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L’anno del maiale inizia bene sui mercati cinesi

Un colpo di reni dell’S&P 500 venerdi, nella parte finale della seduta, ha permesso all’indice di chiudere seduta e settimana con un marginale guadagno (rispettivamente +0.07% e +0.05%), un epilogo che sembrava alquanto improbabile a metà seduta.
Nel week end, le trattative tra Repubblicani e Democratici per prorogare il finanziamento al Governo USA oltre la scadenza di Venerdi sono naufragate. Poichè la questione che ha causato l’interruzione delle trattative non pare così fondamentale, è possibile che queste riprendano a breve, ma a questo punto una altro periodo di parziale chiusura (9 dipartimenti) potrebbe essere necessario per portare le parti ad un compromesso.

Sicuramente, la chiusura un po’ più brillante dell’azionario USA ha contribuito al tono discreto stamattina in un Asia orfana del Giappone per festività. Ma il sostegno più forte è venuto dallo spumeggiante ritorno sui mercati della Cina, dopo una settimana di chiusura. Le “A” shares hanno recuperato ben oltre il punto percentuale trainate dalle small caps che hanno nuovamente guadagnato oltre il 3 (lo avevano fatto anche nell’ultima seduta prima delle festività).
l’euforia ha preso un po’ in contropiede gli operatori, visto il tenore delle notizie circolate i giorni scorsi sul trade (il rinvio a data da destinarsi dell’incontro XI-Trump inizialmente previsto a fine mese in Vietnam)  notizie che avevano contribuito non poco alla fase correttiva della seconda metà della settimana. Peraltro, dopo la doccia fredda di giovedì, Axios ha riportato nel week end indiscrezioni secondo cui Il Presidente Xi potrebbe venire alla residenza di Trump in Florida (Mar-a-Lago) e che i 2 presidenti potrebbero sentirsi telefonicamente prima del primo marzo.
Ma i fatti sono che Lighthizer e Mnuchin si sono recati a Pechino come da programma, per il nuovo round di colloqui con il Vicepremier Liu He. Dai progressi messi a segno in questi meeting, più che dalla fissazione anticipata di un incontro tra Trump e Xi, dipende probabilmente una proroga o meno della tregua commerciale in atto.  Il tono delle headline nei prossimi giorni ci permetterà di farci un idea delle prospettive, ma non bisogna dimenticare che le trattative sono sempre generatrici di tensioni.
Naturalmente la forza dell’azionario cinese può riflettere fattori indipendenti dal trade. Solo che, a parte una valutazione dei consumi durante il periodo festivo ad opera del Ministero del Commercio (+8.5% che è il minimo incremento dal 2011 ma mi sembra difficilmente coerente con una recessione) il grosso delle news sono giunte a mercati chiusi. Le riserve valutarie PBOC hanno mostrato un moderato incremento a gennaio di 15 bln $ a 3.09 trln $. La variazione, che riflette per lo più effetti valutari, conferma comunque la recente stabilità.
La terza notizia, la più rilevante forse, è arrivata nella tarda mattinata europea (ma ci sta che sia circolata prima sui mercati locali). Lo State Council ha comunicato che adotterà misure per facilitare la ricapitalizzazione delle banche, incentivando vari operatori a partecipare agli aumenti di capitale, e favorendo l’approvazione di nuove emissioni di perpetual bonds, preferred shares e convertibili. Le banche potranno utilizzare più di uno strumento allo stesso tempo, ma le ricapitalizzazioni dovranno servire ad aumentare il credito alle piccole aziende private.
Queste comunicazioni accentuano l’impressione che le autorità siano determinate a far ripartire il ciclo del credito bancario e a far arrivare l’easing anche nei settori dell’economia più distanti dai mercati finanziari.
Con queste misure in arrivo, sorprende poco che il Chinext small caps si sia ripreso bruscamente. Vedremo domani de lo HSCEI, pieno di grosse banche, produce uno spunto, o se le mosse erano già nei prezzi.

La seduta europea è comprensibilmente iniziata con un tono positivo: c’era da recuperare il gap con Wall Street maturato venerdi sera, e da scontare il buon tono alla riapertura dei mercati locali cinesi.
Il settore bancario italiano, poi, ha beneficiato della pubblicazione da parte di alcune banche dei risultati del processo di valutazione e revisione ECB, che ha considerato sufficienti i cuscinetti di capitale (Banco BPM addirittura se lo è visto ridurre). Mi domando quanto pagherebbero i banchieri italiani per essere regolati dalle autorità cinesi.
Il BTP, dopo l’indigestione di carta delle prime settimane dell’anno, e la conseguente marcata pesantezza delle ultime sedute, ha tratto sollievo dalla comunicazione, da parte del Tesoro, di ammontari ridotti per l’asta di metà mese (solo 4.5 bln tra 3 e 7 anni, e niente long end).
Anche il risultato delle elezioni regionali in Abruzzo ha visto un po’ di risalto sui media finanziari, con la sconfitta del Movimento ad alimentare qualche ipotesi di un materiale spostamento del baricentro verso la Lega, ed eventuali nuove elezioni sullo sfondo. Non è chiaro però se queste speculazioni abbiano in qualche modo influenzato i prezzi.
Aggiungiamoci che oggi non erano previsti dati di rilievo in Eurozone, e quindi non c’era possibilità di steccare nuovamente sul fronte macro, ed ecco che il contesto si è fatto favorevole per l’azionario continentale, che ha accumulato un buon progresso nelle prime ore di contrattazione.

