La seduta asiatica ha avuto un tono generalmente dimesso. Ieri sera, Wall Street ha chiuso in marginale calo, ma i risultati di Netflix, pubblicati dopo la chiusura, hanno zavorrato il Future sul Nasdaq 100 e limato 2 o 3 decimi anche da quello sull’S&P 500.
A parte Tokyo, che al rientro dopo la festività di ieri ha continuato ad avvantaggiarsi dell’indebolimento dello Yen, e Mumbai, il resto dei principali indici ha mostrato perdite di entità variabile tra il -0.17% di Seul e il -1.25% del Hang Seng.
Sul fronte macro, la rilevazione dei prezzi dell’immobiliare nelle prime 70 città cinesi ha mostrato a giugno la crescita più alta dall’ottobre 2016 (+ 0.8% dato mese su mese destagionalizzato da Goldman Sachs). I prezzi sono saliti in 62 città su 70 dalle 59 di maggio. Eventualmente un segnale dell’impatto dello stimolo monetario erogato negli ultimi mesi, e dello stallo nelle misure di contenimento della speculazione. Ma i mercati vi hanno fatto poco caso.
L’apertura europea ha visto un ulteriore affermarsi del mood opaco sui mercati. Tra l’altro il run up verso la testimonianza di Powell al Senate Banking Committee (prevista per il pomeriggio) ha visto crescenti attese di un atteggiamento prudente da parte del Presidente Fed, con il risultato che l’€ ha guadagnato ulteriore terreno, innervosendo l’azionario continentale, e in generale i tassi hanno continuato a scendere, facendo evaporare il rally del settore bancario europeo, prodotto ieri dalle news su Deutsche Bank.
Se non altro, il rally dei bonds core ha dato ulteriore carburante allo short squeeze sui BTP, con i volumi ridotti ad esaltare l’impatto sui prezzi delle ricoperture. Il quadro tencnico illustrato i giorni scorsi ha prodotto la rottura sperata e proietta per il contratto sul 10 anni almeno il livello di 132.
In UK intanto continua la telenovela sulla Brexit. La May ha ottenuto, per appena 4 voti, il passaggio di 4 emendamenti voluti dai parlamentari più radicali, ma nel pomeriggio i Laburisti hanno deciso di supportare un emendamento promosso dai Tories più moderati (ovvero di restare nell’unione doganale se non si trova un accordo sulle dogane). Una spaccatura del genere all’interno del Partito Conservatore rischia di produrre effettivamente il voto di sfiducia e/o la caduta dell’esecutivo May, con un aumento della probabilità di raggiungere la deadline di marzo senza un accordo con l’EU. Cosi la Sterlina, che recuperava, ha bruscamente invertito la marcia, zavorrando parzialmente l’€.
In US, nel primo pomeriggio, era prevista la pubblicazione della produzione industriale di giugno. Il dato è uscito leggermente meglio delle attese (0.6% da prec -0.5% e vs attese per +0.5%), ma la revisione al dato di maggio gli sottrae forza. L’impatto sul GDP del trimestre è comunque ridotto. A latere, la fiducia degli Homeboilders è rimasta stabile a 68, un livello storicamente elevato.
Ma il clou odierno era il discorso di Powell al Senato. In verità il testo è parso assai bilanciato e ha offerto poche novità. L’economia è solida, il mercato del lavoro robusto, e il trend inflattivo incoraggiante. Al momento la situazione suggerisce di continuare con la rimozione dello stimolo, attraverso graduali aumenti dei tassi. La scarsità di caveat (Cina, curva dei rendimenti etc) ha moderatamente accentuato l’ottimismo di cui era pervaso l’intervento. Nel Q&A Powell ha affrontato la nota questione dell’appiattimento della curva come presagio di recessione, sostenendo che ha a che vedere con la percezione del livello di tasso naturale di lungo periodo. Come osservato nel lampi del 29 giugno, se la FED indica nelle sue projections Fed Funds sopra il 3% a fine 2020, e un tasso naturale al 2.9%, non ci si può sorprendere se la curva si appiattisce via via che il mercato prezza rialzi. Sul fronte dazi, Powell ha dichiarato che per il momento non si vedono molti effetti, ma si sta elevando un “coro di preoccupazione” e che in generale i paesi che hanno evitato di erigere barriere protezionistiche sono cresciuti di più. E pensare che è considerato un protetto di Trump.
Difficile dire se sia stato davvero l’ottimismo di Powell a risollevare il sentiment, ma è un fatto che l’azionario si è dato un po’ una scossa. Il supporto offerto al Dollaro dalla verve del Presidente Fed ha ridato un po’ di colore agli indici europei, Dax in primis, che hanno chiuso in positivo una seduta trascorsa quasi interamente in perdita. Difficile dire perchè i bonds europei core abbiano risentito cosi poco del recupero del sentiment, ma va detto che anche i tassi USA, primi interessati dalla stance FED (e con un mercato azionario più in forma) si sono limitati a restituire i cali maturati nella prima parte di seduta, e sono stabili sui livelli di ieri.
Sul fronte tecnico, il quadro continua ad essere positivo, con il Nasdaq 100 in grado di segnare nuovi massimi nel durante, nonostante Netflix, e l’S&P che testa con convinzione la resistenza in area 2790-2800,oltre la quale c’è il massimo di gennaio a 2866. Vedremo le chiusure cosa ci dicono.