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Lampi di Colore

Niente. Nemmeno stavolta Kuroda si è lasciato commuovere. La BOJ ha lasciato invariata l’entità degli acquisti (8 voti a 1). Le previsioni su inflazione sono state abbassate, e il raggiungimento del target di inflazione spostato al 2017, sottolineando che il ritardo dipende dal petrolio.
Nella conference, Kuroda ha versato altra acqua sulle speranze del mercato, dichiarando che il target di inflazione può essere raggiunto con le attuali misure, e ribadendo il  suo scenario ottimista, caratterizzato da ripresa moderata e prezzi escluso energia in salita. Non che anche i dati odierni lo abbiano supportato più di tanto, con consumi e nuovi cantieri di settembre sotto consenso. Ma è pur vero che il  CPI core di settembre è uscito sopra attese.
Interessante la reazione del mercato, che non ha accusato la delusione se non per i primi istanti. Anzi, Tokyo ha chiuso positiva, sui massimi da fine agosto, e lo yen ha mostrato forti oscillazioni ma scarso trend. Se ne ricava l’indicazione di un posizionamento per lo meno bilanciato, se non vagamente difensivo.

La reazione delle borse cinesi alle news del Plenum è stata fin qui tiepida. Eppure, al di la dei consueti propositi di innovazione, liberalizzazioni e rafforzamento della social security, il  rilassamento delle politiche demografiche e l’accenno al rafforzamento dello stimolo mirato mi sembravano aspetti degni di nota.
Ma forse il perdurante il clima d’attesa è dovuto all’incombere del PMI manifatturiero ufficiale di ottobre, seguito a distanza di un giorno dal più volatile PMI markit preliminare. Se settembre ha marcato la fine del deterioramento, con entrambe le survey in marginale salita, da ottobre ci si attende un leggero miglioramento, che avvalori la stabilizzazione del sentiment nell’area. Vedremo. Nel frattempo lo Yuan si è riportato sui massimi post svalutazione di agosto, apparentemente grazie non solo alle autorità, che mirano ad entrare nel paniere SDR a novembre, ma anche a smontamenti di posizioni ribassiste contro dollaro di chi puntava a un crollo della divisa cinese.

Trimestrali un po’ più bilanciate hanno permesso all’Europa un’apertura positiva, ma le banche hanno ripreso rapidamente a zavorrare i listini, e a metà mattinata eravamo nuovamente in rosso.
Sconfortante, di recente, la performance del settore, che ha perso significativamente in relativo con l’indice generale.  Tra i motivi, alcune trimestrali deludenti (ma oggi BNP è andata in controtendenza) e  il dibattito sul rafforzamento dei ratio patrimoniali e il risk weighting di alcune categorie di asset, a  cui si è recentemente aggiunta laprospettiva di un ulteriore discesa in negativo del depo rate ECB. Infatti la remunerazione negativa dei depositi viene vista un po’ come una tassa per gli istituti, che dispongono di enormi ammontari di liquidità da dare all’ECB o investire in mercati monetari ormai a rendimenti negativi.
Personalmente, ritengo che il settore su questi livelli sconti uno scenario abbastanza negativo. Il contraltare dei tassi bassi, e dei depo negativi è la ripresa macroeconomica, che impatterà sulla qualità degli asset in bilancio, e sulla domanda di credito (lo si vede di già). I profitti dovrebbero risentirne a breve. La supervisione ECB, ormai a regime, mette al riparo da eventuali sorprese.
A metà mattina, il CPI europeo preliminare di ottobre è uscito a 0% in linea con le attese, ma il dato Core ha sorpreso in positivo riportandosi all’1%, a ricordare che la disinflazione europea dell’ultimo periodo è principalmente un fenomeno petrolifero.

Nel pomeriggio, dati assai misti in US. Sul fronte prezzi, l’ Employment Cost Index non ha riservato sorprese, mentre il PCE deflator core (misura prediletta della FED) si è confermato a 1.3%, sotto attese per 1.4% e quanto mai lontano dal target. Deludenti reddito e spesa di settembre mentre il Chicago PMI di ottobre è rimbalzato violentemente (56.2 da prec 48.7 e vs attese per 49) grazie a impennate dei sottoindici production e new orders. Sotto attese la U. of michigan consumer confidence.
A latere, al Parlamento US si sono accordati sul budget e il tetto al debito scongiurando definitivamente lo shut down.

Nel pomeriggio, il mercato dei cambi è sembravo voler cancellare l’intera reazione al FOMC, con il dollaro in ritirata su tutti i fronti. La divisa unica si è issata fino a livelli pre-FOMC, con irritazione dell’azionario europeo, che ha continuato a perdere terreno nei confronti di una Wall Street laterale. Poi,  dopo il contatto col livello tecnico di 1.1070,  l’€ ha bruscamente invertito la marcia e ciò ha contribuito a ridare verve all’azionario continentale, concedendo all’Eurostoxx di chiudere sopra il livello di 3400, e a contatto con la resistenza in area 3420. In generale i principali mercati restano ben impostati tecnicamente.
Resta il fatto che il Dollar Index ha restituito quasi integralmente i guadagni messi a segno dopo il FOMC, un ulteriore prova che il mercato dubita dei propositi di Yellen e C. per dicembre.

In generale, una settimana di consolidamento per l’azionario globale, dopo i forti guadagni di quella scorsa. Considerando che abbiamo avuto una Fed significativamente più aggressiva delle attese, e nulla di fatto dalla BOJ, c’è da essere soddisfatti del risultato. E ancor di più per il mese che si chiude oggi, il migliore, come performance, da parecchio tempo, per un buon numero di indici.
Un po’ sorprendente la lieve outperformance di Wall Street, sulla carta ostacolata da una politica monetaria meno espansiva e una divisa forte, rispetto all’Europa, con divisa debole e in prospettiva altro stimolo monetario. Personalmente me lo spiego soprattutto col positioning, bilanciato sull’azionario US, e un po’ più lungo, per buoni motivi, in Europa. Oltre a ciò vi è il diverso contributo dei rispettivi settori bancari.
Resto convinto che gli indici europei debbano fare meglio di quelli US nei prossimi mesi.