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Il petrolio entra in bear market.. Wall Street in consolidamento

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Ieri sera, Wall Street ha continuato a scendere dopo la chiusura europea, ritracciando il grosso della salita di lunedi, e ingarbugliando nuovamente lo scenario tecnico. Di fatto, si tratta di un potenziale falso breakout , ma vista l’esiguità del recente range (le ultime 15 sedute sono contenute in circa un 1.5%) fare i farmacisti con le soglie non è troppo prudente.
Diciamo che siamo tornati in range, e che il quadro inizia deteriorarsi sotto 2430, per diventare correttivo con chiusure sotto la media mobile a 50 giorni , attualmente in area 2400 (dove passa anche l’ex resistenza orizzontale in corrispondenza dei massimi di marzo e maggio).

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L’ago della bilancia sembra essere ancora il Nasdaq, che resta contenuto tra le 2 medie mobili a 20 e 50 giorni, incapace di violarle. A rendere questo grafico un po più sinistro è il fatto che nel 2017 l’indice tecnologico non ha mai intersecato la sua media a 50 giorni, un periodo abbastanza esteso storicamente.

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Sappiamo che il positioning sul tech US è robusto (era il primo dei “consensus trades” nella Merril Lynch survey di giugno), per non parlare del focus sulle varie FANG shares. Recentemente Citigroup ha creato il nuovo acronimo FANTASY shares, contenente Facebook, Amazon, Nvidia, Tesla, Alphabet, Salesforce.com e Yahoo, per un totale di 1.8 trilioni di $ di capitalizzazione e un PE di 61.
Diciamo che un ulteriore correzione del Nasdaq da questi livelli non lascerebbe indifferente l’S&P500.

Tra i catalyst per la debolezza, molti hanno guardato alla perdurante debolezza dell’oil, balzato all’onore delle cronache per aver perso,  dai massimi relativi di febbraio scorso, il 20%, una variazione che secondo gli usi e costumi dei mercati finanziari, configura un bear market.
Naturalmente il calo del petrolio accentua i sentori di deflazione che recentemente sono tornati a infastidire alcuni settori (vedi banche e high yield US). Va detto che lo shock non è più cosi acuto (come mostra la reazione dei mercati) e forse c’è  da mettere in conto, dovesse il greggio stabilizzarsi su questi livelli, un effetto  sui redditi disponibili.

A parte ciò, l’atteso discorso di Ryan sulla riforma fiscale si è conclusa come al solito, ovvero con promesse e poco altro.

Naturalmente stamattina la seduta asiatica ne ha risentito,  e i soli indici in positivo sono quelli locali cinesi supportati dalla notizia dell’inclusione delle”A” shares negli indici Morgan Stanley. In realtà, al di la del generale effetto integrazione del colosso asiatico nei mercati globali, i gli effetti pratici in termini di flussi non sembrano dirompenti. L’ammissione avrà effetto in 2 tranches a giugno e settembre 2018, e gli ammontari (18 bln totali per il momento) non sono di quelli che impattano più  di tanto.

Il mood opaco in Asia si è  trasformato in un attacco d’ansia poco dopo l’apertura europea, con i principali indici in discreto passivo prima di metà mattinata. Particolarmente pesante il settore bancario, sempre più infastidito dall’appiattimento delle curve, ed eventualmente dalla telenovela sulle Venete. In UK, Il discorso della Regina è  avvenuto senza che la  May avesse in mano l’accordo con i Nordirlandesi del DUP, e la  May si è tenuta sul vago, cercando di salvare il salvabile.

A metà  giornata il tono ha preso a migliorare progressivamente. Il La al movimento sembra essere stato dato da alcune dichiarazioni del Membro BOE Haldane a favore di una politica monetaria più restrittiva (BOE’S HALDANE SAYS RISK OF TIGHTENING TOO EARLY HAS FALLEN). Haldane è tradizionalmente considerato un membro accomodante e il mercato ha dato peso al suo ottimismo. La sterlina si è impennata, i bonds in generale hanno perso un po’ di supporto e le Banche hanno respirato. In ogni caso si è trattato solo di un catalyst per il recupero  del sentiment.

Più rilevante ai fini del  recupero, in particolare del listino italiano e del settore bancario, sembra essere stata la comunicazione, da parte del CDA di Intesa Sanpaolo, della disponibilità  ad accollarsi la parte buona (la good bank) delle Venete. L’intero  settore bancario italiano ha cambiato segno (Intesa compresa) allettato dalla prospettiva di non dover mettere altri soldi negli istituti in crisi, trainando piazza affari ad una chiusura positiva e contribuendo al  recupero degli indici generali, nonostante una Wall Street incerta e un petrolio che non smette di scendere. L’impatto  si è visto  anche sui bonds senior delle banche interessate, in recupero di alcune figure.
Tutto  risolto in maniera indolore quindi? Non cosi in fretta.
Intesa Sanpaolo ha accettato di rilevare ad 1 € a condizione che l’operazione non abbia alcun impatto sul suo capitale e sul suo dividendo,  escludendo sofferenze e incagli. Ma le attuali stime mostrano pressochè unanimemente che i subordinati (1.36 bln di carta condannata all’azzeramento) non è minimamente sufficiente a coprire le perdite della bad bank. Il che lascia il dubbio su chi debba mettere il resto.
“To cut a long story short”, o viene fatta moral suasion Intesa Sanpaolo perche peggiori sensibilmente i termini dell’offerta, o Bruxelles in qualche modo chiude un occhio, permettendo allo Stato di farsi carico delle perdite o permettendo una Bad Bank clamorosamente sottocapitalizzata. Altrimenti, la soluzione indicata oggi non sta in piedi, e quindi il movimento, a mio modo di vedere,  è ingiustificato.