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Treasury e Dollaro si stabilizzano e l’azionario respira.

Brusco turn around del sentiment nella  prima giornata della settimana.
Venerdì  sera le cose erano andate maluccio a Wall Street, con una chiusura sui minimi per l’S&P 500 (-1.31%), un -0.8% per  il più difensivo Nasdaq 100, una batosta del 2.17% per le small caps  del Russell 2000, e i rendimenti sui minimi di periodo.
Ovviamente questo stato di cose ha lasciato  il segno  sulla seduta asiatica,  con solo Mumbai, e marginalmente Shanghai, in grado  di chiudere in positivo. Disastroso il Nikkei, che non perde mai occasione di mettersi a guidare il movimento quando il sentiment si deteriora. Ad aggravare la  situazione, la forza dello Yen, e la  generale debolezza dell’economia nipponica, in rapporto agli altri paesi industralizzati.  Inoltre se la variante Delta del  Covid costituisce un rischio, il Giappone, con il  suo basso livello di vaccinazione, è più  esposto. Male anche Taiwan, Sydney e Hong Kong, mentre le “H” shares cinesi, Seul e Jakarta, pur cedendo, hanno mantenuto le perdite sotto l’1%. La risk aversion osservata in nottata ha permesso al 30 anni USA di scendere sotto il 2%. Niente male, se si considera l’attuale livello di inflazione, e il tasso dei FED Funds di lungo periodo indicato dai membri (2.5%). E pensare che i tassi a lunga dovrebbero incorporare un premio al rischio. Al momento sembra che l’unico rischio che prezzano in parte è quello di una Japanification degli USA.
L’apertura europea è stata comprensibilmente improntata alla negatività, con i principali indici in calo a fattorizzare l’ulteriore discesa degli USA venerdì dopo la chiusura europea e le  liquidazioni asiatiche.
Appena dopo l’apertura,  però,  il  sentiment ha cominciato a  riprendersi:  l’azionario ha trovato un po’ di domanda,  con particolare focus su ciclici (come le  auto) e risorse naturali. Il dollaro ha preso ad arretrare progressivamente sui principali cross. E i rendimenti hanno invertito la marcia, con una tendenza delle curve a irripidirsi. Il tutto, senza particolari catalyst,  visto che oggi praticamente non c’erano dati, e  come vedremo la retorica FED non si è particolarmente modificata.
L’ impressione personale è che la price action odierna costituisca un pullback dei forti movimenti osservati negli ultimi giorni, che in alcuni casi avevano raggiunto livelli estremi di estensione nel breve.
Ad esempio, l’appiattimento delle curve USA e il rally dei tassi sulle lunghe scadenze chiamavano chiaramente una correzione (vedi nel grafico lo spread tra il  5 anni treasury e il 30 anni crollato di 25 bps in 3 giorni).

Nel medesimo lasso di tempo il  Dollar Index aveva fatto quasi 2 punti percentuali.  Wall Street aveva inanellato 4 sedute di calo di seguito per oltre un 2%, che non è certo un record, ma un rimbalzo non può stupire troppo,  specie se i movimenti che hanno accompagnato  il movimento  rientrano. Il sottoindice delle banche USA, poi, aveva lasciato  sul  campo dal primo giugno il 12%, di cui il 6.5% nelle ultime 2  sedute. Diciamo che una sacrosanta  pausa nel movimento di tassi e divisa ha contribuito a produrre una reazione dell’azionario USA,  che nel breve era un po’ ipervenduto. Non a caso il Nasdaq, e i titoli del tech e “stay at home” che i giorni scorsi avevano ben figurato, sottoperformano oggi. E questo a prescindere dal newsflow sulla variante Delta, che non è stato drammatico nel week end ma nemmeno così incoraggiante (i dati sono sempre complessi da interpretare i primi giorni della settimana, per cui rimandiamo le analisi a mercoledì).
Nel pomeriggio il  rimbalzo si è ulteriormente rafforzato, dopo l’apertura di Wall Street. L’S&P 500 dopo qualche titubanza si è portato in progresso di oltre l’1% e i ritracciamenti sugli altri mercati si sono accentuati.
In termini di retorica FED, il quadro non è particolarmente cambiato, il che sottolinea ulteriormente come la reazione di oggi sia, nel bene e nel male, fisiologica. Anzi, a ben vedere, Bullard ha perfino accentuato i toni del discorso, dopo che Venerdì una sua precedente performance era stata presa come catalyst per il  selloff (vedi lampi di venerdì link )
*BULLARD:NO PROBLEM ARGUING WE MADE SUBSTANTIAL FURTHER PROGRESS
*BULLARD: THE TAPER DEBATE IS OPEN AND THAT’S APPROPRIATE
*BULLARD: HAVE TO BE READY FOR IDEA OF UPSIDE INFLATION RISKS
*BULLARD: OVERWHELMING ANECDOTAL EVIDENCE OF TIGHT JOB MARKET
*BULLARD: FED HAS TO BE AS NIMBLE EXITING CRISIS AS A YEAR AGO

