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Robusto consolidamento di Wall Street dopo le news sul trade.

La notizia della tregua USA – Cina è valsa all’S&P 500 un +1.1% ieri. Deludente? A prima vista si, ma in realtà mica tanto, se si considera che si trattava della sesta seduta positiva a fila, per un totale del 6% (1% di guadagno medio a seduta). Un po’ di consolidamento ci stava, a prescindere dal newsflow, ed è quello che stiamo presumibilmente osservando oggi.
Va detto che, al momento, i dettagli dell’accordo restano abbastanza fumosi. Funzionari cinesi hanno ammesso che riduzioni dei dazi sulle auto sono in discussione, senza fornire ulteriori indicazioni. Trump era stato più categorico, ieri. Viste le precedenti delusioni, un po’ di prudenza da parte degli investitori è comprensibile.
Il ridimensionamento dei guadagni di Wall Street in giornata ha avuto un impatto sul sentiment nella seduta asiatica stamattina. L’intero “China complex” ha mostrato ulteriori progressi marginali, ma gli altri indici hanno ritracciato, a cominciare dalla batosta presa da Tokyo.Il fatto è che la piazza giapponese veniva 7 progressi di fila, il che ha presumibilmente ingrossato i flussi di presa di beneficio, producendo la peggior seduta da un mese e mezzo. Una parte la ha avuta, al solito, il robusto rimbalzo dello Yen.

L’apertura europea ha rispecchiato le perplessità dell’Asia, con gli indici in generale retromarcia rispetto alle chiusure di ieri.
L’aspetto più sorprendente quadro odierno sui mercati è il comportamento dei tassi US ed Euro core, i quali, nonostante tregua, sentiment e news macro (leggi ISM manufacturing) hanno interamente ritracciato il rialzo e si sono presentati stamattina su livelli inferiori a quelli pre-week end. Gli operatori riferiscono che diverse posizioni di steepening (ovvero che mirano ad un irripidimento della curva dei tassi USA) messe in piedi dopo la testimonianza di Powell della scorsa settimana hanno colpito livelli di stop loss, causando forte domanda sulle scadenze medio lunghe. In Europa non abbiamo la crescita US, abbiamo un mercato timoroso che l’ECB stia mostrandosi troppo impaziente nel rimuovere lo stimolo, e quindi non vi è motivo perchè la curva € resista al  movimento USA nel breve.
Naturalmente il settore banche europeo non ha granchè gradito il bund a 0.26%.
Poco dopo l’apertura, è comparsa una headline recante la notizia che l’Avvocatura Generale della Corte di Giustizia Europea ha raccomandato che la Corte attribuisca all’UK il diritto di ritirare unilateralmente la dichiarazione di intenzione di uscire dall’EU (il cosiddetto articolo 50). Questo sviluppo è stato immediatamente interpretato a favore del Regno Unito: se la richiesta può essere ritirata unilateralmente, il rischio di “hard Brexit” scende considerevolmente. Brusco rimbalzo della Sterlina, che si è trascinata dietro l’€.
Scarso l’effetto sull’azionario, che ha continuato a indebolirsi, guidato dalle banche.
Sul fronte trade, in attesa della conferenza stampa post G-20, rinviata a giovedi (dopo il funerale di Bush sr) Trump ha fatto sapere che le negoziazioni con la Cina sono già riprese, dopo la “splendida e cordiale” cena con Xi, e che termineranno tra 90 giorni “salvo estensioni”. Un accenno di flessibilità positivo, sebbene non da prendere alla lettera. I Cinesi dal canto loro hanno annunciato sanzioni per il furto di proprietà intellettuali.

Nel pomeriggio, in assenza di dati macro di rilievo, il sentiment si è ulteriormente deteriorato. Il petrolio ha progressivamente restituito i guadagni dopo che il ministro Saudita ha chiarito che è presto per dire se la produzione verrà tagliata.
Il Membro Fed Williams ha avuto toni più ottimisti di Powell e Clarida. I dati sono usciti in linea o meglio di attese già robuste, le condizioni finanziarie sono favorevoli e vi sono diversi fattori positivi per la crescita l’anno prossimo. Ulteriori rialzi dei tassi per il prossimo anno sembrano giustificati.
Sarà per questi toni meno accomodanti, che riportano parzialmente il FOMC sulla vecchia stance, ma il Dollaro ha ripreso forza contro tutte le valute sterlina compresa, e il sentiment sui risk asset ha ripreso a peggiorare con Wall Street.
Cosi l’azionario Eurozone ha chiuso in calo, sui minimi di seduta, i tassi hanno continuato la loro ritirata, e l’€ si appresta a terminare la seduta europea in calo dopo essere stto in guadagno la maggior parte del tempo. In allargamento lo spread, in linea col sentiment, nonostante un newsflow coerente con un negoziato fruttuoso tra EU e Governo
*SCHOLZ: ITALY `CONSTRUCTIVE AND COOPERATIVE’ IN EURO TALKS
*ITALY’S TRIA: WE NEED TO AVOID EU PROCEDURE

Dopo la chiusura Wall Street ha accentuato il ribasso, e sembra determinata ad un consolidamento decisamente più brusco di quello che sembrava stamattina. Forse la chiusura di domani per i funerali di George Bush ha accentuato le prese di beneficio. Certo, una chiusura significativamente sotto i livelli pre Summit va oltre quello che poteva essere considerato un normale consolidamento, e alimenta qualche domanda sulla tenuta del movimento.

Tornando a parlare di tassi, parecchio rumore ha fatto ieri la notizia dell’inversione della curva americana nel tratto tra 2 e 5 anni (la domanda è stata fatta anche a Williams). Al solito, i media brulicano di articoli che sottolineano come questo sia un segnale nefasto per il ciclo. Effettivamente un inversione della curva USA ha preceduto ognuna delle ultime recessioni, e relativo bear market, il che porta naturalmente gli investitori a interrogarsi se anche stavolta sia partito il conto alla rovescia.
Detto questo, tanto per cominciare, lo spread di rendimento che si guarda è quello tra il 2 anni e il 10 anni, e questo è ancora, sia pur di poco, inclinato positivamente (13 BP). In media, queste inversioni hanno preceduto le relative recessioni di 16 mesi, mentre il minore degli intervalli tra l’inversione del 2-10 treasury e la successiva recessione è di 9 mesi, nell’82.
Lo spread invertitosi ieri, ovvero il 2-5, dispone di un track record simile. Ma le ultime 3 recessioni sono arrivate rispettivamente 17, 30 e 25 mesi dopo la prima inversione, e i picchi del mercato azionario US, quando ci sono stati (dopo le recessioni del 2000e del 2007, sono arrivati 23 e 24 mesi dopo (nel grafico lo spread, l’S&P 500 e le recessioni ombreggiate in rosso).