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Lampi di Colore – 8 Luglio 2015

Tanto tuono’ che piovve.
La volatilità dell’azionario cinese, a rimasta a lungo confinata nei mercati nazionali e affini (Hong Kong), ma mai debellata, alla fine è riuscita a contagiare l’azionario dell’area asiatica e quello globale

Ieri sera, a mercati europei chiusi, le notizie sul fronte greco avevano alimentato un significativo recupero del sentiment. In sostanza, il Summit dei capi di stato si è concluso con la convocazione di un nuovo Eurogruppo per sabato, e un Summit allargato a tutti i membri EU. La risoluzione presa è stata di concedere alla Grecia fino a domani per presentare una richiesta di nuovo programma, corredata da riforme che la rendano accettabile dai Leaders. In questo caso verranno ufficialmente aperte negoziazioni e verrà accordato un prestito ponte per finanziare la Grecia per il periodo necessario alla produzione e approvazione del piano. Diversamente, Junker ha dichiarato che la strada diventa quella di un’ uscita della Grecia dall’€. Malgrado questa sia un ipotesi assai sgradita all’EU, Junker ha dichiarato che esiste già un piano “dettagliato” per gestire l’uscita.

Questa prospettiva è indubbiamente piaciuta ai mercati, vuoi perchè mantiene la possibilità di giungere ad un accordo, vuoi perchè contiene una deadline apparentemente definitiva, che farebbe eventualmente cessare il periodo di incertezza. Cosi l’azionario US ha invertito la marcia per chiudere positivo (+0.6%) mentre i future europei sono tornati in positivo nell’after hour, lasciando sperare in un apertura in gap up per oggi.

Nossignore.

Nella notte, in barba alle misure varate, l’azionario cinese è andato completamente in pezzi. Gli indici locali hanno aperto intorno al -8%, e apparentemente oltre la metà dei titoli sono stati sospesi dalle contrattazioni, parte per eccesso di ribasso, parte prima ancora di aprire. Le frenetiche misure per arrestate il crollo sono appena riuscite a far rimbalzare un po’ le parti di indici che scambiavano. I Regulators hanno alzato i margini per la vendita dei futures, ordinato alle aziende statali di non vendere le partecipazioni e incrementato gli acquisti.

Un disastro del genere, che segue un -25% in poco più di un mese, non poteva non esondare, e cosi è stato. Se gli indici locali hanno chiuso con un -6% circa (ma bisogna capire come impattano sospensioni e freeze), Hong Kong ha mostrato variazioni simili, mentre il resto dei principali indici ha chiuso intorno al -3%, ad eccezione di India (-1.75%) e Australia(-2%).
A preoccupare, è l’impatto del crollo sul sistema bancario nazionale, assai esposto, e sulla traballante economia cinese, attraverso le condizioni finanziarie e il wealth effect. Dovesse il gigante asiatico deviare dal percorso di crescita stabilito dai leaders, l’intera economia mondiale ne risentirebbe. Segnali di questi timori si riflettono nel crollo delle commodities. Forte sofferenza dei settori lusso, e auto, che tanto contano sulla domanda cinese.
Oltre a ciò, abbiamo i consueti canali di propagazione degli shock. Tokyo ne è la dimostrazione. La risk adversion ha prodotto un rally dello Yen e la borsa non ha gradito. Il ritorno sotto 20.000 punti del Nikkei ha causato una cascata di stop loss.
Su queste basi, l’apertura europea è avvenuta sui livelli di chiusura di ieri o poco sopra, mentre i future di Wall Street indugiavano giù di oltre un punto percentuale.

Parecchio atteso era il discorso di Tsipras al parlamento Europeo di oggi, a caccia di indizi sulle sue intenzioni. Ma il Premier Greco ha per lo più ribadito concetti già espressi, aggiungendo solo che porterà proposte assai dettagliate nei prossimi 2 giorni.
In mattinata sia Visco che Nowotny hanno chiarito che vedono domenica come uno spartiacque. Il primo ha dichiarato che il supporto può continuare solo se ci sono prospettive, e il secondo che se non c’è accordo per domenica la situazione diventerà insostenibile. Facile immaginare che in assenza di sviluppi, l’ELA verrà tolta lunedi.

A metà giornata è giunta notizia che la Grecia ha fatto richiesta formale di un nuovo programma all’ESM, corredandolo con una generica promessa di fare una riforma delle pensioni e del fisco. I dettagli stanno venendo prodotti in queste ore e dovrebbero essere inoltrati giovedi sera. Apparentemente, la notizia ha aiutato un sentiment che comunque era migliore di ieri in giornata, se è vero che nonostante la Cina l’azionario europeo galleggiava in moderato guadagno, guidato dalle banche e da Milano. In questo clima di marginale ottimismo, l’€ ha recuperato contro $, perchè un accordo allontanerebbe la prospettiva di un QE rafforzato, o perchè gli acquisti di Yen mettevano sotto pressione il biglietto verde, e i bond periferici hanno mostrato forza tutto il giorno, a differenza del Bund che ha restituito un po’ del “flight to quality”. Il risultato è uno spread in calo di ben 8 BPS a 154, quasi il livello di venerdi scorso.
Positivo anche il finale dell’Equity, con l’Eurostoxx  in recupero dell’ 1% e Milano addirittura del 2.5%. E questo nonostante una Wall Street pesante (-1.1% mentre scrivo). Speranza di un accordo in extremis? Può essere. Ma forse anche un po’ sollievo di vedere la fine, in un modo o nell’altro, di questa vicenda. Anche perchè, come mostra forza dei bond periferici osservata nell’ultimo periodo, gli investitori si attendono che, tra i principali “dettagli” del piano citato da Junker, vi sia un cospicuo aumento delle misure ECB.
Vedremo a breve se Tsipras vuol rimangiarsi le promesse del referendum (in fin dei conti quelle sulla riapertura delle banche e sul deal in 48 ore son state già ampiamente sconfessate) e accordarsi, o gettare il paese in un periodo di caos, con la risoluzione del sistema bancario e il ritorno alla Dracma. Ormai quasi tutte le previsioni dei principali osservatori assomigliano ad un 50/50, coi marginali pessimisti che superano gli ottimisti.

Riguardo la Cina, sono abbastanza convinto che le autorità riusciranno ad arrestare la frana. Come noto, non si fanno troppi problemi di moral hazard quando si propongono questi obiettivi. Ad esempio, oggi il regulator ha candidamente annunciato che ai possessori di partecipazioni superiori al 5% nelle aziende quotate è vietato di venderle per 6 mesi, il che difficilmente può essere considerato dimostrazione di deregulation finanziaria (CHINA SECURITIES REGULATOR SAYS SHAREHOLDERS WITH OVER 5 PCT OF SHARES CANNOT REDUCE STAKES IN NEXT 6 MTHS).
Per quanto riguarda l’impatto sul ciclo, le autorità dispongono ancora di parecchio spazio in termini di politica monetaria e fiscale per rimettere in carreggiata il ciclo.
I problemi sono il timing, e i costi. Il primo è cruciale per capire quando Shanghai allenterà la presa sull’area e i mercati globali. Circa i secondi, è chiaro che la manipolazione dei mercati vanifica in parte gli sforzi fatti per aprirli agli investitori internazionali.
Personalmente, mi aspetto che l’entità della capitulation osservata nelle ultime ore e gli sforzi delle autorità produrranno una stabilizzazione degli indici entro le prossime 2/3 sedute.
Vediamo.