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Lampi di Colore

Lampi di Colore 379

NB Lampi va in vacanza fino a Lunedi prossimo

Al terzo evento elettorale dell’anno, i sondaggi hanno fornito indicazioni utili (per quanto sottostimare di 10 punti il divario non possa certo essere definito un lavoro irreprensibile) ma azzeccare la reazione dei mercati si è rivelato un altro paio di maniche.

Sul risultato del Referendum non ho molto da aggiungere a quanto si legge in giro. La Disfatta di Renzi ha diverse sfaccettature, dall’identificazione del quesito col preponente, che ha compattato le opposizioni, alla qualità della riforma, un compromesso con chi poi ha contribuito ad affossarla, alla volontà dell’elettorato di rigettare quanto viene visto come un imposizione dell’establishment, come fu per il deal di Cameron con l’UE, e le proposte della Clinton rispetto a quelle di Trump.
Nell’enorme margine con cui è stata rigettata la riforma, c’è spazio per tutte queste e altre sfumature. Aggiungendo la massiccia affluenza, uno dei messaggi più chiari degli ultimi decenni da parte del Popolo Italiano.

Ed era proprio la dimensione della sconfitta del Governo a far temere reazioni inconsulte da parte del mercato, visto che l’esito negativo era più o meno previsto. Erano in molti a ritenere che la differenza, per i mercati, l’avrebbe fatta il margine. Invece, il positioning ha nuovamente avuto la meglio sulle news, sebbene si notino delle sacche di debolezza qua e la.

L’Asia, nonostante la lontananza, ha come al solito sofferto di più del resto le news del week end, essendo il primo mercato a doverle digerire. Pesanti i mercati cinesi, che hanno subito anche le ricadute della gaffe di Trump con Taiwan, e le crescenti tensioni sul fronte flussi di capitali. Positivo peraltro il PMI servizi (53.1 da 52.4 di ottobre) ai massimi da luglio 2015. Negativi il resto degli indici dell’area tranne l’India, che chiude alle 12 CET, e ha potuto giovarsi del rimbalzo del sentiment.

Già perchè 3 minuti  dopo l’apertura del cash europeo, alle 9 CET, l’ Eurostoxx era già in positivo, e l’indice italiano, che ha aperto intorno a -2% gravato dalle banche, lo era mezz’ora dopo, sospinto da frenetiche ricoperture. Schizofrenica la reazione del sottoindice delle banche, da -4.5 a +1% in meno di un’ora. Meno spumeggiante la reazione del BTP, il cui rimbalzo è stato arrestato dalla caduta dei bonds core.

Esito simile sulla divisa unica, che, avendo sfiorato 1.05 vs $, è tornata in linea con la chiusura di venerdi in mattinata, per poi rafforzarsi ulteriormente. Ne è andata meglio a chi ha selezionato lo Yen per speculare su una risk aversion post Referendum. La forza della divisa giapponese è durata lo spazio della seduta asiatica, e in mattinata era tornata sui minimi.

Ex post, si capisce che, nonostante l’inaffidabilità dei sondaggi, il posizionamento tattico era assai sbilanciato sul NO, e ben pochi avevano da ridurre  rischio di portafoglio a a risultsto acquisito. Le eccezioni erano in parte il BTP, dove l’incombere dell’ECB giovedi ha forse indotto gli operatori a evitare shorts troppo pesanti, e le azioni bancarie. Alcuni istituti presentano forse problemi troppo specifici per poter prendere sotto gamba il risultato del Referendum. Basti pensare che, nel pomeriggio, è giunta laprevedibile  notizia che la decisione sulla ricapitalizzazione del Monte dei paschi verrà fatta slittare di “3 o 4 giorni”.
Così, sulle banche nostrane le ricoperture si sono rapidamente esaurite, e per il primo pomeriggio, l’indice bancario italiano era tornato sui minimi di seduta, contribuendo a riportare in negativo il FTSE MIB e a levare un po’ di brillantezza all’Eurostoxx.

Nel pomeriggio, ci ha pensato Wall Street, eventualmente favorita dai buoni dati macro (ISM services ai massimi da ottobre 2015) ma anche da un dollaro in rapida discesa, ad aiutare le borse europee.
La giornata si chiude in maniera lusinghiera per gli asset continentali. Eurostoxx largamente positivo (+1.25%) solo Milano marginalmente negativa (-0.2%) tra i principali indici europei, Euro sugli scudi, Spread che allarga di una manciata di Bps. Solo alcune banche con passivi consistenti.

Tutto qui? Personalmente, ne dubito.
** L’entità della sconfitta ha escluso una permanenza di Renzi al Governo. Per il Segretario del PD si prospetta una resa dei conti interna al partito, dagli esiti incerti. Ne esiste alcun incentivo per il premier uscente, ad agevolare il lavoro dei suoi successori, dopo che l’opposizione e parte del suo partito la hanno avversato con tanta veemenza.
** Elezioni anticipate non costituiscono una soluzione. Con questa legge elettorale sarebbe impossibile garantire la governabilità,  e gran parte dell’attuale parlamento non ha alcun interesse ad andarvi (non prima di aver rimosso le macerie dello scontro). Naturalmente nulla vieta che questa sia la soluzione tra qualche mese, se la strada verso un nuovo governo dovesse risultare impercorribile
** Resta la possibilità di un governo sostenuto dalla stessa maggioranza di Renzi, guidato dal una personalità come Padoan o Grasso, con il compito di approvare la finanziaria, produrre un altra legge elettorale, e continuare a gestire la situazione bancaria. Un compito difficile per un governo che nasce debole, a termine, e con le forze politiche che iniziano da subito un aggressiva campagna elettorale improntata agli stessi temi che hanno guidato la vittoria del NO, consce che elezioni anticipate sono comunque una possibilità.
**  Ovviamente, l’ennesima risonante vittoria di schieramenti di indiscussa identità anti establishment, anti politica e anti € minaccia di alimentare ulteriori tensioni politiche in un Eurozone che vede nel 2017 elezioni in Francia, Olanda e Germania.

Le esperienze di Brexit e Presidenziali US  e probabilmente l’incombere dell’ECB giovedi hanno reso estremamente effimera la reazione a quest’evento, ma non credo che, in particolare gli asset italiani riusciranno a scrollarselo di dosso tanto facilmente. Per l’Italia la caduta di Renzi implica l’inevitabile  stallo sul percorso delle riforme (salvo la legge elettorale, che finirà per essere un compromesso difficilissimo tra le esigenze di tutti), e il ritorno ad un sistema che non funziona, poco importa se per “inefficienze costituzionali” o per come lo interpretano le forze politiche. Nel frattempo si son gettati via 2 anni, la situazione sulle banche si è aggravata, e la politica monetaria ha perso spunto (il che, ironicamente, rimanda la palla nel capo dei governi, nel caso dell’Italia al momento sbagliato). La congiuntura italiana non si è mai veramente ripresa e resta ostaggio di quella globale.

Venendo all’ECB, giovedi il consenso si attende un estensione del QE per 6-9 mesi, eventualmente con size invariata a 80 bln (ma potrebbe essere riportata a 60) e qualche modifica alle regole per ridurre l’effetto scarsità (come alzare il limite di emissuione dall’attuale 33% o eliminare il floor al depo rate). La piega presa dagli eventi in Italia potrebbe rendere il Governing Council più accomodante, ma difficilmente si interverrà a favore dei BTP in maniera strutturale, modificando la Capital Key.