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La trimestrale boom di Nvidia ridà slancio a Wall Street

Ricomincio a commentare dopo 3 giorni lontano dai mercati per motivi personali, e nel frattempo il sentiment si è incupito. Che è successo?
Intanto, l’ottimismo sul debt ceiling che aveva contribuito a produrre il breakout è scemato, perchè le parti sembrano ancora parecchio distanti. E poi sembra evidente che qualsiasi accordo implicherà significativi tagli alla spesa per compiacere i Repubblicani.
In secondo luogo, i dati sull’attività, in Europa in particolare, sono risultati ancora deludenti. Il manifatturiero si è ulteriormente contratto, e se i servizi hanno generalmente accelerato (tranne in Francia e UK), il divario col manifatturiero si è ampliato.

Il dato aggregato EU è calato, a indicare un deterioramento dell’attività in Francia e nel meridione europeo, che finora era stato trainante. Il ritmo di crescita resta decente, ma è interamente prodotto dai servizi mentre il manifatturiero va sempre peggio.  E i prezzi in input si sono ulteriormente raffreddati, mentre quelli in output hanno leggermente accelerato. Ieri l’IFO tedesco ha deluso parecchio un consenso che già lo vedeva in ridimensionamento, a causa di un calo di oltre 3 punti della componente expectations.

Infine, a prescindere dal tono dell’attività e dei dati inflattivi, la retorica dei membri Fed, ECB e BOE resta aggressiva, cosa che ha prodotto una continuazione del rialzo dei rendimenti, con la collaborazione di dati inflattivi in UK decisamente forti (ieri il CPI ha superato anche la stima più elevata, terminando a 1.2% sul mese di aprile, contro un consenso medio di +0.7%).
Tutto ciò ha prodotto una prima parte di settimana decisamente negativa sull’azionario, con i principali indici che hanno cancellato (al momento) il breakout della scorsa settimana e si sono riportati nella parte bassa del loro range. Il movimento ha avuto il suo fulcro ieri, con l’Eurostoxx 50 e il Dax in calo rispettivamente dell 1.8% e del 1.92%, e l’S&P 500 e il Nasdaq 100 rispettivamente dello 0.73% e dello 0.5%.
Dopo la chiusura, i risultati bomba (soprattutto sull’outlook) di NVIDIA hanno prodotto un violento rimbalzo dei futures USA, in particolare del Nasdaq 100, visto che il colosso dei chip ha fatto un +25% in aftermarket, e il suo peso pre earnings nell’indice era del 5.5% e nell’S&P 500 del 2.2%.

La seduta asiatica ha dovuto fare i conti con la (solita) pessima vena del China Complex, che ha scontato la debolezza dei mercati occidentali di ieri molto di più del balzo del tech aftermarket. Hong Kong e HSCEI hanno ceduto oltre il 2% mentre i mercati locali (Shenzen e Shanghai) hanno in effetto chiuso solo marginalmente negativi. Male anche Sydney, Seul e Jakarta, mentre Tokyo, Taiwan, Vietnam e India hanno mostrato moderati progressi.
Sul mercati cinesi hanno pesato le ipotesi di nuova ondata Covid, giunte alla vigilia di un week end lungo che ha messo fretta agli investitori (domani a Hong Kong è Budda Birthday).

L’apertura europea ha visto gli indici tentare di fattorizzare il rimbalzo dei futures USA. La cosa è durata poco e dopo un ora da inizio contrattazioni erano tutti tornati in negativo.
C’è da dire che i dati macro in Eurozone continuano ad essere bruttini.

La stima finale del GDP tedesco del primo trimestre dell’anno ha visto un calo inatteso di 0.3%, che colloca la Germania in una recessione tecnica (2 trimestri consecutivi di contrazione) visto che il quarto trimestre del 2022 si è chiuso con un -0.5%. Alla fine quindi la famosa recessione invernale, prima chiamata, poi negata, c’è stata, anche se non è certo una cosa da strapparsi i capelli.

