicembre avverrà il “liftoff”, con tutte le conseguenze che ne derivano per divise e tassi. Come noto il $ forte colpisce gli USA via canale estero e gli emergenti via flussi di capitale, lievitazione del debito denominato in $, calo delle commodities di cui molti sono esportatori, etc etc. La percorribilità dell’attuale stance Fed dipenderà molto da  come l’azionario sopporterà questa nuova ondata. tra l’altro, Lunedi avremo il nuovo dato sulle riserve valutarie cinesi.
** Nel breve, la price action in particolare in Europa, resta incoraggiante. Ciò detto, le novità  odierne mi rendono guardingo. La borsa US ha recuperato il 12% nello spazio di 40 giorni, ed è al cospetto della resistenza costituita dai massimi storici, testati innumerevoli volte nel 2015 (2115-2130 area di S&P500). Mi pare difficile che questa soglia possa essere superata in tempi brevi, con l’equity US gravato dal $ forte e dall’imminenza di un inizio di serie di rialzi. Se succedesse, sarebbe un ottimo segnale.
L’Europa si trova di fronte ad una situazione assai più favorevole, e può senz’altro recuperare in relativo vs US (in questo senso, la performance odierna è, finalmente, esemplificativa). Ciò detto, difficilmente potrà andare in controtendenza, in caso Wall Street entrasse in una correzione (che coinvolgerebbe a maggior ragione gli emergenti).
Tatticamente, ritengo saggio usare un po’ di cautela.