Seleziona una pagina

Sentiment costruttivo sui mercati a inizio settimana

Venerdi scorso, i dati macro hanno confermato il quadro che stiamo osservando da qualche settimana. I PMI Europei manifatturieri di maggio sono rimasti in linea con il dato flash, in aggregato (PMI eurozone 55.5 -0.7 punti rispetto ad  aprile). Superiori alle attese i cali dei dati italiano (52.7 da 53.5 e vs stima a 53) e Spagnolo 53.4 da 54.4 e e vs stima di 54), non disponibili in sede flash. Il dato  italiano è ai minimi da 18 mesi.
Markit ha commentato che ci sono indicazioni che la perdita di momentum del ciclo europeo può continuare per qualche tempo.  Il rallentamento del libro ordini è stato più marcato di quello della produzione e è possibile che le  aziende passino attraverso una fase di riduzione delle scorte. Non a caso le  attese sulla produzione sono ai minimi da  20 mesi.
Diversamente, in USA i dati hanno continuato ad uscire forti. I nuovi occupati di maggio hanno sorpreso in positivo (223.000 vs attese per 190.000) e la  media degli,ultimi 6 mesi rimane sopra 200.000 posti/mese. I salari sono aumentati sopra attese, mentre la  disoccupazione, a 3.755% (arrotondato a 3.8%), ha segnato  il minimo dal 1969. L’ISM manufacturing non ha raggiunto il livello implicito nelle survey regionali, ma ha comunque sorpreso in positivo (58.7 da 57.3 e vs attese per 58.2).
Insomma,  l’economia americana continua a dare segnali di accelerazione nel secondo trimestre, mentre quella Eurozone conferma i dubbi alimentati dai dati degli ultimi mesi. Vedremo domani i dati dei PMi servizi e composite e l’ISM non manufacturing che indicazioni ci forniranno.
Con queste premesse, comprensibile il rialzo di Wall Street venerdi, mentre il  progredire della normalizzazione sui mercati obbligazionari italiani ha offerto supporto all’azionario continentale e ai rendimenti core, ma il recupero dell’€ è stato frenato dal differenziale di crescita.

Nel week end, non è che le notizie da Pechino,  sede del terzo round di colloqui USA – Cina sul trade, siano state particolarmente positive. Non c’è  stato un comunicato congiunto. Il Governo cinese ha dichiarato che le parti hanno avuto discussioni costruttive in varie aree, ma i dettagli rilevanti devono ancora essere ancora confermati. Dal  canto suo, Ross ha dichiarato che i colloqui sono stati “amichevoli e franchi” senza fornire altri particolari.  Leggi: non vi sono stati accordi di rilievo su nessuna questione.
L’agenzia Xinhua ha ammonito che se i dazi annunciati da Trump, la cui determinazione è prevista per il 15 giugno, entreranno in vigore, gli accordi di Washington saranno nulli. Niente incremento di acquisti di beni US, quindi, mentre probabilmente ci sarà una rappresaglia.

I mercati per ora non sembrano troppo preoccupati. Evidentemente gli investitori (così come i Cinesi) dubitano che Trump possa andare verso le Midterm elections con gli imprenditori agricoli (e relativi lavoratori) infuriati perchè la Cina non compra più un germoglio di soya.
Il  calo della risk aversion globale ha allentato la  stretta sullo Yen,  e  così Tokyo si è riscossa dal torpore.  Il settore immobiliare ha trainato le “H” shares, insieme a quello finanziario.  In Cina c’è un tema di cambio di stance monetaria e  fiscale per far fronte ad  eventuali frizioni commerciali con gli USA, e i settori che più avevano da perdere, da deleverage e istituzione di controlli contro la speculazione immobiliare, ottengono il maggior sollievo. Tra gli altri indici, solo Mumbai è scesa marginalmente.

L’apertura europea ha visto l’azionario continentale partire bene, in parte grazie al catch up con la performance di Wall Street, in parte per l’ulteriore normalizzazione osservata sugli spread periferici. Col procedere della mattinata, però, il mercato è  diventato un po’ più selettivo:  i rendimenti della carta italiana, esplosi nella fase di incertezza più  acuta,  hanno continuato a rientrare, ma Piazza Affari, dopo in inizio incoraggiante, ha preso a sottoperformare gli altri indici.
D’altronde, dando per scontato che il Governo Conte riceva la fiducia in Parlamento, si comincia a ragionare sulle parti del programma la  cui realizzazione presenta meno ostacoli, perchè non necessita di copertura, come le  potenziali modifiche al Jobs Act annunciate da Di Maio, le misure a protezione dei debitori bancari, etc. Non è un caso che siano state le banche italiane a zavorrare l’indice generale.
Sul fronte macro, oggi in Europa non erano previsti dati di rilievo. Ciò detto,  il Sentix index di giugno, una survey sui mercati europei condotta tra 4500 investitori istituzionali e privati, è crollato di 10  punti a 9.3 (vs attese per 18.3) mentre il sottoindice delle  expectations è sceso ai minimi dall’agosto 2012. Da un idea dell’impatto dei recenti eventi (rallentamento Eurozone più politica italiana) sul sentiment.

Altra aria in US,  dove  i factory orders di aprile,  depurati della volatile  componente trasporti, hanno marginalmente deluso, ma gli shipments restano assai robusti. Wall Street è  partita bene e al momento l’S&P 500 scambia ai massimi da oltre  2 mesi, mentre il Nasdaq, che ha superato di slancio quota 7.000 venerdi in apertura, si trova a un’ inezia dal  segnare nuovi massimi.

Supportati dal buon tono oltreoceano, gli indici europei concludono un’altra seduta in progresso,  ad eccezione di Milano, che mostra un calo marginale. A questo punto, la  parte facile del recupero è alle spalle, e il  focus passa ai discorsi di Conte alle camere nei prossimi giorni, seguiti dal dibattito e dalla fiducia,  per capire le  iniziali intenzioni di questo Governo, e l’atteggiamento verso l’Europa, una volta insediatosi.
Sul fronte obbligazionario mi aspetto ancora un po’ di normalizzazione, sulla parte breve in particolare, ma i livelli di spread prevalenti nei primi 4 mesi dell’anno (i.e sotto 150 bps) resteranno, a mio modo di vedere, un miraggio. Sull’azionario il discorso è più complesso. Le prime mosse del governo verranno attentamente scrutinate dagli investitori, e salvo sorprese  positive, sospetto che la sottoperformance dell’azionario italiano rispetto a  quello europeo cointinui. E un discorso analogo si può fare per quello europeo, rispetto a quello USA e globale.
Con il rimbalzo da 1.151 a 1.173 mi pare che la  divisa unica abbia esaurito il grosso dell’effetto  rientro della turbolenza politica italiana, e resto dell’idea che ulteriori rialzi siano improbabili, in assenza di chiari catalyst positivi. Il positioning resta un ostacolo per l’€, anche se in genrale il dati CFTC segnalano che il corto Dollaro  è rientrato.

Sul fronte tecnico, lo sviluppo più  importante mi pare la  possibilità che l’S&P 500 segua l’esempio del Nasdaq e concluda con un breakout il lungo consolidamento sotto quota 2740.

Gli indici europei, in questa fase, vanno al traino, nella migliore delle ipotesi.