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La People Bank of China e (forse) il FOMC supportano l’azionario globale a fine settimana.

Anche ieri, Wall Street ha annullato le (modeste) perdite accumulate a età seduta, per chiudere con un marginale guadagno (+0.14%). Nulla di che, ma in generale la resilienza dell’S&P 500 è sorprendente, se si considera che delle ultime 15 sedute solo 2 hanno mostrato una perdita sostanziale, ed una ha chiuso a -0.01%.
La bontà di alcune trimestrali eccellenti continua a costituire un fattore a supporto del mercato. Ieri sono stati ancora i semiconduttori, galvanizzati dai risultati di Texas Instrument, a trascinare il mercato (Philadelphia Sox +5.7%).
In generale, però, sembra che a causare le reazioni positive contribuiscano più le attese troppo pessimistiche degli investitori, che non la bontà dei risultati. JP Morgan ha mostrato in uno studio come quest’ earning season sia caratterizzata finora da una reazione assai asimmetrica alle trimestrali: quelle che mancano le stime a causano in media modesti cali, mentre quelle che le battono mostrano forti rialzi (vedi grafico)


In sostanza, gli investitori sono assai più negativi degli analisti, e si trovano a rincorrere il mercato quando gli earnings non rispettano le loro aspettative di “miss”.
Oltre a ciò, dopo la liquidazione occorsa a dicembre (vedi Lampi del 18 gennaio per una contestualizzazione) sembra che molti operatori siano stati restii a rientrare, e che  il mercato sia ancora parecchio scarico. In effetti il FundFlows report di Lipper, che aveva segnalato ben 94 bln di riscatti nelle 4 settimane tra il 9 dicembre e il 3 gennaio, indica un cumulativo ingresso  nei fondi ed ETF azionari di 8 bln (di cui 3.5 in quella scorsa). Insomma, c’è ancora parecchio cash in giro, il che contribuisce a spiegare la riluttanza a correggere dell’azionario USA.

Venendo alla seduta asiatica, sembra che gli schemi varati ieri dalla PBOC di incentivo all’emissione di capitale bancario sotto forma di Additional Tier1 perpetual (vedi Lampi di ieri) abbiano incontrato i favori del mercato. Lo HSCEI (“H” share cinesi), all’interno del quale la percentuale di grosse banche cinesi è assai elevata, ha messo a segno un rimbalzo del 1.7%. D’altronde, l’agevolazione per la raccolta è evidente. Indiscrezioni rivelano che il tasso del AT1 Perpetual in emissione per 40 bln da Bank of China si colloca tra il 4.5% e il 4.8%, appena 140-170 bps sopra il decennale governativo cinese. Un regalo, rispetto ai tassi a cui raccolgono, su strumenti simili, nei paesi occidentali (per non parlare dei costi di emissione per le banche italiane). A ciò si aggiungono gli effetti legati alla possibilità di rifinanziarli (se il rating della banca è almeno AA) e di usare lo swap per scambiarli con titoli della Banca Centrale. Più capitale, a basso costo, e maggiore liquidità si traducono in maggiore capacità di erogare credito, che è poi il fine ultimo delle misure.

L’euforia sulle “H” shares si è propagata, con minore intensità, anche agli indici locali, e agli altri principali mercati dell’area asiatica, ad eccezione di Mumbai, che ha chiuso in controtendenza. Particolarmente positiva la price action a Seul, che ha coronato con un +1.5% 3 sedute a fila di recupero, chiudendo sui massimi dalla prima metà di ottobre. Sicuramente il rimbalzo dei semiconduttori ha favorito il mercato coreano, strapieno di fornitori del settore. Comunque, la forza del Kospi da inizio anno è sorprendente, in una fase in cui la domanda globale sembra tanto debole. Chissà che, dopo aver correttamente previsto, col crash di ottobre (-15%) il suo rallentamento, non ne segnali un rimbalzo. Vedremo.

