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Draghi ha esplicitamente cercato di depotenziare il cambio di stance….

NB: DOMANI LAMPI SALTA E TORNA LUNEDI

Una mini correzione finale ha impedito  all’ S&P 500 (-0.05%) ieri sera di chiudere in positivo, dopo  aver esordito con i future a -1.5% ed  aver accumulato  un passivo di  quasi un punto nella  prima parte di seduta. Meglio è  andata a Nasdaq (+0.3%), e al Russell 2000 Small Caps (+0.8%) che da giorni sovraperforma gli indici generali, eventualmente grazie all’idea che, avendo queste aziende un business più domestico, sono meno impattate da una trade war, e più favorite dal taglio alle tasse.    Difficile  indicare una causa precisa del  recupero,  al  di la dell’atteggiamento più conciliante di Trump nei confronti della Cina, implicito nel  tweet citato ieri. I media continuano a riportare attività  di lobbying da parte dei Repubblicani al  Congresso contro  i dazi.
Il  Beige book FED,  pubblicato in serata, ha confermato le  condizioni brillanti del  mercato del  lavoro  US, caratterizzato da forte domanda di lavoratori qualificati, scarsità  di forza  lavoro  in diversi settori,  e  una modersta accelerazione dell’inflazione salariale.  In generale il  quadro macro continua a fornire supporto  all’azionario US.

L’Asia ha reagito  al  recupero  del  sentiment,  a  cominciare da Hong Kong e le  “H” shares che hanno messo a segno discreti guadagni. Il  trade balance cinese di febbraio, presumibilmente distorto dall’impatto delle festività di Capodanno, ha scelto un momento infelice per mostrare un balzo delle  esportazioni del 44% anno su anno. Personalmente, avendo,  quando si tratta di dati cinesi,  il  vizio della dietrologia, vedo nell’avanzo commerciale assai sopra attese un’implicita sfida delle autorità  cinesi a Trump. In ogni caso, la  debole bilancia commerciale  cinese di  gennaio risulta  più che compensata  dal dato  odierno.
Deludente la reazione del Nikkei, che tra  l’altro è  stato  gratificato di una robusta revisione al rialzo del  GDP giapponese del  quarto trimestre, passato da 0.5% della prima  stima a +1.5% annualizzato, vs attese per +1%. Particolarmente brillante il capex, rivisto  a +4.2% e ormai stabilmente sopra  il  4% annualizzato da 3  trimestri.
Positivi anche gli altri indici, compresi tra il +1.3% di Seul e lo 0.7% di Sydney.

L’incombere del meeting ECB ha forse pesato un po’ sulla  price action degli indici europei, incapaci di staccarsi in maniera  convincente dalla  parità  durante la  mattinata.  Deludenti i factory orders tedeschi di gennaio,  anche se il progresso anno su anno resta superiore all’ 8%. La cacofonia  proveniente dalla politica italiana,  con i leaders impegnati nelle prime schermaglie pre-consultazioni, non ha disturbato Milano che continua a outperformare gli altri indici. In consolidamento lo spread,  dopo i recuperi dei giorni scorsi.

Alle 13.45 le  prime  news:  effettivamente l’ECB ha proceduto a rimuovere la guidance sul programma di  acquisti,  la  dove  indicava che il Governing Council era pronto ad aumentarli nuovamente nel caso  di un peggioramento  dell’outlook o delle  financial conditions. L’intervento era, almeno in parte, atteso,  nondimeno tassi e divisa unica hanno reagito  salendo moderatamente,  in parte forse in anticipazione di un Draghi  particolarmente desideroso di sottolineare il nuovo passo in direzione della normalizzazione della politica monetaria.
Tutt’altro.
Il  Presidente ECB durante la conferenza stampa  ha esplicitamente cercato di depotenziare il  marginale cambio di stance, sostenendo che si trattava ormai di una nota obsoleta, tipica di un periodo in cui i rischi al  ribasso  erano più marcati. In altre parole, la modifica riflette più un maggior ottimismo sul  ciclo che non un cambio della funzione di reazione. Draghi ha aggiunto che le altre guidance restano invariate, ovvero che i tassi resteranno ai livelli attuali e il  reinvestimento delle  revenues di portafoglio resterà  in piedi ben oltre la  fine del  QE e  finchè queste misure si dimostreranno necessarie. A tale  proposito,  Draghi ha dichiarato che sull’inflazione ancora non si può  dichiarare vittoria.
Mi pare  evidente l’intenzione di rendere meno traumatica possibile la mossa,  e in generale  di segnalare che questa non implica in nessun modo un accelerazione del ritmo di normalizzazione della  politica monetaria, che resterà lentissimo.

Cosi deve aver pensato anche il mercato,  visto che tassi europei e divisa unica hanno cambiato bruscamente direzione e in chiusura europea mostrano significativi ribassi. L’azionario europeo ha gradito le premure di Draghi, anche se  la  delusione è percepibile nel settore bancario, che nella  fase in cui i tassi salivano sovraperformava agevolmente gli indici generali,  ed ora si è  scambiato  i ruoli col DAX,  che prima languiva.
Il buon sentiment generale  permette agli asset italiani di squeezare ancora un po’, nell’ambito di quella che è una buona chiusura sia per azionario che per i bonds.
Al momento attuale,  Wall  Street non ha ancora deciso che strada prendere,  con l’S&P 500 che indugia poco  sopra la  parità, forse infastidito dalla forza del  $ .  Il Nasdaq,per contro,  sovraperforma, e ha ulteriormente assottigliato la sua distanza dalla resistenza di 7.000 punti indicata nello scenario tecnico illustrato nel Lampi di ieri . Un test sembra nelle carte nelle  prossime ore/giorni, e un deciso breakout costituirebbe un catalyst positivo  per gli altri indici.

Domani abbiamo il labour market report US di febbraio. Si tratta di una serie volatile e il  singolo datapoint può variare di parecchio.  Detto  questo, tutte le indicazioni sul mercato del  lavoro  provenienti da altri reports (ISM,  sottoindici del NFIB small business, claims, Beige Book etc) mostrano una domanda robusta e crescenti pressioni salariali. Quindi i rischi a mio modo di vedere sono per un dato migliore delle attese,  tale da dare  un ulteriore sferzata al sentiment.  Se Trump non si mette di mezzo, con i suoi dazi.