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Infine segnali di rallentamento negli USA, rimbalzano treasury e Wall Street.

L’ultima seduta di settembre ha segnato la chiusura di un mese disastroso per l’S&P 500, con un -9.3% sul mese (-1.51% venerdì sera, -1.73% per il Nasdaq 100). La caduta dal massimo relativo di metà agosto ha superato il 17%, mentre il livello è il minimo da Novembre 2020, 22 mesi fa. Inutile ribadire il principale driver del crash: l’inasprimento della retorica FED che ha portato i rendimenti USA a esplodere al rialzo, e l’azionario USA a sottoperformare un equity europeo che lotta contro un ECB a sua volta hawkish, una crisi energetica che ancora deve estendere completamente i suoi effetti su consumatori e aziende, e una guerra in Ucraina che è a seria minaccia di escalation. Il tutto, con l’aggiunta della crisi di debito e valutaria innescata dal Governo Truss in UK, alla quale la BOE ha messo una pezza a metà settimana.

Nel week end il newsflow è stato sostanzialmente misto.
** venerdi’ sera Moody’s non ha downgradato l’italia come da attese. Questo ha forse aggiunto, a margine, sollievo sugli asset italiani.
** le perplessità e i rumors su Credit Suisse si sono intensificati nel week end, con una missiva di rassicurazione ai dipendenti da parte del CEO che ha fatto più male che bene al sentiment
** Sul fronte FED, è stato dato un certo risalto ad un meeting annunciato per oggi, da molti indicato come “di emergenza” e quindi potenzialmente foriero di un cambio di stance. In realtà si tratta di meeting periodici che non hanno significati particolari. Ma apparentemente, alle orecchie di alcuni commentatori (Fox news) sono giunte indiscrezioni che dietro la facciata adamantina, al FOMC si stia creando un fronte di membri preoccupati per la stabilità finanziaria. Queste indiscrezioni hanno ricevuto un parziale impulso da alcune dichiarazioni più caute rese dalla Brainard venerdì.
*BRAINARD SAYS FED ATTENTIVE TO FINANCIAL VULNERABILITIES
*BRAINARD: SHOULD CONSIDER SPILLOVERS AS RATES TIGHTEN GLOBALLY
*BRAINARD SAYS RISKS WILL BECOME MORE TWO SIDED AT SOME POINT.

La seduta asiatica è stata mutilata dalla festività in Cina (per tutta la settimana sulle “A” shares”) e a Seul. Gli altri indici hanno mostrato un comportamento in aggregato migliore di quanto ci si potesse aspettare viste le performance USA: Tokyo ha messo a segno un rimbalzo e le discese degli altri principali indici aperti sono comprese tra il – 0.27% di Sydney  e il -1.21% di Mumbai. Questo se si esclude il -4% della borsa vietnamita, apparentemente devastata da margin calls.

La seduta europea è iniziata con gli indici comprensibilmente in profondo rosso. D’altronde quando le piazze EU hanno chiuso venerdì sera Wall Street era ancora sopra la pari e avevano un catch up da fare di oltre un punto e mezzo di calo. Inoltre, c’era l’impatto sul settore, e sul credito, delle news di Credit Suisse, nonchè il miss di Tesla sulle consegne (343.830 contro 358.000 attese) che ha impattato sul titolo in pre market e sul future Nasdaq. Non è periodo, di deliverare “miss”.
I PMI finali manifatturieri di settembre in Eurozona tendono più al rosso (deterioramento) che al verde. Hanno rallentato e sono cadute in stagnazione o contrazione Svezia, Olanda, Spagna, Norvegia. Hanno accelerato Irlanda, Svizzera (parecchio), Italia (sopra consenso) Grecia e Danimarca.


