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I mercati mostrano di non credere alla Fed.

Alla fine, ieri sera, i mercati hanno mangiato la foglia. Due dissensi al taglio, un Powell ottimista sul quadro macro, e desideroso di qualificare il movimento come un “insurance cut” e non l’inizio di una lunga serie di tagli, e in generale nessun impegno a muoversi al prossimo meeting: in soldoni, un FOMC meno accomodante delle attese (ricordo che i mercati prezzavano un 18% di probabilità di un taglio di 50 bps e 3 tagli entro 12 mesi).

Così Wall Street ha perso significativamente (-1.2%) pur restando ad una certa distanza dai minimi di seduta, il Dollaro ha recuperato su tutti i fronti, e i tassi hanno preso a salire sulle scadenze più brevi, a scontare meno tagli dei Fed Funds. Le curve hanno mostrato da subito una tendenza ad appiattirsi. Trump si è lamentato, tweetando che “Powell ci ha deluso”, ma per ora i toni sono rimasti moderati.

La reazione, stamattina, in Asia, c’è stata, ma è stata comunque composta. Intanto, Tokyo ha reagito alla debolezza dello Yen, mettendo a segno un marginale recupero. Degli altri principali indici, solo Mumbai ha perso più dell’1%. Eventualmente, l’area può aver tratto marginale sollievo dalla circostanza che il PMI manifatturiero cinese di luglio calcolato da Markit ha a sua volta recuperato di più delle attese (49.9 da prec 49.4 e vs attese per 49.5.). La forza è riflessa nei principali sottoindici, con sia new orders (+1.4 a 50.2) che production (+1.1 a 50.1) che tornano in territorio di espansione, sia pure marginalmente. Mettendo insieme questo con il report analogo calcolato dall’ufficio statistico nazionale, si può concludere che a Luglio il manifatturiero cinese ha dato segni di vita.

Reazione modesta anche dall’azionario europeo, che, dopo un iniziale sbandamento, si è riportato rapidamente in positivo, trainato dal settore bancario, illuso dal rimbalzo dei rendimenti. Naturalmente, la brusca discesa dell’€ ha contribuito alla causa.

In Europa erano attesi i PMi finali manifatturieri di Luglio. I report non hanno fornito grossi spunti rispetto ai dati flash. Il calo del dato aggregato Eurozone (-1.1 a 46.5, minimo da 79 mesi) è stato sostanzialmente confermato (revisione al rialzo di 0,1). L’aspetto negativo è che i new orders hanno segnato il minimo dal 2009. Modeste le revisioni a Francia e Germania (rispettivamente -0.3 e +0.1) mentre tra i dati non  disponibili 2 settimane fa, si registrano letture migliori delle aspettative in Italia (48.5 da 48.4 e vs attese per 48) e Spagna (48.2 da 47.9 e vs attese per 48). Insomma, come apparso chiaro alla pubblicazione dei dati flash, a Luglio la debolezza del manifatturiero Eurozone si è ripresentata in grande stile, cancellando gran parte del recupero dei mesi scorsi. La differenza è che questa volta la periferia ha fatto meglio della “core Europe”.
Old news, come si diceva, e infatti i mercati non hanno modificato particolarmente la price action. L’azionario è rimasto supportato, l’€ ha accennato a scenderere senza in realtà modificare molto i livelli raggiunti in seguito alla Fed,  e i rendimenti, che erano partiti in rialzo, hanno preso a calare progressivamente.

A metà giornata, la Bank of England ha confermato l’attuale stance, rivedendo però al ribasso stime di crescita e inflazione. L’aumento delle incertezze legate alla brexit è stato notato. Però il Committee ha osservato che, assumendo un uscita tranquilla dall’EU (e quindi non una “No deal brexit”), graduali rialzi dei tassi dovrebbero essere necessari nei prossimi 3 anni. Una moderata “tightening bias” è stata conservata, quindi.

