Ripresa dopo la pausa pasquale (ieri gli USA erano aperti ma i volumi ridotti, ai minimi da fine 2015) su toni tranquilli e attività ancora ridotta.
In realtà, i giorni scorsi non sono stati avari di sorprese. Intanto il GDP US del quarto trimestre 2015 è stato rivisto a +1.4% annualizzato, principalmente grazie alla spesa per consumi (rivista a +2.4% da +2%) e a maggiori esportazioni. Nulla di spettacolare, ma se si pensa che la prima stima era ferma a un misero +0.7% e la seconda mostrava un +1%, appare evidente che la coda del 2015 in US non è stata cosi scarsa come si credeva. A parte ciò, il fatto fa riflettere su come le revisioni cambiano totalmente il significato dei dati. Un esempio di quest’effetto lo stiamo notando anche nel primo trimestre del 2016: sembrava che i consumi avessero iniziato l’anno con un buon tono, ma le successive revisioni alle retail sales di gennaio (da +0.2% a -0.4%) e al personal spending del medesimo mese (da +0.5% a +0.1%) sembrano indicare diversamente (anche se ora sappiamo che la base di partenza era più alta). Ne consegue che basarsi sul singolo dato, specie quando risulta particolarmente sorprendente, è un azzardo.
Restando in tema di macro US, le survey regionali di marzo sembrano unanimi nel segnalare una significativa stabilizzazione del manifatturiero. Dopo Empire NY, Richmond e Philly FED, anche Kansas FED e Dallas FED hanno fatto segnare significativi rimbalzi (rispettivamente +6 punti a -6 e +22 punti a – 13.6). Il quadro è fotografato dal seguente grafico, che evidenzia la coralità del balzo.
All’appello mancano Milwakee e Chicago PMI prima dell’ ISM manufacturing di venerdi, che cattura l’intero paese. Le attese sono per un ritorno della survey survey sopra 50.
Venendo alla giornata odierna, la seduta asiatica ha mantenuto un tono incerto. L’accelerazione dei profitti industriali cinesi osservata in Gennaio-Febbraio non ha allettato gli investitori, a giudicare dalle performance di Shanghai nelle ultime 2 sedute. Sul sentiment ha pesato la conferma di nuove restrizioni sul real estate , istituite la scorsa settimana per contenere la recente salita dei prezzi. Ora il focus passa sulle survey e i dati di marzo, concentrati nella prima quindicina del mese (PMI, aggregati monetari e dati macro).
Parimenti, Tokyo non ha beneficiato del recente indebolimento dello yen. Stamattina labour market report e retail sales di febbraio hanno deluso le attese. Il mercato ha tenuto, puntando alla conferenza stampa di ABE prevista in serata, dalla quale ci si attendeva qualche novità sul fronte fiscale. Il primo ministro giapponese ha dichiarato che l’aumento IVA avrà luogo tra 12 mesi, ma che ci potrà essere un anticipazione della spesa pubblica prevista dall’attuale budget. Ha inoltre confermato che si sta perseguendo una coordinazione tra le politiche monetarie ed economiche, per rafforzare la ripresa.
All’apertura, le borse europee hanno provato a capitalizzare il recupero di Wall Street di giovedi sera, e la stabilità di ieri, ma è durato poco. Al tono opaco ha contribuito la rinnovata pesantezza del petrolio, che prosegue la correzione inaugurata la scorsa settimana. Molti guardano giustamente al livello delle scorte come catalyst: difficile andare sopra 40 $ senza un segnale di inversione di tendenza su quel fronte. Detto ciò, l’ammontare di scetticismo sul rally dell’ultimo mese e mezzo, avvenuto nonostante le scorte, e che quasi nessuno aveva visto arrivare, è notevole.
Le notizie relative a Carige hanno causato una breve fiammata di entusiasmo sul settore bancario italiano ed europeo, stemperatasi con altrettanta rapidità.
Senza entrare troppo nel merito, osservo che il mercato sta prendendo l’offerta di Apollo come se fosse la conferma che i non performing loans valgono davvero il 17/18% del valore facciale, il che lascia effettivamente buchi in parecchi bilanci, visto il livello medio di copertura. Peraltro, da semi profano (non sono un analista bancario), quello di Apollo mi sembra più il furbo tentativo di comprare la maggioranza di un istituto bancario regionale ripulito, utilizzando, per larga parte dell’investimento necessario, il margine che si pianifica di fare sui suoi suoi non performing loans. Come tale, mi pare da un lato un offerta soggetta a eventuali controfferte di altri interessati, e dall’altro un abbozzo di soluzione per alcuni altri istituti “problematici”. Come tale, in generale una buona notizia per il settore bancario nazionale. Ma magari mi sbaglio.
Allargando il quadro, si nota come le banche europee abbiano restituito interamente il rally post ECB, e al momento si trovino sotto i livelli pre annuncio delle nuove misure, pur distando ancora un buon margine dai minimi di metà febbraio.
In altre parole, il mercato attribuisce al momento efficacia modesta alle TLTRO e agli acquisti di credito, continuando a scontare una redditività in crisi per gli istituti.
Mi pare esagerato. Intanto il cost of funding è assai sceso dai livelli di febbraio, e sembra destinato a scendere ancora grazie all’effetto delle misure ECB su spread e costo della liquidità. E poi le dinamiche del credito continuano ad essere discrete, il che offre un buon abbrivio all’ingranare delle misure: la crescita del credito al settore privato ha fatto segnare il massimo dal 2010 a febbraio in Eurozone (+ 41 miliardi pari a +0.9% da prec +0.6%, ovvero + 33 miliardi di gennaio)
Perso il risk appetite iniziale, la price action si è trascinata nel pomeriggio, complice una Wall Street a sua volta poco collaborativa, fino alla testimonianza della Yellen, avvenuta a mercati europei chiusi.
La Presidente FED è stata davvero accomodante, sconfessando in toto la retorica dei membri FED che l’avevano preceduta in questi giorni. Nel discorso, preparato per l’Economic Club of New York, ha chiarito che il FOMC deve essere estremamente cauto nell’alzare i tassi, e ha sottolineato varie volte il peggioramento del quadro macro globale e in particolare le incertezze derivanti da quello cinese. La Fed ha ancora molte opzioni per erogare easing monetario anche se i tassi tornassero a zero, ma deve tener conto dell’asimmetria della situazione: se l’economia accelera la leva dei tassi sarà assai efficace per stabilizzarla, mentre se rallenta, lo spazio sui tassi è poco. E non è chiaro se il recupero dell’inflazione sarà duraturo.
Interessante l’accenno alla funzione stabilizzatrice della curva dei tassi. Con la loro discesa, i rendimenti a lunga hanno ammortizzato gli effetti negativi dell’inasprimento delle condizioni monetarie seguito al peggioramento del quadro macro globale.
Comprensibile la reazione dei mercati, con Wall Street che ha rapidamente svoltato in positivo, il dollaro che ha perso terreno contro tutte le divise, e i treasuries che hanno accelerato la salita, in particolare le scadenze intermedie. Soddisfazione dal mondo emergente (vedremo domattina l’Asia), mentre i futures europei e giapponesi seguono con meno entusiasmo.