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Infine, la salita dei rendimenti spaventa l’azionario globale.

Giornata dai 2 volti quella di ieri.
La prima parte di seduta è stata  caratterizzata da una marcata risk aversion:
** sulla seduta asiatica, dall’andamento generalmente contrastato, hanno pesato  le  dichiarazioni del Segretario di Stato US Pompeo sulle “fondamentali divergenze” tra Cina e America, a  cui ha risposto il Ministro degli Esteri cinese Wang, sostenendo che gli USA fanno di tutto per esacerbare lo scontro commerciale e cercano di interferire con gli affari interni cinesi. Ciò è totalmente in contrasto con gli interessi dei 2 popoli.
** L’apertura europea ha visto la carta italiana ancora pesantemente venduta. C’era parecchia attesa per la  performance di Tria di fronte alla Commissione Bilancio della Camera e l’assenza di novità e una certa mediocrità delle argomentazioni (le stime del Governo sarebbero “caute”) hanno prodotto un ulteriore allargamento dello spread, culminato a 315 bps.

Il sentiment ha fatto il nadir in tarda mattinata, dopodichè abbiamo assistito a un rapido recupero dei BTP che si è successivamente propagato al  resto dei risk assets. Tra i catalyst, possiamo indicare:
** La notizia di un summit serale tra Tria, Salvini, Di Maio e Conte programmato  per le 20, che ha fatto sperare in un eventuale ammorbidimento della stance sul Budget.
** l’idea che il parere negativo di Bankitalia e l’incombere di quello dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (poi negativo a sua volta) avrebbero potuto esercitare ulteriori pressioni per modifiche della manovra.

L’effetto di queste news/speculazioni è stato esaltato dall’enorme dose di pessimismo incorporata nei livelli attuali di rendimento, e dalla dimensione di corto che gli investitori sono stati indotti a montare dalle recenti vicende politiche italiane.
Cosi le chiusure europee sono state moderatamente positive,  ma soprattutto assai migliori di quanto si potesse immaginare a metà mattinata.

Venendo ad oggi, la seduta asiatica ha avuto un tono marginalmente migliore di quello di ieri. In giornata, Trump ha dichiarato che la Cina non è ancora pronta per trattare, e ha ribadito la minaccia di tassare il resto delle importazioni USA. Precedentemente, il FT aveva riportato che i colloqui previsti tra le parti in occasione del G-20 in Argentina a dicembre sarebbero in dubbio. Mnuchin, ha poi invitato la  Cina a non effettuare svalutazioni competitive ed ha dichiarato che la questione cambi sarà  inserita nelle prossime trattativve sul trade. E siamo in attesa di sapere se il Tesoro USA dichiarerà la Cina o altri “currency amnipulators”.
Ma lo Yuan è rimasto stabile e gli indici cinesi hanno messo a segno guadagni marginali. Stabile anche Tokyo, dopo che gli ordinativi di macchinari di agosto hanno mostrato la seconda robusta sorpresa positiva (+6.8% da +11% e vs attese per -3.9%) a dimostrazione di un ciclo di investimenti in potenziale accelerazione.

L’apertura europea ha visto un iniziale rapida reazione del BTP al fatto che apparentemente il  Governo non intende fare retromarcia sui numeri del  Def, nonostante le critiche di Bankitalia, della Corte dei Conti e dell’ Ufficio Parlamentare di Bilancio. E’ durata poco, e sono ricomparse le ricoperture che avevano alimentato il rimbalzo di ieri. Tra i catalyst,eventualmente, le dichiarazioni del Ministro Savona (“se lo spread sfugge di mano,  bisognerà modificare la manovra”), ma la mia intepretazione resta che nel breve il sentiment nei confronti dell’obbligazionario italiano non aveva grossi margini di peggioramento.
La forza del BTP ha dato un po’ di respiro alle banche italiane. In spolvero anche il settore bancario europeo, che, a sua volta, sui livelli attuali prezza uno scenario piuttosto estremo.
Sul fronte dati macro, sorprese positive dalle produzioni industriali di agosto in Francia, UK, e, udite udite, Italia. Riguardo i cambi, indiscrezioni raccolte dal WSJ secondo cui per lunedi avremmo un accordo sulla Brexit hanno nuovamente favorito la sterlina ed offerto un supporto indiretto all’€.
Cosi siamo approdati a metà giornata con lo spread in significativo calo, Milano e i settori bancari in recupero, e il resto degli indici marginalmente in negativo.

Il sentiment ha cominciato a girarsi nel  primo pomeriggio,  quando,  con la scusa di prezzi alla produzione US di settembre sopra attese (dato core +0.4% vs +0.2% atteso), i tassi USA hanno accennato a salire nuovamente e Wall Street, che fino a ieri aveva recuperato agilmente nel finale eventuali perdite accumulate nella  prima parte di seduta, ha preso con decisione la via del ribasso.

Che l’origine di questa brusca discesa sia da ricercarsi nelle  ricadute del recente rialzo dei rendimenti lo si capisce da 2 circostanze:
** I bonds ottengono un supporto marginale dalla fortissima risk aversion. Di fatto, i rendimenti salgono su entrambe le sponde dell’oceano nonostante le perdite pesanti sull’azionario
** I settori più penalizzati sono quelli ad alto margine (e dai multipli elevati) come la tecnologia e il lusso, mentre le banche, potenzialmente favorite da una normalizzazione dei rendimenti, sono praticamente invariate.

Il pesante storno dell’azionario USA ha cambiato volto alla seduta europea: i principali indici hanno accusato pesanti perdite e i settori bancari hanno cancellato i bei guadagni accumulati in mattinata. Riguardo gli asset italiani, l’obbligazionario ha ridotto  la  sua performance,  ma lo spread è rimasto  ben sotto 300. A Piazza Affari è però continuata la liquidazione dei titoli non finanziari che avevo citato lunedi, e così la sostanziale tenuta delle banche non ha impedito all’indice di chiudere in profondo rosso, ai minimi da quasi 18 mesi.
Vedremo quale sarà la chiusura di Wall Street stasera, ma a lume di naso, non sembra che questa fase di volatilità  possa esaurirsi da un giorno all’altro. I motivi di incertezza sono davvero tanti: la  salita dei rendimenti, le  Midterm Elections, il perdurare delle frizioni commerciali USA Cina, la crisi italiana, e il rumore di fondo della Brexit, solo per citarne alcuni.
E’ peraltro vero, che le  uniche novità  sono il  riaccendersi della crisi italiana (una vicenda comunque locale, ed eventualmente con ricadute europee in questa fase) e la salita  dei rendimenti, un fenomeno che aveva funto da causa scatenante anche a gennaio.
A tale proposito farei 2 osservazioni:
i) a gennaio il livello di euforia sul mercato  azionario USA era assai superiore a quello attuale, e la salita dei tassi era stata assai più rilevante (0.6% in un mese, 0.9% in 3 mesi)
ii) Come ho avuto modo di osservare ai tempi, la  salita dei tassi è solita scatenare delle reazioni brusche, e può fungere da catalyst per correzioni, ma di per se non è nemica dell’azionario, e difficilmente si rivela sufficiente, da sola, a invertire un trend. Questo perché nella maggior parte dei casi i rialzi dei tassi vengono associati a un accelerazione della crescita (in coda al  pezzo i 2 grafici che avevo realizzato in quell’occasione il primo relativo agli ultimi 6 anni e il secondo ai 15 precedenti).

Sul  fronte analisi tecnica, rimando ai grafici utilizzati nel Lampi di venerdi scorso .  I target restano 2800 per l’S&P 500 e 7.000 area per il nasdaq 100.