L’altro piatto forte della giornata era l’ISM manufacturing di luglio in US. Il dato ha nuovamente deluso (51.2 da prec 51.7 e vs attese per 52) marcando il nuovo minimo da agosto 2016. A mitigare il numero, i new orders hanno recuperato un po’ (+0.8 a 50.8), ma comunque il manifatturiero USA resta vicino alla velocità di stallo. Il dato è stato preceduto da una marginale revisione al rialzo del meno seguito PMI manufacturing (+0.3 a 50.3).
Un report che offre una parziale validazione alla scelta della Fed, ma non cambia di molto lo scenario. Quanto all’impatto sugli asset, si può dire che il dato ha contribuito a movimenti che in realtà erano già in atto.

Infatti, da metà giornata in poi, i mercati sono stati impegnati a cancellare, in diversa misura a seconda dell’asset, i movimenti causati dal FOMC di ieri.
L’effetto più evidente si è notato sui bonds, i cui rendimenti hanno preso a scendere vertiginosamente, terminando, in generale, sotto i livelli pre FOMC. In US, se il 2 anni è tornato sui livelli pre Fed, il 10 anni treasury ha rotto decisamente il livello del 2%. In Europa il Bund ha marcato nuovi minimi di rendimento a -0.46% e il long end ha outperformato, col 30 anni terminato sotto i 10 bp.
Discorso simile per Wall Street, che ha aperto al rialzo, e al momento recupera quasi per intero le perdite di ieri. Solo il Dollaro conserva gran parte del movimento seguito al FOMC, anche se nel pomeriggio € e Sterlina hanno recuperato dai minimi e cedono solo piccole frazioni. Recupero anche per i metalli preziosi, che erano usciti malconci dal meeting.

Che significato attribuire a questo apparente ripensamento degli investitori?
L’impressione che se ne ricava è che i mercati “non credano” al messaggio di Powell, secondo il quale il taglio di ieri non è l’inizio di una lunga serie, ma solo un adeguamento a condizioni mutate, e un assicurazione contro rischi evolutivi. Con il calo dei rendimenti e l’appiattimento delle curve, i bonds sembrano dire a Powell “tu taglierai comunque ancora i tassi ripetutasmente. Più indugi, più dovrai tagliare”. Coerente la lettura dell’azionario: se comunque lo scenario FED non cambia di molto (e il modesto riprezzamento sulla parte breve è compensato dai bruschi cali delle scadenze intermedie e lunghe) non vi è motivo di spaventarsi troppo. La reazione intermedia dei cambi è comunque dovuta alle debolezze intrinseche di Euro e Sterlina. Non a caso lo Yen è tornato sopra i livelli pre FOMC.

Questa lettura apre a 2 distinte domande:
Primo: cosa farà Powell? si lascerà tirare per la giacca dal mercato, oppure si atterrà alla sua linea, che sembra indicare che ulteriori tagli devono essere giustificati dai dati?
Secondo, e più importante: per quale motivo i bonds rigettano in meno di 24 ore il messaggio Fed?

Riguardo il primo quesito, l’esperienza passata sembra indicare che Powell è anche più malleabile dei suoi predecessori.
Per contro, l’insistenza della curva USA a trattare in larga parte sotto il livello dei Fed Funds, e dei tassi europei a fare nuovi minimi, risultano preoccupanti. Apparentemente, il mercato dei tassi globale sta scontando con crescente probabilità un serio incidente macroeconomico, nei prossimi trimestri.

La forza di Wall Street ha permesso all’azionario Eurozone di mettere a segno un rimbalzo insperato, alla luce delle premesse di stamattina. Detto del bund, che chiude quasi sui minimi di rendimento della seduta, il Btp chiude una seduta volatile con un allargamento dello spread, ma con rendimenti che terminano assai distanti dai massimi della giornata. il collasso dei rendimenti US ha levato forza al $, che chiude quasi invariato.
Domani il labour market report fornirà altri spunti operativi.