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La fretta della FED continua a tenere in scacco Wall Street.

Riprendo dopo una pausa di 2 giorni, e noto che l’inizio del blackout period pre FOMC della prossima settimana (26 Gennaio), ovvero il periodo in cui le dichiarazioni dei membri sono sospese, non ha portato particolare sollievo al mercato dei tassi. Tutt’altro. La curva USA è andata a prezzare più di un rialzo per Marzo prossimo (diciamo un rialzo più una probabilità inferiore al 10% che si tratti di 50 bps e non 25), e 4 rialzi pieni per l’anno, mentre il 10 anni USA ha segnato i massimi da 2 anni a 1.88% e i tassi reali hanno segnato i massimi da Marzo 2021 attorno a -0.6%. Il mercato dei tassi sembra improvvisamente percepire che la Fed è in estremo ritardo ( vedi Lampi del 2 Gennaio link ) e ha improvvisamente una certa fretta.
Inutile dire che l’azionario non ha gradito. L’S&P 500 ha chiuso in calo di 1.83%, mentre il Nasdaq 100 ha ceduto il 2.57%. Supportato dalla salita di tassi nominali e reali e dalla risk aversion, il Dollaro si è infine scosso dal torpore di questi primi giorni del 2022, mettendo a segno una discreta performance. Solo il petrolio continua a volare, per motivi che personalmente non capisco troppo. Vero, l’epidemia è in regresso e vi sono delle turbative sull’offerta, tra attacchi di droni ed esplosioni in Libia, Iraq ed Emirati. Improvvisamente poi sembra che paesi cole la Russia, che prima faticavano a rispettare le quote, ora non riescano ad aumentare l’offerta, e che solo l’Arabia abbia capacità produttiva di riserva. Personalmente, mi pare un po’ una mania. Detto questo, il + 25/30% messo a segno dal greggio da metà Dicembre non aiuterà certo il rientro dell’inflazione. E non manca molto ad un livello in grado di preoccupare seriamente per l’impatto sul reddito disponibile. Anzi, anche una permanenza su questi livelli può essere un serio disturbo, in particolare in Europa. Ma, personalmente, non li vedo sostenibili nel breve. Immagino che gli USA (tramite le riserve strategiche) o i produttori metteranno mano all’offerta se la cosa va avanti. E in ogni caso il programma OPEC prevede una crescita dell’output in corso d’anno, che finirà per colmare il gap.

Tornando all’azionario, la FED resta sicuramente il tema principale per la recente debolezza, ma non è l’unico. Abbiamo avuto anche numeri macro brutti nelle ultime ore. Dopo le retail sales di Dicembre, già illustrate nel pezzo di Venerdì, ieri l’Empire manufacturing NY FED di Gennaio, la prima survey manifatturiera del mese, ha deluso clamorosamente (-0.7 da prec 31.9 e vs stime per 25) terminando sotto la soglia di stagnazione, per la prima volta da Giugno del 2020. Debolezza estrema anche nei dettagli, coi new orders in crollo di 32 punti a -5, ma i prezzi hanno rallentato in misura trascurabile (indice – 3.5 a 76.7). Ovviamente Omicron ha un ruolo in questa debacle, ma 1) non è certo una novità, e quindi perchè il consenso è così sorpeso? 2) il fatto che l’indice sia ai minimi da Maggio 2020 indica che non può essere “solo” Omicron.
Naturalmente l’Empire è una serie volatile e incentrata sul distretto di NY e come tale va presa con le pinze. Ma il punto è che numeri come questi sembrano indicare che il ciclo entra nel 2022 in una fase di moderazione, proprio quando la FED ha deciso di contrastare l’inflazione rampante, mettendo in secondo piano la crescita. E’ probabile che il FOMC tollererà un’economia un po’ meno brillante, se deve riportare l’inflazione al livello previsto dal mandato. Anzi, deve raffreddare il ciclo. Ma questo ovviamente non è un buon contesto per i margini e gli utili.
Parlando di utili, l’earning season a Wall Street sta prendendo momentum, e finora a far rumore sono state le trimestrali poco brillanti delle grandi banche, accolte tiepidamente dal mercato. Tra l’altro quasi tutte hanno registrato aumenti dei costi del personale, un tema che probabilmente riguarderà anche altri settori, a indicare l’aumento di pressioni salariali, uno dei sintomi del surriscaldamento dell’economia e del mercato del lavoro. Un altro motivo di volatilità.

L’Asia ovviamente ha reagito alla debolezza USA. In primis il Giappone, che è sempre il primo a seguire Wall Street al ribasso, anche se fatica a seguirla al rialzo. Tra le single stories che hanno impattato il calo di Toyota (profit warning) e di Sony, danneggiata dal bid di Microsoft su Activision Blizzard, suo fornitore di videogiochi. Male anche Sydney, Mumbai, Seul, mentre il China Complex ha tenuto meglio. In parte la resilence del mercato è dovuta agli sforzi delle Autorità per supportare un ciclo in evidente difficoltà. Dopo aver tagliato i tassi appena ieri, la People Bank of China ha promesso oggi ulteriori tagli dei tassi (  PBOC Gives Clear Easing Signal With Promise to Boost Growth  link ). Il settore immobiliare ha fatto molto bene dopo che le autorità hanno segnalato l’intenzione di varare misure per attenuarne la crisi di liquidità ( link ). Il Global Times dichiara che la PBOC aprirà ulteriormente il suo portafoglio di strumenti per supportare la crescita, ( link ). Si parla di misure di stimolo che non si limitano alla politica monetaria, e di anticipazione di progetti di investimento in infrastrutture. Le autorità vorrebbero per il 2022 una crescita oltre il 5%.  Sfido che l’azionario locale tiene. Potrebbe fare anche discretamente in relativo, in quest’inizio 2022, visto quanto è sottopesato nei portafogli internazionali.

