Seleziona una pagina

I PMI cinesi e l’ISM manifatturiero USA sorprendono in positivo e Aprile parte bene sui mercati

I teorici del complotto sono serviti.
Dopo la sorprendente euforia sui mercati locali cinesi di venerdi, nel week end il PMI ufficiale manifatturiero cinese di marzo ha messo a segno il recupero più forte dal 2012 (50.5 da prec 49.2 e vs attese per 49.6), tornando in territorio di espansione e nel contempo stracciando il consenso. La forza è ben riflessa nei sottoindici con la production che sale di 3.2 punti a  52.7 e i new orders +1 a 51.6. Segnali di miglioramento anche della domanda esterna, anche se il rimbalzo degli export orders  (+2 a 47.1) li lascia sotto la soglia di contrazione. Gli import order hanno recuperato ben 3.9 punti a 48.7.
Buono anche il PMI non manufacturing (+1.5 a 54.8), trainato dal settore costruzioni (+2.5 a 61.7), che eventualmente beneficia dell’aumento della spesa in infrastrutture.
La ripresa dell’attività a pieno regime post festività di Capodanno (cadute a febbraio) può avere un po’ aiutato il rimbalzo, ma il miglioramento del quadro è comunque evidente.
Per una volta, anche  il PMI Manifatturiero cinese elaborato da Markit ha confermato il miglioramento (50.8 da prec 49.9 e vs attese per 50) tornando a sua volta sopra la soglia di espansione. Tra i sottoindici, che riflettono in generale il miglioramento, spicca il balzo di quello relativo all’employment.
Pur mettendoci la tara che marzo ha una stagionalità positiva legata alle festività, queste survey sembrano confermare che, alla fine, lo stimolo monetario e fiscale (molto del quale entra in vigore oggi e tra 30 giorni) stanno infine avendo un impatto sul ciclo cinese.
I PMI del resto dell’area asiatica non arrivano a segnalare un rimbalzo dell’attività manifatturiera, ma mostrano, in aggregato, un rallentamento del ritmo di contrazione (Giappone +0.3 a 49.2, Indonesia +1.1 a 51.2, Filippine a -0.4 a 51.9, Sud Corea +1.6 a 48.8, Taiwan +2.7 a 49.0, Vietnam +0.7 a 51.9).
A temperare un po’ la positività del quadro, il Tankan Giapponese generalmente debole (ma è una survey trimestrale) e la bilancia commerciale sudcoeana che non mostra particolari miglioramenti, anche se si nota la differenza tra l’export verso gli emergenti, in recupero, e quello verso i paesi industrializzati (ancora debole).
Sul fronte trade, il Consiglio di Stato cinese ha comunicato che la sospensione dei dazi sulle auto USA viene prorogata, allo scopo di “continuare a creare un buon clima per i colloqui” alla vigilia della visita del Vice Premier Liu He a Washington.
Ovviamente, i mercati locali cinesi non si sono fatti pregare, e hanno messo a segno un’altra robusta performance trainando le “H” shares e il resto degli indici asiatici a buoni progressi.

Il buon tono si è comunicato anche all’apertura europea, con i principali indici in significativo rialzo, e i rendimenti e la divisa unica a mostrare una tendenza positiva più contenuta.
Stamattina era prevista la pubblicazione delle revisioni dei PMI manifatturieri flash Eurozone di marzo, con relativi dettagli geografici. Markit deve aver optato per una strategia “via il dente, via il dolore” visto che, invece che rispettare gli orari, ha pubblicato tutti i numeri insieme, poco prima delle 9.00.
Diversamente da quanto osservato in Asia, in Eurozone c’è poco da stare allegri. Il dato aggregato EU è stato rivisto al ribasso di 0.1 a 47.5, minimo da quasi 6 anni. Le revisioni hanno abbassato di 0.6 a 44.1 il dato tedesco (davvero orrido) e di 0.1 quello francese a 49.7. Riguardo il dato tedesco, Markit ha riportato che l’estrema debolezza è concentrata nei beni di investimento e intermedi, mentre quelli di consumo hanno mostrato espansione. Un nuovo segnale di chiara divergenza tra domanda interna ed estera, se ce ne fosse stato bisogno. Brutto il dato italiano, peggiorato di 0.3 a 47.4 a causa di una robusta contrazione dei new orders (minimo da 6 anni) che non depone bene per i prossimi mesi, cosi come l’accumulo di scorte. Meglio la Spagna, che ha mostrato un rimbalzo del manifatturiero a 50.9 da 49.9 e vs attese per 49.7.

