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I mercati azionari all’assalto delle resistenze.

Ieri sera, a rovinare la chiusura a Wall Street, è intervenuto un articolo sulla rivista STAT, che ha riassunto le perplessità relative ai progressi comunicati da Moderna verso il vaccino. Il pezzo ( link )  ha raccolto il parere di numerosi esperti secondo i quali, sulla base delle dichiarazioni diffuse, è impossibile definire se il vaccino di Moderna sarà efficace o meno. La headline ha buttato giù di circa un punto l’S&P 500, una perdita non trascurabile, ma nemmeno un terzo di quanto guadagnato il giorno prima.
Vale forse la pena di ricordare che parecchie aziende si sono lanciate alla ricerca di un vaccino, tra cui colossi del calibro di Sanofi, e Pfizer, J&J e Astrazeneca. In Cina varie aziende sono impegnate in sperimentazioni su umani e CanSino Biologics ha dichiarato l’inizio di una fase 2 in Aprile. Tutto ciò non ha per ora modificato di granchè i tempi previsti per la produzione su ampia scala di un vaccino, che restano collocati, secondo il consenso, a inizio 2021. Questo di Moderna è quindi stato un buon catalyst per un rally che probabilmente era nelle carte. Certo, sviluppi rilevanti in direzione di un vaccino restano una wild card per lo scenario macro, ma dovranno avere maggior consistenza rispetto a quelli dell’altro ieri.

In nottata, Bloomberg ha riportato che, a causa di un nuovo focolaio di Covid emerso in una città del Nord della Cina, Shulan, 108 milioni di Cinesi sono stati nuovamente sottoposti al lockdown. In realtà, il contenuto della notizia non conferma la drammaticità del titolo. Si tratta di appena 34 infetti, che hanno indotto le autorità a bloccare una città di 700.000 abitanti.

Riguardo il contagio a livello globale, i miglioramenti continuano, al punto che Deutsche Bank ha comunicato che a fine settimana sospenderà la pubblicazione che utilizzo per monitorare il contagio, con piena disponibilità a riprenderla se si rendesse necessario, ma la speranza di non doverlo fare. Personalmente, a 2 settimane dalla riapertura del grosso delle economie occidentali, ritengo l’ottimismo di DB un po’ prematuro.
In effetti, da qualche giorno il loro schema rivela che la crescita di nuovi casi in tutti i paesi occidentali è sotto il 2% e l’Eurozona è sotto l’1%, mentre la crescita globale viene mantenuta al 2% dal contributo di alcuni emergenti.


Il fatto è che, se è vero quello che alcuni studi hanno evidenziato (ovvero quello dell’ Imperial College e quello commissionato da Cuomo – link ) e cioè che i gli individui positivi al Coronavirus sono dai 5 a 10 volte quelli ufficiali), la riapertura delle economie porterà un incremento dei contagi, perchè molta gente finora chiusa in casa (dove ha potuto contagiare solo i familiari, e una volta terminati quelli la crescita si è stabilizzata sui valori attuali) riprenderà a circolare. Poichè si tratterà per lo più di asintomatici, e comunque si continuerà a prendere precauzioni, non avremo certo un esplosione come quella di Marzo. Ma un aumento dovremmo averlo. Non a caso, in Svezia, dove scuole, negozi e uffici sono rimasti aperti, il tasso di mortalità è stato superiore a quello dei paesi limitrofi.

Personalmente, ritengo che entro fine mese o al massimo nella prima metà di Giugno vedremo almeno qualche ripresa dei contagi nei paesi occidentali. Non è detto che si renda necessario richiudere le economie. Ma un monitoraggio serio sarà utile. Poi, può darsi che in effetti il periodo estivo ci grazi. Ma non lo darei per scontato.

La seduta asiatica non si è fatta spaventare troppo dal calo finale in US (anche perchè, secondo un usanza recente, il future sull’S&P 500 ha ripreso parzialmente quota appena dopo la riapertura). Va rilevato che le “A” shares cinesi sono risultate in modesta controtendenza. Evidentemente i mercati locali patiscono la guerra fredda con gli USA, con gli attacchi di Trump che si stanno facendo tambureggianti. Anche Bloomberg non ci è andato leggero oggi: dopo la notizia sul nuovo lockdown, l’agenzia ha scritto un pezzo sui “milioni di nuovi disoccupati” che rappresentano un rischio per il regime ( link ).

