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Nuova delusione dai PMI Eurozone, i mercati corrono a prezzare più QE

La giornata dei PMI Flash di Luglio è iniziata con un tono discreto in Asia.
Intanto, ieri sera Wall Street ha accelerato nella seconda parte di seduta, chiudendo con un buon progresso (+0.68%), nuovamente sopra quota 3.000. Ad alimentare il risk appetite, un paio di fattori. Sul fronte trade, continua il newsflow tendente al positivo: si è appreso che Lighthizer guiderà una delegazione del US Trade Representative a Pechino lunedi prossimo. Oltre a ciò, gli earnings continuano a offrire un buon supporto (Coca Cola, United Technologies, e in after market Texas Instruments e Snap).
La festa è stata parzialmente guastata dopo la chiusura, quando il Dipartimento di Giustizia US ha comunicato di aver intrapreso un indagine per presunte violazioni di norme anti trust sui big tech, cosa che   ha depresso le solite Amazon, Facebook e Google in aftermarket, è costata qualche frazione di punto al Nasdaq future.

Così l’azionario asiatico è partito decentemente, con i mercati cinesi a fare da battistrada. A fine seduta solo Mumbai e Seul mostrano perdite moderate. il Giappone ha visto la pubblicazione del primo dei PMI flash di luglio. Il Composite mostra un miglioramento rispetto a Giugno (+0.4 a 51.2) equamente distribuito tra manifatturiero (+0.3 a 49.6) e servizi (+0.4 a 52.3)

Non così, purtroppo, i PMI flash Europei.
Cominciamo dal dato composite, calato di 0.7 a 51.5 (vs attese per stabilità), cancellando più della metà del piccolo recupero della prima metà del 2019. Sostanziale tenuta del dato sui servizi, che cedono 0.3 a 53.3, in linea con le attese, e a un livello ancora decente. Ennesima defaillance del manifatturiero, piombato ai minimi da ben 6 anni e mezzo, a 46.4 da precedente 47.6 e vs attese per 47.7. Markit riporta che il calo dei new orders è il secondo più forte dal 2012.
Dal punto di vista geografico, torna a rallentare la Francia (composite -1 a 51.7) con un calo più moderato per i servizi (- 0.7 a 52.2) e uno più marcato per il manifatturiero (-1.9 a 50) che si ferma sulla soglia di stagnazione. Brutto anche il dato tedesco composite (-1.2 a 51.4) dove la divaricazione tra manifatturiero e servizi si allarga: il primo marca un disastroso 43.1 da precedente 45 vs attese di 45.1. Il secondo cede marginalmente (-0.4 a 55.4). In sede Flash, al solito, non vi sono i dati per gli altri paesi, ma la nota di Markit rivela che l’attività ha rallentato anche nel resto d’Europa, marcando i minimi da novembre 2013, con un lieve miglioramento per i servizi, più che bilanciato da un calo del manifatturiero.
In sostanza, torna ad aggravarsi la crisi del manifatturiero continentale, ed è una volta di più la tenuta del settore servizi a tenere l’attività economica su livelli minimali (area 0.2% trimestre su trimestre) ma fuori dalla contrazione. I segnali di stabilizzazione degli scorsi mesi sono però svaniti e le aziende sono più caute riguardo al futuro.
Naturalmente un report del genere non fa che rafforzare l’eventuale intenzione del Governing Council ECB di segnalare, domani, nuove misure di easing monetario in arrivo nella seconda parte dell’anno, tra cui possiamo elencare ulteriori discese in negativo dei tassi, ma anche una ripresa del QE.
E’ questa seconda ipotesi che ha sicuramente in mente il mercato, visto che la reazione più violenta a questi dati la hanno offerta i bonds, con nuovi significativi cali dei rendimenti. Dimentico di qualunque problema politico interno, il BTP ha preso il largo, marcando nuovi minimi di rendimento per l’anno, sotto l’1.50%.
L’€ ha confermato la sua tendenza a scendere , ma senza fare significativi nuovi minimi, avendo in parte scontato un dato debole con la discesa dei giorni scorsi. E l’azionario ha mostrato una reazione abbastanza compassata, viste le circostanze. Merito anche forse di continui accenni sui media alla possibilità che l’ECB possa intraprendere acquisti di equity, come la BOJ (qui un pezzo del FT).

Siamo comprensibilmente entrati un una fase in cui le implicazioni in termini di impatto sulle dosi di stimolo monetario dei singoli dati fanno premio su quelle relative allo stato dell’economia. A tale proposito è interessante notare che, nella Merril Lynch Fund manager Survey, l’impotenza delle banche centrali è salita fino alla seconda posizione come risposta alla domanda “qual’è il principale tail risk per il ciclo”, dopo la trade war.

Tra gli investitori si fa strada sempre di più l’opinione che le attuali misure di politica monetaria servano principalmente ad alimentare rally negli asset, che vengono mantenuti assai sopra il loro fair value, mentre gli impatti su economia e inflazione restano marginali.

Più neutra, dopo le recenti delusioni, la lettura del PMI flash di luglio in US, con il dato composit a migliorare marginalmente (+0.1 a 51.6). Anche qui si allarga la forbice tra manifatturiero (-0.6 a 50.0, sulla soglia di contrazione) e servizi (+0.7 a 52.2). I livelli restano comunque mediocri, sotto quando segnalato dai più seguiti ISM.
Va detto che il mercato dei tassi USA aveva già reagito al dati Eurozone, contagiato dalla forza dei bonds Europei. La correlazione tra i rendimenti è aumentata in questo periodo in cui le alternative che offrono un po’ di rendimento sono così scarse. Più neutro l’atteggiamento di Wall Street che oscilla poco sopra la parità.
La chiusura europea vede i mercati azionari continentali terminare in pari più o meno, una performance non disprezzabile alla luce delle news, e dei risultati di ieri. Un po’ meglio Milano e Madrid, che più hanno da guadagnare da ulteriori razioni di QE (o almeno il mercato così ritiene).
Stabili i cambi, a parte le ricoperture sulla sterlina, i bonds non hanno che accennato a ridurre gli eccessi della giornata.
Domani la parola a Draghi.