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Giornata dai 2 volti sull’azionario globale.

Cercasi psicologo per un mercato in crisi di identità.
Ieri sera (mercoledì per chi legge la mattina dopo) l’onda lunga dell’effetto del CPI ha mandato l’S&P 500 a chiudere sui minimi, a -1.43%. Le tensioni sui tassi hanno prodotto la consueta sottoperformance del Nasdaq 100 (-2.62%), delle FAANG (-2.73%), dei semiconduttori (-4.2%), ma in realtà non si è  salvato quasi nulla (Dow Jones -1.99%). Le dichiarazioni ambigue di Clarida (vedi lampi di ieri link  ) sono valse un impatto superiore sui tassi reali (+5 bps a -0.86%) mentre i breakeven (+2 bps a 2.56%) hanno segnato comunque il nuovo record.

Naturalmente l’Asia non ha gradito affatto le news. La parte emergente, preponderante, non vede di buon occhio eventuali inasprimenti della politica monetaria USA anzitempo,  mentre Tokyo di questi tempi sfrutta qualsiasi scusa per scendere. Tra i principali indici, a mettere a segno la performance migliore è Jakarta (-0.6%)  mentre Tokyo (-2.49%) è la peggiore, ma anche le “H” shares perdono oltre il 2% e Hong Kong, Seul, Mumbai e Taiwan cedono oltre l’1%. Non ha aiutato un inaspremiento delle frizioni tra Cina e Australia, con il Global Times a minacciare un “massacro economico” in risposta all’aumento del budget di difesa di Camberra ( link ).
Ad accentuare il  tono risk off della nottata, il  crash di bitcoin e delle atre crypto, seguito alla dichiarazione di Musk che Tesla non accetterà più Bitcoin in pagamento per le auto perchè mining e trading delle crypto assorbono troppa energia e quindi non sono ecologiche (una circostanza emersa nelle ultime ore, a quanto pare…).
Sul fronte fiscale, l’incontro tra Biden e i leader dei partiti del Congresso ha prodotto qualche dichiarazione costruttiva sul fronte  piano infrastrutture, ma per i Repubblicani la modifica della riforma fiscale resta un “non starter” per cui l’impressione è che la collaborazione sarà difficile e la gestazione lunga, legata alla capacità dei Democratici di approvare un piano in autonomia ( link ).

All’apertura europea, giusto  il tempo di congratularsi per come  gli indici stavano assorbendo la debolezza made in USA, ed è  partita un ondata di vendite, che ha portato le principali piazze a cedere oltre 2 punti percentuali entro metà mattinata. Le vendite hanno investito tutti i settori, anche se con maggior insistenza ciclici risorse e energy, mentre i difensivi hanno fatto meglio. Sul fronte cambi l’€ ha ceduto qualcosa, mentre i tassi hanno preso a salire, con gli spread periferici in allargamento. Male anche le commodities.

Il tempo di chiedersi cosa fosse davvero cambiato rispetto a ieri pomeriggio, perchè i mercati europei restituissero in un baleno tutta l’overperformance accumulata post CPI, e gli indici hanno messo a segno un recupero che ha portato l’Eurostoxx 50 a  chiudere la  mattinata con un calo di circaun terzo del -2.25% accumulato nella prima ora. Il  tutto senza un catalyst degno di questo nome, visto che stamattina non c’erano dati di rilievo in Eurozone.

Oggi l’attenzione era interamente focalizzata sui prezzi alla produzione USA in arrivo nel  primo pomeriggio, solitamente abbastanza snobbati dai mercati, in quanto il PPI è una serie volatile con impatti indiretti su economia e politica monetaria. Ma la loro condizione di leading sui prezzi al  consumo ha chiaramente funto da richiamo oggi.
I numeri sono usciti elevati,  e superiori alle attese.  Ma,  considerata anche la volatilità della serie, rispetto alla sorpresa  di ieri, quello di oggi è un buffetto, ad un mercato pronto ad un altro cazzotto.


Forti incrementi in beni e servizi (in particolare quelli colpiti dalla pandemia come le aviolinee) sono stati in parte bilanciati da un calo del comparto energetico. In tema di prezzi, questa figura di Pantheon Economics riassume i principali componenti del rialzo del CPI di ieri, e sono tutti beni colpiti in precedenza dalla pandemia.

A latere, è continuata la discesa dei sussidi settimanali di disoccupazione, che hanno segnato il nuovo minimo post pandemia.  Tra l’altro, 11 stati hanno annunciato il termine dei sussidi di emergenza, perchè a loro dire (e non soltanto loro) scoraggiano la ripresa dell’attività lavorativa. Questo dovrebbe lasciare senza  sussidio entro un paio di mesi circa 900.000 persone.

Tornando ai mercati, la sensazione di sollievo dopo i numeri si è  accentuata, con gli indici europei in grado  di tornare in positivo poco dopo l’apertura di Wall Street, e gli indici USA in grado  di accumulare un buon progresso. Per contro,  si è aperta una fase di prese di beneficio sulle commodities,  con le recenti star come il legname, le agricole, e lo  stesso  petrolio ad  accusare bruschi cali (vedi screen sotto).


Ciò ha contribuito alla correzione dei rendimenti e dei breakeven inflation, accentuando il sollievo dei mercati.

Così l’azionario continentale chiude con marginali progressi una seduta che a metà mattinata lo vedeva mostrare perdite di oltre il 2%. Tracce di risk aversion rimangono nella performance settoriale, con i difensivi in denaro e risorse naturali, energy e banche penalizzati. Un altro segnale di un sentiment un po’ scosso lo danno gli spreads periferici, in allargamento, a fronte di rendimenti core che restano stabili. Detto delle commodities, i metalli preziosi restano supportati, mentre Bitcoin crolla ulteriormente.
Dopo la chiusura europea, sono partite un po’ di prese di beneficio a Wall Street, in particolare sui nomi a multipli super elevati (tipo Tesla e le altre EV e altri business inflazionati). Al momento il sentiment sta ottenendo nuovo supporto dal circolare di voci che la  CDC sta per permettere ai vaccinati di non usare la mascherina in alcuni luoghi chiusi.
** WASHINGTON (AP) — AP Source: CDC to issue guidance Thursday allowing fully vaccinated people to ditch masks indoors in many instances.

Sul fronte tecnico, il rimbalzo in giornata conferisce ai grafici Eurozone, che stavano assumendo un aria cupa, conformazioni più costruttive, grazie ad una serie di segnali di inversione di breve (hammer), in attesa di conferma domani. Peraltro, come osservato di recente, in questo periodo, specie i segnali tecnici di breve vanno presi con beneficio di inventario (appena giorni fa potevamo parlare di breakout.)

Domani chiudiamo la settimana in gloria con le retail sales  USA di Aprile. Dopo il dato eccezionale di marzo (+9.8%), il consenso si attende un altra salita dell’1% . Vero, gli assegni inviati agli americani avranno continuato a gonfiare la  spesa di beni e servizi. Ma sospetto che il grosso sia avvenuto a marzo (così come avvenuto con le  assunzioni, per  il momento) e quindi temo si vada incontro ad una pur modesta delusione, che forse però calmerà  ulteriormente i timori sul  fronte FED.
Ovviamente potrei sbagliarmi. Ma di una cosa sono certo. Quello dei consumi USA non è un trend sostenibile (vedi grafico sotto), e arriverà una stabilizzazione, che non necessariamente sarà un fatto negativo, perchè i livelli assoluti resteranno elevati. Ma magari leverà pressione ai prezzi.