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Lampi di Colore – 25 Giugno 2015

Un altro giorno passa, apparentemente, senza un accordo tra la Grecia e i suoi creditori. Nel frattempo, il flusso di headlines relative alla vicenda è diventato un fiume in piena, in grado di inghiottire quasi ogni altra questione.

Ieri sera, un inasprimento dei toni, a mercati europei chiusi, ha presumibilmente contribuito alla seduta negativa di Wall Street ( -0.75%) e pesato un po’ sul sentiment globale. Il succo delle news era che le proposte di parte creditrice sono state giudicate inaccettabili dal Governo Greco. L’Eurogruppo è stato sospeso (una cosa a cui faremo l’abitudine oggi) e aggiornato ad oggi a mezzogiorno per permettere ai tecnici ulteriori trattative. Il mercato aveva fatto la bocca ad una bozza di accordo da presentare oggi al Summit dei leaders. Di qui la delusione.

La seduta asiatica ne ha marginalmente risentito. Tokyo (-0.45%) ha consolidato il record, facendo eco alla debolezza US. Gli indici locali cinesi, dopo aver tenuto nella prima parte di seduta, sono affondati nel finale (Shanghai – 3.5%). In assenza di catalyst credibili si è parlato ancora di pressione sui margini degli operatori retail a leva. Effimero l’effetto della possibile eliminazione del tetto al loan-to-deposit ratio bancario (lo HSCEI, pieno di banche cinesi, ha perso l’1.5%).

L’inasprimento di toni di ieri sera ha prodotto un apertura negativa in Europa, ma la ripresa delle trattative ha rapidamente ripristinato il sentiment di ieri. A metà mattinata numerose indiscrezioni hanno riportato che a Tsipras era stata dato un ultimatum: presentarsi entro le 12.00 con una proposta, o vedersi fare dai creditori una proposta “prendere o lasciare”. Il fatto che il mercato abbia continuato a recuperare mostra quanto la comunità degli investitori desideri la fine di questa storia.

Alle 12 circa, colpo di scena.
Sono comparse una serie di headlines dal significato ambiguo: le istituzioni si erano accordate sulla Grecia (la headline incriminata *INSTITUTIONS  UNANIMOUSLY AGREED ON GREECE PAPERS: EU OFFICIAL). Balzo dei mercati, salvo poi rendersi conto che l’accordo era, eventualmente, tra i creditori, mentre la Grecia non aveva accettato alcunchè. Graduale normalizzazione.

Il ritmo delle headlines si è fatto frenetico. Le principali:

  • Tsipras ha chiamato il Presidente greco per aggiornarlo sui fatti
  • Alle 15.30 l’Eurogruppo è stato sospeso, e alla notizia i mercati hanno corretto momentaneamente.
  • Tsipras si è detto fiducioso in un accordo.
  • La Merkel ha dichiarato che al Summit non si parlerà di Grecia finchè non vi sarà un accordo all’Eurogruppo
  • Infine l’Eurogruppo è stato dichiarato concluso, senza risultati, e ne è stato annunciato “probabilmente” un altro per Sabato. Il Presidente Dijsselbloem  ha dichiarato che sarebbe andato a aggiornare i leaders, che le Istituzioni avrebbero continuato a lavorare sulle divergenze, e che alla Grecia è sempre aperta la possibilità di accettare la proposta su cui i creditori si sono accordati. Se non altro, si continua a lavorare su 2 proposte, quella Eu e quella Greca.
  • La Merkel ha dichiarato che bisogna avere  un accordo con la Grecia prima dell’apertura dei mercati lunedi (gia sentito?)
  • Il Ministro delle Finanze maltese Scicluna ha dichiarato che tutti i suoi omologhi hanno chiarito a Varoufakis che l’Eurogruppo di Sabato sarà l’ultimo. Se non si avrà un accordo i Ministri inizieranno a esplorare “altre opzioni”.

Sotto quest’ondata di news, ultimatum e dichiarazioni, c’è da rimanere piacevolmente stupiti che i mercati europei abbiano chiuso pressochè invariati (Milano è addirittura salita di 0.85%). In calo lo spread BTP (- 5 bps a 122), mentre l’€ è rimasto inchiodato a 1.12 vs $.