Anche l’apertura europea si è giovata del buon sentiment di provenienza cinese.
Sul fronte Brexit, un articolo del Sun recante indiscrezioni che il Dup si sarebbe schierato a favore della nuova proposta di accordo, a condizione che preveda una scadenza della soluzione temporanea per il confine, ha dato ulteriore forza alla Sterlina, e risollevato un po’ l’€. Martedì al Parlamento inglese verranno votati i vari emendamenti, tra cui quelli che vogliono escludere la “no deal brexit”. Anche tra i Conservatori più radicali vi sono aperture ad un stensione dell’articolo 50.

Sul fronte dati macro, c’era ancora da espletare la formalità dell’ IFO tedesco, che ha a sua volta deluso le attese (99.1 da prec 101 e vs attese per 100.7) zavorrato infaustamente dalle expectations, che purtroppo hanno una maggiore correlazione con le intenzioni di investimento delle aziende. Per la cronaca, il livello è il più basso dal 2012. Non che il mercato vi abbia fatto particolarmente caso, peraltro.

A metà seduta europea, un sentiment già in miglioramento, è stato ulteriormente esaltato da un pezzo del WSJ recante indiscrezioni che il FOMC sarebbe sul punto di decidere di mantenere un bilancio FED più grosso rispetto a quanto preventivato quando è iniziata la riduzione. Quindi la Balance Sheet reduction potrebbe arrestarsi in tempi non troppo lunghi. La faccenda è ancora oggetto di discussione, ma la decisione potrebbe essere presa entro il FOMC di settimana prossima e quindi comunicata in quell’occasione. Comprensibile la reazione sui mercati, che ha visto il Dollaro indebolirsi marcatamente, l’azionario accentuare i rialzi e le commodities festeggiare.

Con i dati macro previsti per oggi (Durable good order e new home sales di dicembre) posticipati per Shutdown, l’altro argomento di discussione è risultato essere, appunto, una soluzione per lo Shutdown. Con i 2 voti di ieri al Congresso falliti come da previsioni, 2 sono le ipotesi che avanzano:
** Un accordo tra le parti per riaprire il Governo USA per 3 settimane, durante le quali continuare le discussioni sul muro. L’ipotesi è riportata dal Wa Po
** La possibilità che Trump rompa gli indugi e dichiari una situazione di Emergenza per ottenere il finanziamento (meno probabile.
Il Presidente è atteso fare una comunicazione alle 19.30 e quindi sembra non dovremo aspettare troppo.

In questo contesto, Wall Street comprensibilmente non si è fatta pregare ed è partita al rialzo accumulando rapidamente un guadagno superiore all’1%, e conducendo gli indici europei a chiusure materialmente positive. Significativo l’impatto sul dollaro delle news FOMC, con il Dollar Index che perde lo 0.75% (e oltre l’1% sulla Sterlina). Il risk appetite ha esercitato qualche pressione al rialzo sui depressi rendimenti tedeschi, e lo spread BTP ha ceduto ancora un po’ toccando il livello di 245, visto l’ultima volta a fine settembre.

Al momento di inviare il pezzo, è giunta la notizia che Trump ha effettivamente concordato con i Democratici una riapertura di 3 settimane. Wall Street sulla notizia vede qualche presa di beneficio.
*TRUMP SAYS HE’S REACHED DEAL TO REOPEN GOVERNMENT, END SHUTDOWN
*TRUMP SAYS GOVT WILL SHUT DOWN IN FEB. IF NO BORDER WALL DEAL

In attesa di vedere se l’S&P riesce a segnare un nuovo massimo relativo, resta promettente la situazione tecnica del FTSE Mib. L’indice ha rotto sia la parte superiore del recente range, che la trendline discendente da maggio scorso, e si trova ai massimi da ottobre scorso, sopra le medie mobili a 20 e 50 giorni.

La prima resistenza di qualche peso si trova a 20.300 punti (circa 2.5% sopra) sul livello dei minimi relativi di agosto e settembre, e il gap lasciato aperto il 10 ottobre. La seconda resistenza è in area 20.850 (media mobile a 200 giorni.