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Timide prese di beneficio in chiusura di settimana

Altra serie di record da parte di Wall Street ieri sera, anche se la verve è stata in generale  inferiore ai giorni precedenti (S&P 500 +0.33%). Ci mancherebbe, dopo i guadagni fatti i primi 3 giorni della settimana.
L’ormai consueto bollettino dei contagi ha visto per la seconda volta in numero dei nuovi infetti  calare un’eventuale dimostrazione che le  misure cinesi stanno funzionando, anche se c’è  qualche incongruenza nei dati (che fine hanno fatto i 61 Giapponesi infettati sulla nave da crociera in quarantena? Non risultano interamente nel computo generale).
Stamattina, però, in Asia, il sentiment si è un po’ deteriorato, con i principali indici a mostrare moderati cali, ad eccezione di Shanghai e Jakarta, marginalmente in guadagno. Il  Vice Governatore PBO Pan Gongsheng ha dichiarato che la banca centrale darà priorità al  sostegno della crescita a causa dell’epidemia,  ma  che fattori come l’eccesso di debito e il livello del cambio non verranno persi di vista. Per contro, ieri Bloomberg ha riportato che alcuni importatori di materie prime cinesi hanno iniziato a rinnegare le commesse d’acquisto citando l’epidemia come causa di forza maggiore. Oltre a ciò, sono sempre più le  aziende che annunciano sospensioni di attività qua e la,  a causa di carenza di componenti (Hyundai, FCA) e altri che chiudono gli Outlet (Uniqlo). Qualcuno ha attribuito il sentiment opaco a queste news, ma a me sembra di non sentire altro da  giorni che nuove quarantene, blocchi, proroghe di sospensioni.

L’apertura europea è stata gratificata di un altro paio di sonore stecche macro per il mese di Dicembre:
** La produzione industriale tedesca ha fatto un fosso (-3.5% da prec +1.2% e vs attese per -0.2%). Ci sta che vi sia un po’ di effetto stagionale con la caduta delle vacanze natalizie,  ma è un fatto che nel quarto trimestre sia produzione, che retail sales, che factory orders sono scesi.
** la  produzione industriale francese (-2.8% da prec 0% e vs attese per -0.3%) non è stata da meno.In parte è un effetto degli scioperi,  ma  la  verità è che a Dicembre la  produzione industriale è stata scarsa in tutte le principali economie (quella italiana la  sapremo Lunedì).
Va detto che un po’ di riduzione delle scorte può aver nuovamente contribuito ai cali e che le survey di attività si sono riprese negli ultimi 2 mesi depongono per una ripresina. Ma questa visione deve fare i conti con l’impatto della situazione cinese sulle global supply chains.

Con queste premesse, l’azionario Eurozone ha abbandonato presto le iniziali velleità di rialzo,  accumulando un passivo per la verità modesto.

Alle 14.30, quello che in teoria doveva essere il piatto forte della giornata, ovvero il labour market report USA di Gennaio. Dico in teoria, perchè considerando che il dato è tipicamente lagging, che il mercato del lavoro americano desta al momento poche proccupazioni, e che la Fed ha detto in tutte le lingue che è in pausa di riflessione, ci sarebbe voluto un numero davvero lontano dalle attese per creare un po’ di movimento sul mercato.
Infatti la forza del  report ha avuto un impatto modesto su mood.
I numeri sono i seguenti:
** 225.000 nuovi occupati da precedenti 147.000 e vs attese per 165.000. La media a 3 mesi passa a 211.000 occupati mese, un livello elevato. Probabilmente il clima mite ha accentuato le assunzioni nel settore costruzioni. 10.000 unità  sono state assunte per il censimento.
** La household survey ha visto gli occupati addirittura scendere di 89.000 unità e la disoccupazione salire di un decimale a 3.6% grazie anche  una salita della forza lavoro.
** Rimbalzo dei salari orari, al 3.1% anno su anno.
In generale un report buono, la  cui solidità è esaltata da eventi eccezionali. Le massicce revisioni (-41.000/mese) applicate al periodo da secondo trimestre 2018 al primo 2019 mostrano che questi numeri alla fine non vanno presi alla lettera.