Tra le release di cui era già noto un report flash, abbiamo avuto tutte revisioni al ribasso (in particolare in Germania) a indicare che il manifatturiero ha continuato a deteriorarsi, a margine, nella parte finale del mese. La nota di S&P Global parla di domanda in forte contrazione (al livello più forte da maggio 2020) e produzione in alcuni casi arrestata dal balzo dei costi energetici. Le pressioni inflazionistiche sono aumentate, con il calo dei costi di delivery più che compensato dall’aumento dei costi di energy. Anche la confidence delle aziende è tornata a deteriorarsi, con gli ordini che rallentano più veloce della produzione.
Peraltro, dopo la release dei dati, il sentiment ha preso a recuperare, sui mercati europei. Intanto, nessuna di queste news è particolarmente una sorpresa. A margine, si percepisce l’impatto del nuovo budget tedesco, che è giunto contornato di polemiche a causa dell’egocentrismo (molti dicono egoismo) che ne caratterizza l’approccio unilaterale, ma un impatto sull’ outlook per l’inverno dell’economia tedesca dovrebbe averlo.
E poi,  prima dell’apertura europea abbiamo appreso della retromarcia imposta alla Truss dal suo partito, con il rinvio del voto sul taglio dell’aliquota per i ricchi, a data da destinarsi.
il risultato pratico è stato che, non senza titubanze, in mattinata i rendimenti UK, e quelli EU, hanno preso a calare, dapprima timidamente e poi con più forza, e l’azionario ha preso a recuperare terreno dalla tarda mattinata in poi. Sui cambi ovviamente la sterlina ha reagito bene, trainandosi dietro l’€. Sul fronte commodities, forte il petrolio, supportato da sentori di taglio dell’offerta da parte dell’OPEC alla prossima riunione.

La sferzata finale al sentiment è arrivata nel pomeriggio, coi numeri USA.

Sorvolando sulla marginale revisione al rialzo del PMI manifatturiero, e sul comprensibile nuovo calo del costruction spending di agosto, arriviamo all’ISM manufacturing di settembre, che è calato molto più delle attese, toccando i  minimi da maggio 2020, e con una debolezza diffusa nei sottoindici, con new orders, ed employment in significativa contrazione. In rallentamento anche i prezzi. Calo dei tempi di consegna, e aumento delle scorte, mentre molte aziende hanno dichiarato di pensare a un blocco delle assunzioni.
Su un mercato che aveva iniziato la settimana (e il trimestre) pensando a una FED segretamente combattuta, e che già aveva visto numeri brutti in mattinata, questo report ha causato un bello shock. I rendimenti treasury hanno preso a calare con forza, con accento sulla pancia della curva. Il Dollaro ha perso forza, in particolare contro sterlina. E l’azionario ha strappato al rialzo, senza quasi più guardarsi indietro. L’idea è che questi numeri accentuino il (presunto) dibattito interno alla FED. Ma l’effetto è esaltato dall’enorme “corto treasury” sul mercato, dopo settimane di massacro e retorica FED aggressiva.
Anche le commodites si sono sentite liberate dal calo dei tassi con i preziosi in domanda e l’argento a rivaleggiare con il petrolio.
Gli indici europei terminano la seduta con progressi discreti, che però si sommano a quelli di venerdì, avendo interamente assorbito il crash finale di Wall Street. Bruschi cali anche per i rendimenti Eurozone, in simpatia con quelli USA e in reazione ai dati brutti (vedi schema sotto). I cali a 2 cifre sono la norma e in molti casi superano i 20 bps.

Molto bene sia piazza affari che BTP, aiutati, come citato sopra, dal nulla di fatto Moody’s.
Dopo la chiusura europea, Wall Street ha accelerato ancora: lo short squeeze è massiccio. Oltretutto in settimana abbiamo parecchi numeri importanti, e se il tono è questo, c’è da riflettere, per la Fed e, di riflesso,  per il mercato dei tassi.
Iniziamo soft domani con il CPi a Tokyo per settembre, il PPi di agosto in EU, e i job openings di agosto in US. Ma mercoledì si cambia marcia con i PMI servizi e composite globali finali di settembre e l’ISM services in US, insieme con l’ADP survey di settembre. E abbiamo la citata riunione OPEC. Giovedì abbiamo i sussidi di disoccupazione in US e venerdì chiudiamo alla grande con il labour market report USA di settembre.