L’impressione personale è che i toni perentori dei rappresentanti dei creditori stiano rafforzando la percezione del mercato che sono loro a disporre della mano più forte.  Mentre a Tsipras, stretto tra le ambizioni della sua piattaforma elettorale e il desiderio del suo popolo di evitare un default dalle molte incognite, il bluff sia scoppiato in mano.
Non a caso, le dichiarazioni di parte greca, almeno a giudicare da quanto riportato sui media, si sono fatte assai meno sprezzanti. Per farsi un idea dell’evoluzione dell’opinione pubblica in Grecia basta guardare a quella dei sondaggi. Se a inizio maggio il 52% degli intervistati riteneva che restare nell’€ fosse la priorità per il governo, ma il 70% riteneva che questo non dovesse violare le proprie direttive, la settimana scorsa il 70% ha espresso il desiderio di restare nell’€ a ogni costo.

Personalmente, ritengo che il margine di manovra per Tsipras sia finito. Attribuisco l’80% di probabilità ad un epilogo in cui il Premier greco si accorderà con l’EU (magari con la promessa di aprire un tavolo di trattative sulla ristrutturazione del debito) e passerà la proposta in parlamento con l’aiuto dell’opposizione. Il restante 20% si divide tra questi 2 scenari, equivalenti nelle conseguenze: 1) Tsipras ha fatto la sua ultima proposta, conscio che sarebbe stata rigettata, con il fine di attribuire il più possibile la colpa del default all’EU 2) Le pensioni sono un tabu’ troppo grosso per il Governo greco, e fanno affondare l’accordo a un metro dal traguardo.

Avendo attribuito una probabilità ridotta, ma non  trascurabile, ad un default greco, provo a delineare brevemente quelle che secondo me sarebbero le conseguenze.
Si è fatto un gran parlare dell’impatto simbolico e concettuale di un eventuale uscita dall’€ della Grecia (probabile epilogo di un default disordinato) sull’unione monetaria: creerebbe un precedente, minerebbe il dogma dell’irreversibilità dell’€, rendendo più vulnerabile l’Unione. Su questo punto osservo che da mesi si discute di un uscita della Grecia, con i principali leaders che hanno chiaramente modificato la loro dialettica da “L’€ è indivisibile” a qualcosa che si può riassumere con “Vogliamo la Grecia nell’€, ma sta ai Greci decidere se vi vogliono restare”. Dov’è questo dogma dell’irreversibilità? A mio parere una volta che la permanenza nell’unione monetaria dipende da una serie di eventi dall’esito incerto, il dogma è morto, e l’effettiva permanenza modifica di poco come questa unione viene percepita. Ciò di cui bisogna discutere è se l’unione può sopravvivere all’eventuale dipartita di uno dei suoi membri.
Nel breve, mi pare di poter rispondere affermativamente. Rispetto a 4 anni fa’ diverse cose sono cambiate:

  • L’esposizione alla Grecia è diminuita tantissimo, ed è localizzata quasi interamente sui bilanci pubblici. Quattro anni fa era assai più elevata e non si sapeva chi era esposto e in che misura, il che rendeva le banche e le altre istituzioni finanziarie diffidenti l’una nei confronti dell’altra, bloccando di fatto il sistema finanziario.
  • L’EU ha prodotto una lunga serie di schemi in grado di isolare il problema ed  evitare il contagio: L’ESM, l’OMT, gli stress test , la sorveglianza e le ricapitalizzazioni bancarie, il QE e le TLTRO

In questo senso ritengo che l’uscita della Grecia non produrrebbe più di una moderata fase di stress sui mercati, presumibilmente affrontata dalle autorità monetarie con ulteriori dosi di stimolo, e dai paesi membri con un aumento degli sforzi di integrazione.
Più difficile da valutare il rischio geopolitico, sebbene le recenti dichiarazioni di parte russa non lascino intendere particolare fervore imperialista.

A medio termine, ci sarebbe da discutere ampiamente se il fenomeno greco sia un one off, o non sia piuttosto un sintomo di un difetto di costruzione dell’€, destinato a replicarsi via via in altri paesi, un po’ come il collasso del più debole dei Broker -Dealers, Bear Stearns, ben lungi dal essere un problema localizzato, fu il sintomo della crisi di un business model.
Su quest’interrogativo, la risposta definitiva è assai lontana nel tempo.