Sul fronte Brexit, la situazione resta ingarbugliata. Domani la May dovrebbe fare una dichiarazione  in Parlamento, e sembra che il voto del 13/14 febbraio verrà rinviato a fine mese per permettere ulteriori negoziazioni con l’EU. La novità è che la May ha risposto a Corbyn, rendendosi disponibile a trattare sulla base della proposta del Leader Laburista (senza fare numerosi distinguo ovviamente). La strategia della Premier sembra sempre quella di arrivare all’ultimo minuto per ottenere un approvazione di una versione rimaneggiata del suo vecchio accordo, grazie alla minaccia di un’uscita senza accordo o, per i conservatori radicali pro brexit, di un nuovo referendum o nuove lezioni. Ma io credo ancora che una nuova estensione dell’articolo 50 sia l’epilogo più probabile.
Nel frattempo i dati macro continuano a portare i segni dell’incertezza. Oggi il GDP del quarto trimestre 2018 ha deluso (0.2% da prec 0.6% e vs attese per 0.3%) a causa del calo degli investimenti e delle scorte, mentre la spesa pubblica ha accelerato parecchio, compensando in parte.

Il pomeriggio in US non offriva particolari emozioni. Nessun dato macro, e poche news. Wall Street è partita in rialzo aiutata dal buon sentiment in Europa e  da una healine positiva sul trade (CONWAY SAYS POSSIBLE TRUMP, XI WILL MEET VERY SOON -FOX NEWS INTERVIEW), ma poi ha perso momentum, assestandosi su livelli marginalmente positivi. Tra i motivi di quest’apatia, eventualmente,  la circostanza che il dollaro ha ripreso anche oggi a rafforzarsi nei confronti delle principali divise. Il Dollar Index mette a segno l’ottava seduta positiva a fila, ed è a meno di un punto percentuale dal segnare i massimi degli ultimi 18 mesi.
Il principale driver di questo vigoroso recupero, seguito alla correzione indotta dal cambio di stance FED sembra essere il permanere di un robusto differenziale di crescita tra l’America e il resto del mondo. Se negli USA il manifatturiero si è ripreso dallo scivolone di dicembre e in generale i dati restano coerenti con un ritmo di crescita sostenuto, altrove, e in particolare negli altri paesi industrializzati, i segnali di un inversione di tendenza devono ancora comparire e i dati di gennaio sono stati laddove stabili, laddove in peggioramento. Quest’inattesa nuova divergenza macro tra USA e resto del mondo sembra più che compensare, in questa fase, il brusco cambio di stance FED, l’impatto dei deficit (commerciale e di bilancio), e il mutato bilancio dei flussi (L’ECB non fa più QE). Sicuramente lo smantellamento del positioning messo in piedi contro il biglietto verde in occasione del FOMC ha contribuito ad alimentare il movimento.

A questo punto sembra sensato attendersi un pò di consolidamento, visto quanto iperesteso arriva il movimento al cospetto della resistenza in area 97.50. Dopodichè, la direzione la daranno i prossimi dati macro in Eurozone etc. L’idea personale è che, principalmente grazie alle politiche cinesi, dovremmo assistere ad una stabilizzazione nei prossimi mesi.

La scarsa vena di Wall Street ha limato qualcosa dalla forza degli indici europei, che comunque chiudono la seduta con un discreto rimbalzo, eventualmente gratificati dal calo dell’€, ai minimi del 2019. Il ritorno del risk appetite ha tolto forza alla carta tedesca, e così, complice la citata forza del BTP lo spread cala di 10 bps tondi.

Riguardo il calendario macro, la settimana si presenta tranquilla. Gli eventi principali sono il CPI US di gennaio mercoledi, il GDP tedesco ed Eurozone del quarto trimestre giovedi (la Germania eviterà la recessione tecnica?) e produzione industriale US di gennaio Venerdi. Giovedi dovremmo recuperare anche le retail sales USA di dicembre, la cui pubblicazione è stata rinviata. Ma si tratta di dati un po’ vecchi.
Sul fronte banche centrali domani dovremmo avere un discorso di Powell. Al parlamento UK il discorso della May ci illuminerà sui nuovi passi, visto che pare che il 13/14 non si voti.