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Tiene il sentiment globale alla vigilia del FOMC.

Il ritorno a pieno regime dei mercati dell’area asiatica, chiusi per festività ieri, si è rivelato meno traumatico del previsto. Shanghai ha lasciato sul terreno lo 0.6%, Taiwan ha chiuso invariata, e Tokyo è addirittura salita. Seul era ancora chiusa, mentre Hong Kong ha chiuso oggi. Mumbai dal canto suo ha recuperato parte dello scivolone di ieri, e Sydney è rimasta al palo.
In generale, il settore energy ha offerto un supporto trasversale agli indici, grazie alla forza dell’oil, ai massimi da novembre 2014. Anche la sigla dell’accordo commerciale tra Corea e USA ha forse contribuito al buon sentiment.
Detto questo, la resilience dei mercati asiatici (in particolare la  parte emergente), a fronte di un newsflow sul trade francamente bruttino sul fronte Cina-Usa, sembra indicare che, nel breve, il sentiment non aveva più margini di peggioramento, e che i mercati prezzavano uno scenario sufficientemente pessimistico. Notevole  anche l’indifferenza al rialzo dei rendimenti USA, anche se il fatto che il $ non li abbia seguiti è motivo di sollievo per il mondo emergente.

Le  indiscrezioni della Stampa (accordo per un deficit all’1.9%) hanno riportando domanda di asset italiani all’apertura europea, offrendo un modesto catalyst positivo agli indici azionari,  e  uno negativo ai bond core,  cosa che il settore bancario europeo non ha mancato di apprezzare.
In mattinata, Praet è  intervenuto a mitigare un po’ l’effetto del discorso di Draghi ieri. Il Capo Economista dell’ECB ha dichiarato che il discorso del Presidente non conteneva nulla di nuovo, e che lo scenario prezzato dalla curva monetaria all’indomani degli ultimi meeting ECB era in linea con quello ECB. La reazione di tassi core e divisa è stata  però effimera, a  dimostrazione che il discorso di Draghi ieri è stato più  un catalyst che il vero motivo dei movimenti citati.
In verità, il  principale driver del  rimbalzo dei tassi e dell’azionario europeo sembra essere un progressivo recupero delle  aspettative di crescita europee, come si nota anche dalla circostanza che, a spiegare il movimento dei tassi nominali, sia principalmente una salita dei tassi reali (nel grafico  quelli a 10 anni passati da -0.70% a -0.55% nel volgere di 3 settimane), mentre il movimento sui breakeven è stato  assai più modesto.

Fossero  state  attese di inflazione,  avremmo avuto contributi opposti.
Insomma, del  discorso di Draghi,  ai mercati interessa più la parte sulla “continued broad based growth” che quella sul “relatively vigorous pick up of underlying inflation“. D’altronde,  erano le  aspettative di crescita  ad  essersi depresse negli ultimi mesi.

Cosi siamo approdati all’apertura USA, con l’azionario europeo che recuperava gran parte delle perdite di ieri, trainato da Piazza affari e, a livello settoriale, dal settore bancario.
Sul fronte macro, anche oggi buone notizie per l’America: Se la survey manifatturiera regionale della FED di Richmond ha largamente battuto le stime (29 da 24 vs attese per 25) il vero blow out è stato la Consumer confidence di Settembre la quale, ben lungi dal soffrire l’inasprimento delle frizioni commerciali, ha fatto segnare il nuovo record dal settembre del 2000 (138.4 da prec 134.7 e vs attese per 132.1). Il rialzo è stato trainato dal miglioramento di 6 punti della componente expectations, mentre la percezione del mercato del lavoro ha segnato un nuovo massimo ciclico (nessuna sorpresa anche qui).

Il fatto è che questi dati, ancorchè ottimi, non impongono particolari riflessioni ad un consenso che è già alquanto consapevole dello stato di grazia dell’economia USA. Se mai, con il FOMC domani, i mercati potrebbero interrogarsi sulla loro capacità di impattare sulla view del Committee. Ma nemmeno questo è sembrato particolarmente il caso. L’azionario USA è partito con un tono svogliato, i tassi hanno conservato la tendenza a salire e il $ ha faticato a trovare una direzione.

L’opacita dei mercati USA ha comunque consentito agli indici europei di conservare in chiusura i progressi maturati durante la seduta, confermando la recente tendenza a outperformare Wall Street. La forza del BTP (pur temperata nel finale) a fronte di un bund decisamente debole, ha prodotto un significativo calo dello spread. L’asta di domani dovrebbe essere ben assorbita, anche in virtù di un quantitativo di emissione ridotto (5.25 bln). Il Tesoro ha preferito evidentemente non sovraccaricare il secondario, in vista degli annunci di Giovedi’ in tema di deficit.

Venendo al FOMC domani, al di la dello scontato rialzo di 25 bps, gli aspetti rilevanti saranno:
** verrà conservato il riferimento alla politica monetaria come “accomodante” o si andrà verso il “neutrale” o sinonimi? Io ritengo che verrà ancora definita accomodante.
** Che spazio troveranno i rischi derivanti dalle frizioni commerciali ? A mio parere verranno sottolineati ma non enfatizzati
** Come si muoveranno le projections e i “dots” tenuto conto che avremo a disposizione anche quelli del 2021? Mi aspetto una marginale revisione al rialzo di stime e dots.
Personalmente, ritengo che Powell confermerà in generale la view positiva sull’economia USA, e manterrà l’indicazione che è richiesta una graduale rimozione dello stimolo, senza trascurare, ma nemmeno enfatizzare i rischi allo scenario. In generale il FOMC dovrebbe rivelarsi marginalmente più hawkish (restrittivo) delle attese.