L’apertura europea non è stata granchè brillante. C’era da fare catch up almeno parziale con il calo di Wall Street in chiusura. E le notizie sul fronte Recovery Fund hanno perso un po’ di costruttività. Oggi si è avuta notizia di un contrattacco dei “Frugal four” (Austria, Olanda, Finlandia, Svezia), i quali starebbero lavorando ad una loro proposta alternativa, che prevede prestiti e non sussidi, e condizioni dure per chi accede alle risorse finanziate dalla Commissione ( link Sole 24 Ore ). La proposta, che dovrebbe essere ufficializzata entro Mercoledì prossimo, costituisce in un certo senso la “piattaforma di negoziazione” dei 4 paesi ribelli, da contrapporre all’asse franco tedesco, che raccoglie facilmente i favori del resto dei 27 paesi.
La faccenda si fa alquanto avvincente direi. In un angolo oltre l’85% dell’economia europea, guidato dalle 2 economie che sono di fatto il 50% dell’Eurozona. Nell’altro, una minoranza di paesi noti per la loro intransigenza. Macron, a Marzo, dopo il fallimento del Summit, aveva dichiarato che era disposto a portare avanti il piano di solidarietà europea senza coloro che si rifiutavano di aderirvi. Con la Germania a bordo, questa dichiarazione assume un’altro spessore.

Il newsflow ha avuto un impatto visibile sullo spread, con il BTP debole di primo mattino (anche se sulla carta italiana può aver pesato anche lo showdown in Parlamento sulla mozione di sfiducia al Ministro Bonafede, successivamente fallita). Ma poi il successo dell’offerta al retail del nuovo BTP italia, favorito dal fatto di aver fissato il pricing venerdì, prima del rally dei giorni scorsi, ha ridato supporto al BTP. Domani l’offerta agli istituzionali, che dovrebbe vedere a sua volta buona domanda.
In ogni caso, il sentiment opaco è evaporato nel corso della mattinata, e nel primo pomeriggio, quando si è intuito che Wall Street aveva interamente assorbito la vicenda delle critiche a Moderna, gli indici hanno accumulato progressivamente guadagni.
Oggi non erano previsti dati in US e così, libero da condizionamenti, l’S&P 500 è partito forte, ed ha accumulato rapidamente progressi superiori alle perdite maturate ieri, superando rapidamente la resistenza in area 2960. e nel processo trascinando gli indici europei a chiusure che sembravano fuori portata in mattinata. Come di recente, i movimenti dei rendimenti sono stati modesti, con lo spread che in fine ha sacrificato poco al newsflow interno e europeo. Nuovamente in spolvero l’€, contro un Dollaro in arretramento anche contro alcune divise emergenti.

Dopo la chiusura europea, Wall Street ha continuato a macinare, mostrando solo un modesto scarto al giungere della notizia dell’approvazione, al Senato, di una legge che impone alle aziende estere quotate in US di dimostrare di non essere proprietà o sotto il controllo di un governo estero. La legge, che prevede anche il delisting delle aziende che non danno la possibilità di ispezionare i bilanci di 3 anni, sembra fatta apposta per danneggiare i titoli cinesi quotati a Wall Street. Ma l’effetto è rimasto confinato ad una manciata di nomi (Ali Baba, Baidu ed altre), mentre gli indici lo hanno rapidamente assorbito.

Ormai l’S&P sembra avere nel mirino la quota psicologica di 3.000 punti, dove passa la media mobile a 200 giorni. Opinione generale è che, al superamento di questo livello, i fondi CTA, la cui esposizione è rimasta sui livelli assai bassi, saranno costretti a rientrare in massa. Personalmente, ho un idea un filo più sofisticata di questi prodotti, ma il mercato ha in mente questo è sembra probabile che questo potenziale trigger verrà fatto scattare, con conseguenze tutte da dimostrare.

E’ peraltro vero che il positioning è un driver importante, insieme alla liquidità, di questo movimento. Non a caso a muoversi negli ultimi giorni sono i settori meno partecipati, come auto, banche, energy small caps. Non che i tech e il Nasdaq soffrano granchè, peraltro. Ecco un caso in cui il posizionamento e il sentiment non stanno minimamente ostacolando un movimento: Il settore tech e in generale i titoli growth sono indicati come il trade più affollato nella Survey dei Fund Managers di Merril Lynch, con un 40% di net long, ai massimi storici, per il primo, senza che questo abbia minimamente fermato la performance relativa, a sua volta ai massimi storici.

Va rilevato però, che dopo 2 mesi di rally, il posizionamento generale non è più così monoliticamente corto. Se gli investitori istituzionali sono sicuramente ancora scettici e scarichi di azionario (ne hanno donde) alcune frange di investitori retail sembrano avere tutt’altra idea, e in generale la ricerca di hedging contro il ribasso è alquanto diminuita. Infatti il Put/Call ratio ieri è tornato sui minimi segnati a Febbraio, sotto 0.5. Anche molte case di investimento che qualche settimana fa davano per scontati nuovi minimi, ora promuovono atteggiamenti molto più costruttivi.
Diciamo che la metamorfosi del sentiment, legata al recupero dei prezzi, si è decisamente innescata.