Un chiaro esempio del periodo particolare in cui viviamo, è il fatto che il Dax abbia segnato i massimi storici i giorni scorsi, a fronte di una crescita in stagnazione a 12 mesi, e in contrazione netta, se pure modesta, negli ultimi 6. E non si può nemmeno dire, dati in mano, che il trend sia in miglioramento, visto che gli ultimi numeri (retail sales, produzione industriale, ordinativi) di marzo sono stati un mezzo disastro, e i PMI di aprile e maggio (flash) hanno visto i servizi accelerare, ma il manifatturiero contrarsi a ritmi maggiori. Eventualmente il mercato sconta che sarà il manifatturiero a fare catch up?
C’è da considerare che i profitti hanno continuato a tenere, complice la capacità di girare al cliente anche più degli aumenti sopportati (vedi la divergenza tra input e output prices evidenziata sopra). E’ sostenibile? Vedremo, ma dubito.
Maluccio anche la GFK confidence tedesca di giugno e gli indicatori di confidence in Francia a maggio.
Così il mercato azionario è rimasto a consolidare attorno alla parità, con il settore tech a trainare e i rates sensitive e l’energy in calo. L’€ ovviamente ha continuato a risentire del quadro macro poco attraente, e i bonds sono rimasti chiusi tra il sentiment opaco, la hawkishness dei membri ECB, e gli effetti delle sorprese inflattive UK che hanno colpito duro i Gilt.
*ECB’S GUINDOS: WAGES, PROFITS POSE UPSIDE RISKS TO INFLATION
*ECB HIKES MAY TAKE LONGER TO HIT ECONOMY THAN IN PAST: VILLEROY
*ECB RATES ARE CLEARLY IN RESTRICTIVE TERRITORY, VILLEROY SAYS
*ECB HAS ALREADY COMPLETED MOST OF RATE-HIKE JOURNEY: VILLEROY
*ECB RATES SHOULD REACH PEAK IN NEXT THREE MEETINGS: VILLEROY
*ECB’S KNOT: NO SIGN THAT UNDERLYING INFLATION IS ABATING
*KNOT: ECB WILL HOLD RATES AT PEAK FOR ‘SIGNIFICANT’ TIME
*ECB’S KNOT: NEED RATE HIKES IN JUNE, JULY; OPEN MINDED ON SEPT.
*KNOT: MOST OF THE IMPACT OF TIGHTENING STILL IN THE PIPELINE

Nel primo pomeriggio un po’ di dati in US:

Sorvolando sul Chicago Fed di aprile, una media di 85 indicatori macro del mese, i sussidi di disoccupazione si sono normalizzati, a dimostrazione che il grosso del balzo era dovuto alle truffe in Massachusets. Il trend di rialzo dal 2022 resta, ma è molto più modesto di quanto si ritenesse 2 o 3 settimane fa. Il GDP USA del primo trimestre 2023 è stato rivisto moderatamente al rialzo grazie a consumi e investimenti e un ridotto impatto negativo delle scorte. I dati relativi ai prezzi sono stati rivisti al rialzo, un’altra cosa che ha messo pressione ai prezzi.
Deludenti le pending home sales, che sono risultate invariate sa aprile sui livelli di marzo, mentre il Kansas Fed manufacturing è uscito meglio delle attese. Dati minori, oppure “vecchi” come la revisione del GDP. Ma comunque in aggregato migliori delle attese.
Wall Street è stata però dominata dall’impatto a cascata della trimestrale di Nvidia, con il titolo a +25-28%, i semiconduttori in fiamme (Philadelphia Semiconductor Index +6%), il Nasdaq 100 + 2.4% e l’S&P 500 a seguire, con progressi tra il mezzo punto e il punto. Certo, la breadth lascia a desiderare, con più di metà dei titoli dei 2 indici che scende (in una giornata da +2.5% e +0.9% al momento). Difficile prevedere il decorso di questa ultima “febbre”. Nvidia saliva già del 120% da inizio anno, ed ora è a +175%, oltre il massimo di fine 2021. Il movimento odierno l’ha portata a 180 volte gli utili e 37 volte il fatturato, valutazioni davvero da bolla. Una normalizzazione di questi ratio richiederebbe un esplosione delle vendite tale da richiedere che Nvidia sia monopolista dei chip AI nei prossimi anni, come mostra questo grafico di Real Investment Advice.

Ma abbiamo visto Tesla e quindi sappiamo che questi movimenti parabolici possono durare anche parecchio. E’ però ironico che oggi Intel sia tra i titoli peggiori (-5%), in calo di quasi il 50% da inizio anno, considerando che nel marzo del 2000 raggiunse valutazioni record di 60 volte gli utili e 14 volte il fatturato (ora è 2X).
Wall Street è rimasta più o meno sui livelli di apertura, con i rialzi costituiti quasi esclusivamente dall’impatto di Nvidia sugli indici per la prima parte della seduta. Gli indici continentali hanno chiuso con cali marginali, e l’Eurostoxx 50 su di un paio di decimali. I rendimenti sono saliti in maniera significativa, spinti dalle dichiarazioni spericolate di Knot e C., mentre l’€  non ne ha beneficiato. Pesanti le commodities, guidate dal petrolio, dopo che la Russia ha sconfessato i moniti dell’Arabia (*SAUDI ENERGY MINISTER TELLS OIL SPECULATORS TO ‘WATCH OUT’) sostenendo che difficilmente al prossimo meeting OPEC + verrà tagliata ulteriormente la produzione (e si sussurra che non abbia nemmeno rispettato il taglio). L’Indice Bloomberg delle commodities (ex CRB) è tornato sotto 100 per la prima volta da gennaio, cancellando il rally dell’anno.
Dopo la chiusura Wall Street ha tentato una sortita, forse allettata da qualche news sul debt ceiling (*BIDEN: I BELIEVE WE’LL COME TO AN AGREEMENT, *BIDEN: WE ALL AGREE THERE WILL BE NO DEFAULT   ) ma ora la fase positiva è parzialmente rientrata. I rendimenti USA però salgono forte, con il 2 anni che approccia il 4.5%. Ormai un rialzo dei Fed Funds è scontato al 50% per il 14 giugno, e al 95% per il FOMC del 26 luglio. Siamo tornati a prezzare rialzi, grazie alla retorica di alcuni membri Fed. Continuiamo così…