In generale, numeri che ancora non mostrano traccia di una ripresa della domanda globale che sarebbe coerente con quanto si osserva in Cina. Visto però quanto ci hanno messo le survey di attività locali a prendere atto di miglioramento che erano già latenti in altre serie macro, forse ci possiamo illudere che si tratti di un lag temporale, e che nel secondo trimestre vedremo qualche segnale anche in Eurozone.
Un pensiero che deve aver avuto anche il mercato, se è vero che, dopo un po’ di imbarazzo, gli indici hanno ripreso la via del rialzo, accumulando discreti progressi.
A metà mattinata, delusione anche dal CPI flash Eurozone di marzo, con sia il dato headline che quello core in rallentamento e di 0.1% sotto attese, rispettivamente a 1.4% e 0.8%. Il dato ha contributo a porre un freno temporaneo al rialzo dei rendimenti tedeschi, senza però fargli invertire la marcia in maniera significativa.
In tarda mattinata hanno fatto la loro comparsa un po’ di prese di beneficio sui risk assets. In fin dei conti il calendario macro era piuttosto denso anche in US nel pomeriggio, e alla luce del recente newsflow qualche stecca era da mettere in conto.
In effetti le retail sales US di febbraio hanno deluso le attese che puntavano a un modesto progresso (control group -0.3% vs +0.2% atteso). Ma le revisioni cambiano volto al mese di gennaio (che nel caso del dato control group passa da +1.1% a +1.7) e anche Dicembre è stato leggermente rialzato. Il ritmo dei consumi nel primo trimestre ne risulta accelerato. Sorvolando sulla modesta revisione al ribasso del PMI manifatturiero, passiamo all’ISM manufacturing, che invece è uscito meglio delle attese (55.3 da 54.2 e vs stime per 54.5. La forza è confermata dai new orders (+1.9 a 57.4) e dalla production (+1 a 55.8) e si fa notare un balzo dell’indice employment (+5.2 a 57.5).
In soldoni, l’attività resta su livelli discreti e la tendenza ad indebolirsi viene ridimensionata dal rimbalzo.
A completare il quadro, un construction spending di febbraio a sua volta sopra attese (+1% da +2.5% e vs attese per -0.2%) con gennaio quasi raddoppiato dalla revisione.
Spinta dalle insperate buone notizie (di recente il newsflow macro USA era stato assai deludente) Wall Street ha aperto in rialzo e la sua forza ha ridato spunto all’azionario europeo, riportandolo, in chiusura, a contatto coi massimi segnati in mattinata. Se il $ ha tratto un modesto sostegno dai numeri, i rendimenti, per la prima volta da diverso tempo, mostrano una marcata tendenza a salire sui treasury, e, udite udite, perfino sulla carta tedesca, nonostante i dati francamente brutti sia su attività economica che sui prezzi. Nel processo, il differenziale di spread tra 3 mesi e 10 anni USA, il cui passaggio in negativo tanto sppazio aveva trovato sui media finanziari, come presagio di recessione, è tornato in positivo.
Il BTP ha vissuto una fase di volatilità in mattinata, propiziata dal tono del dato italiano (e le dichiarazioni dell’OCSE), ma nel pomeriggio la domanda è ritornata e al fine giornata lo spread stringe marginalmente.

Wall Street al momento sta testando i massimi di Marzo, il cui eventuale superamento aprirebbe a 2.900 e poi ai nuovi massimi storici. Stiamo a vedere


In tema di quadri tecnici è il caso di osservare che Shanghai ha prodotto il breakout ipotizzato venerdi.

In ultimo, mi son tenuto la Brexit, dove tutto è sospeso in attesa del voto di stasera (In Parlamento a partire dalle 20). Delle 8 mozioni presentate, le più rilevanti sembrano essere la riedizione di quella di Clarke sull’unione doganale permanente, e quella dei Laburisti sul referendum di conferma per ogni ipotesi di uscita. Poichè, diversamente da martedi scorso, in questo caso ai Ministri è stata lasciata libertà di voto, la mozione Clarke, bocciata in prima presentazione di appena 8 voti, potrebbe anche passare. La sua sorte sembra legata alla circostanza che i Laburisti, che non hanno finora dato indicazioni, la sostengano, come alla prima presentazione.
Supponendo che passi, la May potrebbe inserirla nel suo piano e tentare un’approvazione in extremis, sperando che i Conservatori radicali e il Dup irlandese lo votino. Viceversa, se nessuna mozione passa o la May decide di non implementare quella che passa, sia essa l’unione doganale, il referendum o altro, allora con ogni probabilità si va alle elezioni.
La Sterlina sembra prezzare una moderata probabilità che l’aggiunta di un unione doganale metta le ali al piano May, ma la strada è ancora lunga.

Nel prosieguo della settimana i principali eventi del calendario macro sono mercoledi i PMI services e Composite globali, e l’ISM non manufacturing in US, Giovedi i factory orders tedeschi di febbraio, e venerdi il labour market report USA di marzo.