Ne particolarmente rilassante poteva essere il membro FED Kaplan, che normalmente tende al falco.
*KAPLAN: FED DOT PLOT REFLECTS `DRAMATICALLY IMPROVED’ OUTLOOK
*KAPLAN: DEMAND LOOKS VERY STRONG, U.S. FACES SUPPLY CONSTRAINTS
*KAPLAN SAYS INFLATION RISKS LIE TO THE UPSIDE FOR HIS FORECAST
*KAPLAN FAVORS BEGINNING TAPER PROCESS SOONER RATHER THAN LATER
Il succo è che il progresso macro è andato  oltre le attese della  FED, e l’aggiustamento era necessario.Stasera abbiamo ancora Williams, e domani il  piatto si fa più ricco con Powell di fronte al Sottocomitato per il  Covid della House of Reps.

La chiusura europea vede moderati rimbalzi degli indici, che sottoperformano Wall Street, anche alla luce del maggior calo di venerdì, ma avevano tenuto meglio in precedenza. E poi c’è il rimbalzo dell’€ di cui tenere conto, secondo solo a quello della Sterlina. I rendimenti core salgono in simpatia con quelli USA e lo spread naturalmente corregge. Bene le commodity, trainate da un petrolio ai nuovi massimi dal 2018 (WTI) e a un passo dal segnare quelli dal 2014, apparentemente a causa di forte domanda. In rimbalzo anche i preziosi. Dopo la chiusura Wall Street ha guadagnato ulteriormente e ritraccia interamente la perdita di venerdì, il che è un segnale confortante, per come si erano messe le cose.

Personalmente  resto costruttivo sull’azionario per i motivi più volte elencati di recente
** earning season che dovrebbe battere di molto le  stime
** crescita robusta e uniforme, nel senso che sia i consumi, che gli investimenti privati, che il settore pubblico tirano
** condizioni finanziarie ultra espansive anche dopo questo mini fine tuning della FED, che era secondo me dovuto
Però non sono convito che la recente fase correttiva  sia esaurita. Questo perchè
** sul fronte Covid la variante Delta, pur non costituendo un punto di svolta, può recare qualche fastidio e “inquinare” il newsflow, che di recente era quasi ovunque positivo,  grazie ai vaccini. Non è una certezza, ma un rischio
** le survey di attività e i dati sui consumi sono stati stellari negli ultimi mesi e potrebbero sorprendere al ribasso un sentiment che è ormai viziato (tranne che sul mercato del lavoro)
** In settimana avremo ancora parecchi interventi di membri FED, e la  reiterazione del messaggio potrebeb causare altri colpi di  coda dei tassi.
** Sentiment e positioning stanno solo ora riportandosi su livelli meno euforici, grazie alla voltatilità della scorsa settimana, e forse hanno qualche margine di ulteriore ridimensionamento.

Per quanto riguarda gli eventi della settimana,  domani abbiamo in US il Richmond Fed manufacturing di Giugno, e i discorsi di Powell, e dei membri Daly e Mester. Mercoledì abbiamo i PMI flash manufacturing e services di Giugno in Australia, Giappone, Eurozone (Francia e Germania)  e USA. Poi tra i membri FED parlano Bowman, Bostic e Rosengren.
Giovedì abbiamo l’IFO in Germania, e in US i sussidi di disoccupazione, i durable godds orders di maggio e il kansas Fed manufacturing. Inoltre abbiamo il meeting Bank of England e i membri FED Bostic, Harker e Bullard. Venerdì chiudiamo con Consumer Confidence in Germania, UK, Italia e US (U. of Michigan) e la conclusione dell’European Council a Bruxelles.