L’apertura europea ha comunque risentito della debacle di Wall Street ieri sera, e del ulteriore inabissamento dei futures stanotte, con un apertura ancora negativa. Il nuovo record dell’inflazione UK a Dicembre (5.4% da prec 5.1% e vs attese per 5.2%), ai massimi da 30 anni, ha dato una bella spinta i rendimenti obbligazionari, alimentando un ulteriore pressione sull’equity. Anche i membri ECB sembrano iniziare a innervosirsi, con il Governatore della Bank of France insolitamente proattivo. Le sue dichiarazioni hanno contribuito al rimbalzo dell’€ dopo il calo di ieri.
*VILLEROY: ECB WILL ‘FIRMLY ENSURE’ INFLATION RECEDES
*VILLEROY: ECB HAS FULL OPTIONALITY ON TIGHTENING PACE
*VILLEROY: ECB IS VERY VIGILANT ON PRICE, WAGE DYNAMICS

Bisogna dire che l’azionario continentale è stato abbastanza rapido a riprendersi, per passare in positivo a metà mattinata, trainato dai ciclici, e, manco a dirlo, dall’Energy, mentre le banche si sono prese una pausa, dopo il rally forsennato che le ha viste in totale controtendenza da inizio anno. Il recupero è stato favorito da un parziale rientro dei rialzi dei rendimenti, dopo che il bund ha superato lo 0% di rendimento per la prima volta dal 2019.
La sensazione di una pausa nella corsa dei rendimenti ha dato anche una sorprendente verve alle commodities e in particolare ai metalli preziosi, protagonisti nella seconda parte della giornata di un bel rally. Bene anche quelli industriali, dove c’è anche lo zampino delle autorità cinesi con i loro vecchi trucchi per supportare una crescita asfittica. Forti anche le commodity agricole, in una giornata soprendentemente positiva per le risorse naturali.
Nel primo pomeriggio, i nuovi cantieri e i permessi di costruzione di Dicembre in US sono usciti sopra attese. Nulla che potesse distrarre il mercato più di tanto. Wall Street ha provato a partire in rimbalzo, ma in prima istanza il movimento è fallito, e l’S&P 500 ha marcato nuovi minimi, rendendo marginali i guadagni dell’Eurostoxx50 in chiusura. Negative Milano e Madrid, depresse anche dalla correzione delle banche, che si è accentuata nel pomeriggio. A pesare un po’ sul sentiment, eventualmente l’attesa per il nuovo summit tra USA e Russia previsto per dopodomani a Ginevra, con il Segretario di Stato USA Blinken a chiarire che la Russia non otterrà risposte scritte alle sue istanze (cosa che ha chiesto) e che la collaborazione con l’Ucraina non si interromperà.
** BLINKEN SAYS UKRAINIANS SHOULD PREPARE FOR DIFFICULT DAYS, U.S. STANDS WITH UKRAINIANS
** BLINKEN SAYS WON’T PRESENT WRITTEN RESPONSE TO LAVROV ON FRIDAY
** BLINKEN SAYS U.S. MATERIAL ASSISTANCE DELIVERIES ARE ONGOING, MORE SCHEDULED IN COMING WEEKS TO HELP DEFEND UKRAINE
Purtroppo qui sembra che lo scenario più costruttivo che possiamo immaginare sia il trascinarsi dei colloqui in maniera inconclusiva per mesi, visto che le richieste delle parti sono così distanti. Ma esiste una possibilità che Putin sfrutti il momento di imbarazzo dell’Europa per un colpo di mano che potrebbe essere non una invasione, ma magari qualche azione militare volta a intimidire l’Ucraina e recuperare qualche ulteriore pezzo di territorio.
Se i rialzi dei rendimenti Eurozone si sono ridotti a 1 o 2 bps in chiusura (Bund tornato sotto zero), con lo spread che aumenta di un paio di bps. In US, per contro, i rendimenti hanno proprio invertito la marcia, cosa che ha dato ulteriore supporto a preziosi e commodities e ne ha tolto al $. A poco meno di 2 ore dalla chiusura non si è ancora capito Wall Street cosa vuole fare.
D’altronde, l’ammontare di tightening che il mercato deve sobbarcarsi è significativo. Nel 2013, come si nota dal grafico sotto, tra l’inizio del tapering e l’inizio della riduzione del bilancio FED erano passati quasi 4 anni. Tra la conclusione del tapering e il primo rialzo 13 mesi. Il programma attuale della Fed prevede ora circa 12 mesi per svolgere il tutto, e un primo rialzo dei Fed Funds contestuale alla fine del tapering. Tappe forzate, decisamente. Un po’ di turbolenza ci sta.

E il Covid?
Gli ultimi numeri sembrano indicare che nei paesi anglosassoni, dove l’epidemia di Omicron è iniziata prima, questa sia in ritirata, mentre timidi segnali di top si vedono anche in Europa. Tutto ciò con ospedalizzazioni che hanno fatto nuovi massimi solo in US, e decessi che sono rimastiben sotto le precedenti ondate, nonostante i casi abbiano in alcuni casi raggiunto livelli 4 o 5 volte superiori all’ondata precedente. Quindi sembra che il Covid con omicron abbia fatto effettivamente un passo decisivo in direzione di una fase endemica in cui i costi sanitari sono modesti. Serando che non arrivi una nuova variante.