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Il CPI USA di luglio è ancora benigno, ma i mercati restano sospettosi.


Nuova discesa per Wall Street ieri sera (mercoledì) con l’S&P 500 in calo dello 0.7% e il Nasdaq 100 di un più rotondo -1.12%. Il passivo è maturato nell’ultima ora di contrattazione, dopo che gli indici avevano recuperato le perdite iniziali in corso di seduta. Al rimbalzo delle banche europee seguito alle modifiche al decreto del Governo italiano non ha fatto eco quello delle banche USA, con il comparto in calo di oltre 1.5 punti. Male anche il big tech, con il tonfo di Nvidia. Questo lascia il Nasdaq 100 sotto la resistenza, e la media mobile a 50 giorni, come molti hanno osservato, anche se il CPI in uscita oggi lasciava il quadro aperto ad un ampia gamma di outcome. Alla vigilia del report di oggi, i rendimenti USA hanno chiuso sulla soglia del 4% (10 anni al 4.01%).

La seduta asiatica si è in parte scossa di dosso la negatività “made in US”. Dei principali indici solo Taiwan e Vietnam significativamente in rosso, e Mumbai e Seul marginalmente negative. Il China Complex è stato protagonista di un recupero che ha portato tutti gli indici (Hang Seng, HSCEI, Shenzen e Shanghai) in moderato guadagno. In progresso anche Tokyo e Sydney.
Sul fronte macro, prezzi alla produzione benigni in Giappone, anche se le revisioni lasciano il quadro invariato. La cosa rilevante è che anche qui, il PPI è sceso, anno su anno, ogni singolo mese del 2023

Più brutto delle attese il GDP del secondo trimestre nelle Filippine, mentre la Reserve Bank of India ha lasciato i tassi invariati come da consenso unanime.

La seduta europea ha visto una partenza costruttiva degli indici, ancora trainata dal rimbalzo delle banche. La mattinata era sgombra di dati, al di la di una revisione marginale al ribasso del CPI italiano di luglio, già noto dal dato preliminare. Così ci si è inseriti nel classico clima pre evento, aggravato dal fatto di essere ad agosto. Azionario in progresso, bond nervosi, e € in recupero.
Colgo l’occasione di questo vuoto di news per osservare un fenomeno che, da puramente annedotico qualche settimana fa, (avevo notato un affluenza molto scarsa di turisti nel Chianti, solitamente preso d’assalto tra luglio e agosto) sta progressivamente diventando conclamato: la stagione turistica italiana, prevista come un boom in primavera, si sta rivelando nella migliore delle ipotesi deludente, e a dar retta ai media (che esagerano sempre) un fiasco. E’ iniziata con report di voli più cheap ora di 2 mesi fa, e di affluenze sotto il potenziale, e via via si sta trasformando in un urlo di dolore. Il quadro è ben riassunto da questo pezzo di ieri del Sole 24 ore ( link Turismo, frenata improvvisa: domanda fino a -30%. Italiani in fuga per i prezzi) e il sentiment è rappresentato bene da quest’articolo sul Corriere di oggi ( link Rimini, il gran vuoto tra gli ombrelloni. Il sindaco: «Estate tra le più difficili degli ultimi 20 anni»). Il succo è che le presenze sono modeste, assai più basse delle attese, a mancare sono in particolare gli Italiani (ma anche i Tedeschi) e il motivo principale è l’esplosione dei prezzi, che ha dirottato alcuni su lidi più a buon mercato (gran boom dell’Albania) e ha indotto altri a rinunciare. Non sappiamo in che misura questo sia solo un problema italiano. E’ possibile che sia in gran parte localizzato, ma uno “sboom” in Italia non è coerente con un boom altrove, a mio modo di vedere. E ci sono pochi dubbi che le cose stiano andando male da noi, ormai.
Quanto è importante questo fenomeno, lo diranno i consuntivi in autunno. Detto questo, qualunque sia la sua dimensione, può essere un prodotto di prezzi esagerati, e sappiamo bene che ve ne è ragione, oppure un segnale che l’inflazione sta infine impattando sulle funzioni di spesa, che non è esattamente la stessa cosa, visto che finora i consumi avevano tenuto di fronte al lungo assalto dei prezzi. Sarà probabilmente una commistione delle 2 cause. Non depone comunque bene a favore della domanda, in Italia quanto meno. E ricordo che la Banca Centrale ha alzato i tassi anche all’ultimo meeting e gran parte di quel tightening deve ancora arrivare all’economia.
A metà seduta la trimestrale di Ali Babà ( link ) migliore delle attese, ha dato forza al tech cinese e un piccolo impulso ulteriore al sentiment.
Alle 14.30 i numeri.

Le letture sono benigne, con il CPI in linea ma, non arrotondato, sotto attese (0.167%) e il Core CPI idem, a 0.16%. la fine degli effetti base ha portato al primo dato anno su anno in salita dopo 12 cali consecutivi. Il dato core però è calato ancora.
Nel dettaglio, i core goods sono ancora in deflazione a -0.33%, grazie alle auto. I core services sono saliti (+0.35%) in gran parte a causa della componente shelter (OER +0.42%) che, pur scendendo, resta ancora elevata, e promette di avere un effetto calmierante anche nei prossimi mesi. Ex-shelter i core services sono saliti 0.2%. Tornando al discorso fatto sopra per Italia e Europa, particolarmente deboli sono stati i prezzi dei trasporti (biglietti aerei -8%) e dei ristoranti. Vedremo se si tratta di un segnale di indebolimento della domanda anche li. In generale un report che conserva segnali di disinflazione, anche se ad agosto si comincerà a fare i conti con il caro carburanti, temo. E un report che, insieme ai precedenti, indurrà la Fed a tagliare le previsioni di inflazione (come PCE hanno 3.9%), un atto in contrasto con la prosecuzione del rialzo dei Fed Funds, a cui peraltro il mercato attribuisce ora come ora una probabilità inferiore al 30%.
Sarà per quello che la prima reazione del mercato è stata assai positiva. I rendimenti sono calati, insieme al Dollaro e l’azionario è scattato al rialzo per accumulare progressi superiori all’1% per l’S&P 500 e 1.7% per il Nasdaq 100. Successivamente sono stati prima i bonds a restituire i moderati guadagni, e poi il rally a Wall Street ha perso vistosamente terreno, con i progressi degli indici ridotti a frazioni di punto.
La chiusura delle piazze europee, giunta prima che il rally USA evaporasse in gran parte, è decisamente buona, con Eurostoxx 50, Cac $0 e Ibex a mostrare progressi di 1.5% e Milano e Francoforte un po’ attardate attorno al +1%, la seconda frenata dai risultati di Siemens. Privi del supporto dei treasuries i rendimenti europei sono saliti, cosa che ha dato forza all’€. in correzione le commodities, con l’eccezione di alcuni metalli industriali e i grani.
Wall Street a 3 ore dalla chiusura oscilla qualche decimale sopra la parità, ma sembra incapace al momento di tenere quota 4500 sull’S&P 500 e 15.250 sul Nasdaq 100, livelli ai quali gli indici sono stati finora puntualmente respinti nelle ultime sedute. Vedremo dove sarà la chiusura. I rendimenti calano un po’ sulla parte breve, ma salgono sul long end.