In ogni caso, come accennato sopra, i mercati hanno snobbato il report. Wall Street è partita in ribasso, i rendimenti hanno continuato a scendere, cosi come le commodities. Più effetto si è notato sui cambi, anche per la divergenza con i pessimi numeri europei citati sopra. La  risk aversion era comunque insufficiente per supportare l’€.
La risk aversion ha raggiunto un (mini) picco a metà pomeriggio e poi l’S&P 500 ha recuperato gran parte della discesa, conducendo l’azionario Eurozone ad perdite tra il modesto (Dax, Eurostoxx) e il marginale (Milano). Il sollievo non si è però notato su tassi e commodities (il rame perde l’1.5%). Dopo la chiusura Wall Street ha ripreso a cedere un po’, ma nonostante l’incombere del week end, col suo carico di notizie a mercati chiusi, la convinzione latita al momento, e la  price action è alquanto tranquilla. Forse, in assenza del week end, la salita continuerebbe.

Come osservato ieri, le prossime 72 ore potrebbero portare notizie rilevanti. In sostanza, dovremmo apprendere se lunedì l’attività in Cina, in particolare nelle zone colpite, riprende almeno in parte, e le misure contenitive vengono allentate, oppure se i blocchi vengono prorogati.
Queste news sono cruciali per capire l’entità dell’impatto di questo fenomeno sull’economia cinese e globale. Anche Powell, in un discorso inviato al  Congresso per le udienze della prossima settimana ha osservato “The recent emergence of the coronavirus, however, could lead to disruptions in China that spill over to the rest of the global economy. ”

L’impressione personale è che dietro all’ottima performance dei mercati di questa settimana, oltre ad una buona dose di euforia dura a morire, vi sia la convinzione che quest’evento causerà, si, un calo dell’attività, ma che il grosso di questa verrà recuperato nei mesi successivi, così come accade in caso di altre calamità naturali come terremoti, inondazioni e uragani. E, in ogni caso, vi sono le  banche centrali a vigilare, pronte a risollevare qualsiasi calo dell’attività (e dei mercati) a suon di stimolo.

Muovo a queste teorie 2 obiezioni.
1) Rispetto alle altre calamità, questa ha un decorso magari meno negativo (rispetto allo Tsunami del 2004 ad esempio) ma molto più incerto. Ancora non sappiamo con cosa abbiamo a che fare, durata e dimensione delle disruptions, effetti sulla confidence dei consumatori, ed eventualmente se può emergere instabilità sociale. Non siamo in grado di escludere gli scenari più negativi. Il motivo per cui ancora le principali aziende non si sono pronunciate sull’impatto di questi blocchi sulla loro attività è –  presumibilmente – che ancora non ne intuiscono la durata. Ma presto o tardi campioni come Apple, Amazon, Ali Baba, Tesla e le loro corrispondenti europee e asiatiche, che si servono ampiamente dei supply chains che passano da Pechino, dovranno emettere una nuova guidance per il trimestre in corso e quello successivo almeno. E gli effetti si dovrebbero vedere sui mercati (ricordo che Apple aveva fatto un balzo quando emerse che aveva chiesto ai suoi fornitori di componenti di predisporsi ad un aumento del 10% della produzione di Iphone). Tutto quello che abbiamo finora è una serie di ipotesi sull’impatto di questa cosa sull’economia cinese da parte di case e organismi internazionali, che non valgono, a mio modesto parere, l’inchiostro elettronico con cui sono scritti, in primo luogo perchè già in partenza, vista la qualità  dei dati macro cinesi, abbiamo un idea vaga di quanto cresce veramente il paese.
2) Sicuramente le banche centrali reagiranno con vigore a eventuali outcome negativi. Ma l’effetto potrebbe non essere così dirompente. Il fatto è che gran parte delle politiche monetarie è  già  abbondantemente orientato all’easing.
In altre parole, 13 mesi fa la  Fed ha potuto imprimere una grossa svolta al policy mix: aveva i tassi al 2.5% e il mercato scontava altri 2 rialzi. E loro hanno tagliato i tassi 3 volte, iniziato i repo e il “non QE” (acquisti di T-bill). E quello shock ci ha messo trimestri a filtrare nell’economia. Ora, coi tassi all’1,5%, un altro taglio scontato nel prossimo anno, e un programma di acquisti già in essere, erogare un easing shock, per lei e per le altre, è tutto un altro paio di maniche.
Per questi motivi ritengo che lo scenario prezzato dal mercato azionario su questi livelli sia alquanto ottimistico.